"Paolo Rossetti da Cento e l'arte del mosaico tra Roma e Orvieto da Gregorio XIII a Paolo V"

"Paolo Rossetti da Cento e l'arte del mosaico tra Roma e Orvieto da Gregorio XIII a Paolo V" è il titolo della nuova conferenza promossa dall'Istituto Storico Artistico Orvietano per venerdì 16 maggio alle 17.30 nell'Auditorium "Gioacchino Messina" di Palazzo Coelli, sede della Fondazione Cassa di Risparmio di Orvieto. In cattedra il professor Massimo Moretti (Sapienza Università di Roma). In questa occasione potrà essere ritirato anche il nuovo numero di "Lettera Orvietana", la rivista smart dell'Isao ora rinnovata con l'ingresso del nuovo direttore delle pubblicazioni, Mino Lorusso.
"Nel 1578 - anticipa l'architetto Raffaele Davanzo, presidente dell'Isao - Papa Gregorio XIII decise di decorare, soprattutto a mosaico, l'interno di San Pietro. Chiamò a Roma i maestri più esperti nella tecnica musiva: i veneziani che, insegnando la tecnica ad allievi del posto, crearono una prima équipe di mosaicisti romani. Al maggio 1578 risale un documento in cui il Papa Gregorio XIII, attraverso la Nunziatura Apostolica di Venezia, richiese “quattro uomini intenditissimi, et più eccellenti che sia possibile ne le cose del mosaico” da impiegare nella decorazione musiva delle prime quattro cappelle di crociera della Basilica.
La scelta di inserire una decorazione musiva in San Pietro va inquadrata nel nuovo clima inaugurato dei decreti del Concilio di Trento, quelli che indicavano come le immagini volte all’educazione religiosa fossero un utile strumento contro il Protestantesimo: in quanto si sarebbero poste in ferma opposizione alla visione iconoclasta della politica riformista. Le immagini sacre invece erano considerate capaci di ispirare e consolidare il modello di vita cristiana. E poi il mosaico si identificava nella tradizione paleocristiana, portatrice di valori ideali di purezza religiosa. E fu anche un motivo conservativo alla base della scelta del mosaico, ritenuto più duraturo di altre tecniche artistiche come la pittura su tela e su tavola: anzi, molte opere pittoriche mobili realizzate con queste tecniche furono sostituite dalle loro riproduzione in mosaico.
La prima fase dell’impresa riguardò la decorazione, nel 1578, della Cappella Gregoriana su cartoni del pittore Girolamo Muziano; poi fu la volta della cupola, con sei ordini di mosaici su disegno del Cavalier d’Arpino; seguirono le altre nove cupole di San Pietro.Per questi interventi furono usate tessere di smalto, cioè miscele di vetro colorate con ossidi metallici, prodotte a Venezia. Per fissare le tessere alle cupole si utilizzò uno stucco a base di olio di lino, la cui ricetta, gelosamente custodita, viene ancor oggi utilizzata dai mosaicisti della Basilica.
Girolamo Muziano e Paolo Rossetti furono i primi artisti che si dedicarono a questa impresa, ai quali seguirono, nel corso del '600: Marcello Provenzale, Giovanni Battista Calandra, Fabio Cristofari. Per la fornitura dei cartoni lavorarono Cristofaro Cavallo, detto il Pomarancio, Cesare Nebbia, Giovanni Lanfranco, Andrea Sacchi, Pietro da Cortona e appunto il Cavalier d’Arpino. Ad Orvieto un lavoro d'equipe di questi artisti riguardò alcuni brani di mosaico della facciata, come quello del Battesimo di Cristo che, su disegno di Cesare Nebbia, fu realizzato dal Rossetti insieme a Francesco Scalza".
Massimo Moretti è professore associato di Storia dell'Arte Moderna e di Iconografia e Iconologia presso il Dipartimento SARAS della Sapienza Università di Roma. Nel 2021 ha conseguito l'abilitazione a professore ordinario per lo stesso settore concorsuale (10/B1). Dal maggio 2018 è membro del collegio del dottorato in Storia dell'Arte della Sapienza e coordinatore editoriale della collana “Esordi”. I suoi studi sono incentrati sulla storia della committenza e sulla ricezione delle arti nell'età moderna, sullo scambio di oggetti e idee tra Roma, le corti italiane e i paesi europei, sulle arti decorative (in particolare la maiolica) e sulla storia dell’illustrazione libraria. Le sue ricerche si sono orientate verso la cultura della Controriforma, con un approccio allo studio dell’opera d'arte intesa come strumento di comunicazione e rappresentazione delle culture dominanti ma anche delle alterità e delle minoranze religiose. Dal 2009 M. M. porta avanti una indagine sistematica nei fondi dell’Archivio del nunzio apostolico Antonio Maria Graziani (1537-1611) oggi dispersi tra Vada (Livorno), L’Archivio Segreto Vaticano, l’Università Pontificia Gregoriana, la Kenneth Spencer Research Library di Lawrence, University of Kansas che nel 2020 gli ha assegnato l’Alexander and Valentine Janta Endowment Travel Award. Presso la stessa istituzione statunitense nel 2022 ha svolto una fellowship proseguendo la sua ricerca nei fondi Graziani e Commendone. È membro del consiglio scientifico nonché coordinatore editoriale della rivista “Storia dell’arte”; dal 2014 è componente del Consiglio scientifico del periodico “Arte Marchigiana” e dal 2021 della rivista “Accademia Raffaello. Atti e Studi”. Insieme a Michele Di Sivo, già Direttore dell’Archivio di Stato di Roma, dirige la collana "Artisti in Tribunale" edita da De Luca editori d'Arte. È ideatore e coordinatore del progetto di ricerca “Immaginare i Saperi. Tutte le immagini di una biblioteca” e della relativa piattaforma digitale, nel quadro di una convenzione tra il dipartimento SARAS e la Biblioteca Universitaria Alessandrina. Con Daniela Fugaro, direttrice della BUA, dirige la collana "Immaginare i Saperi" di cui ha curato il volume "Gli animali e la caccia nell'immaginario di Francesco Maria II della Rovere (De Luca Editori d'Arte).

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