Lucia Roncella, la ceramista che sogna un Museo Dinamico della Terracotta

"Un'artigiana amante dell'arte, più che artista". È così che si definisce la ceramista Lucia Roncella. Con umiltà genuina, manualità artigiana e l'irrinunciabile dose di estro artistico, nel suo laboratorio di Monteleone d'Orvieto, porta avanti un lavoro fisico che presuppone il giusto equilibrio di creatività e consapevolezza, anche della chimica, per sfornare prevalentemente pezzi di vasellame tridimensionali unici e irripetibili. Ma anche originali bracciali in bucchero. Il profumo della terra bagnata è lo stesso che, trent'anni fa, l'ha stregata al punto da farla avvicinare alle botteghe di due storici "cocciari" di Ficulle come Fabio Fattorini e Costantino Del Croce, per spiare gesti e apprendere segreti di un mestiere antico, fino ad allora più maschile che femminile.
La magia del contatto ancestrale della mano che centra la materia prima, e povera, sul tornio e le dona plasticità e bellezza si ripete anche oggi che ha scelto di confinare questa attività nella dimensione hobbistica. "Gli studi all'Istituto d'Arte – spiega, lei – mi hanno permesso di guardare con occhi diversi alla lavorazione delle nostre terre, quella rossa e quella grigia, che in fase di cottura assumono infinite sfumature di verde ramina, fino a produrre manufatti in ceramica non omologati. I prodotti ceramici sono quelli che si ottengono attraverso cottura ad alte temperature delle argille e possono essere classificati in base alla porosità o alla compattezza della pasta. I laterizi appartengono al tipo di prodotto ceramico a pasta porosa, di forma prestabilita".
Il suo impegno, pressoché quotidiano, al tornio dà forma così anche a molti dei premi che vengono donati in occasione di manifestazioni, rassegne teatrali ed eventi pubblici. Il suo approccio assomiglia a quello di una studiosa che sperimenta e fa continue ricerche, senza ingabbiarsi nei canoni di uno stile predefinito e nel pressing della committenza. La sfida, adesso, è trovare giovani disposti a dare continuità a un mestiere che ha più di 3.000 anni, facendolo uscire dalla nicchia. Per impedirne la scomparsa, l'idea è quella di realizzare nell'Alto Orvietano un Museo Dinamico della Terracotta inteso non solo come esperienza occasionale per turisti stranieri, desiderosi di "sporcarsi le mani", ma come Scuola Popolare aperta a tutte le età, olte che luogo di confronto per addetti ai lavori.
"Qui – spiega – già prima del 1500 le mura e le abitazioni venivano costruite in mattone, l'elemento laterizio più noto e universalmente usato, grazie alla presenza di sorgenti d'acqua, terre argillose e la legna della zona boschiva che favorirono il sorgere di numerose fornaci. Una peculiarità della nostra zona è il Mattacchione, un particolare tipo di mattone la cui simpatica definizione risale alla sua forma. Troppo grande per essere definito mattone pieno, le sue misure non seguono le proporzioni di qualsiasi altro tipo di mattone. Il nostro segue misure e regole tutte sue, ma da sempre è alla base delle nostre architetture più importanti: la Porta, la Torre, il Pozzo. È possibile trovarlo qua e là girando per il paese, anche isolato nella muratura. Per me è uno dei simboli identificativi della nostra storia comune".
È forse per questo che "Il Mattacchione" è anche il titolo dell'opera appositamente realizzata per partecipare alla quinta edizione del #Paf!! – Photo & Art Festival, inserito nel contesto dei tradizionali festeggiamenti estivi de "La Rimpatriata". "La lavorazione dell'argilla – suggerisce – è un'attività che testimonia un legame profondo con il territorio. Sono convinta che le risposte a tante nostre domande si trovino nel luogo da dove partiamo. Solo con ciò che si conosce da una vita, si può entrare in uno stato di sintonia totale e comprensione". A lei, succede ogni volta che si separa da un suo pezzo e, inaspettatamente, lo ritrova in qualche parte del mondo. Quello a cui è più legata è uno ziro con il ritratto di una persona cara. Simbolo di creatività e appartenenza.
Per ulteriori informazioni:
"Ceramica" di Lucia R.

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