Al Teatro Romano di Ferento Primo Reggiani è "Caravaggio il maledetto"

- "E come mi ricompenserai?".
- "Ti metterò sugli altari con la benedizione".
- "A chi pensi?".
- "Ad una Madonna che abbia sangue, vita, seno, collo, cosce, sesso!".
- "Ad una Madonna che non c’è!".
- "Ad una Madonna che non è mai stata fatta, ma se c’è stata è stata così!".
- "Tutti ci ritroviamo nella tua mente e nei tuoi pennelli, gente normale, gente semplice, che si incontra per strada, nei mercati, nei lupanari, nelle bettole".
Nello scambio di battute tra Lena, la prostituta che ha dato il volto alla sue madonne, e l'artista Michelangelo Merisi, formatosi a Milano ed attivo a Roma, Napoli, Malta e in Sicilia sul finire del '500 e la prima decade del '600, c'è tutta l'essenza di "Caravaggio il maledetto", l'atteso spettacolo che venerdì 11 agosto alle 21.15 sarà portato sul palco del Teatro Romano di Ferento da Primo Reggiani, Francesca Valtorta e Fabrizio Bordignon.
Tratto da "Caravaggio, probabilmente" di Franco Molè l'adattamento di Ferdinando Ceriani, che firma anche la regia, riporta alla memoria degli spettatori vicende storiche e personaggi eccezionali presentati come persone umane, "simili a noi, coinvolte dalle nostre stesse passioni, dai nostri stessi rimorsi per poi ritrovarli, così profondamente concreti e sublimi, nelle tele" del pittore lombardo. Che, ormai morente, consumato dalla febbre, ricorda e racconta frammenti di vita.
Sente voci, ripercorre momenti, rivede squarci di quella città violenta e dissoluta in cui si è affermato, i suoi quadri prendono forma e vita sulle pareti della sua stanza e dai loro angoli più oscuri riemergono personaggi a lui cari, su tutti il Cardinal Dal Monte, il suo committente e protettore, e, appunto, Lena. In poco più di un’ora di spettacolo si condensa la grandezza di un'esistenza e quello che – probabilmente – può essere accaduto lungo tutta la sua durata.
Il fascino delle immagini, dei quadri composti come pronti per prendere vita, l’assoluta concretezza della luce, la forza evocativa dei bui improvvisi, quelle straordinarie facce impresse da sempre nella memoria. E poi la Roma, cinquecentesca ed eterna, dove le epoche si sovrappongono e si fondono l’una nell’altra. Trastevere, San Luigi dei Francesi, i luoghi deputati che hanno segnato l’arte creativa del pittore, le ombre dei ricordi e gli incubi, l’amore e la morte che lo hanno perseguitato.
Caravaggio ha reso la sua vita arte e ha dato all’arte la vita, sempre in lotta con gli altri e con se stesso, fino all’ultimo giorno – il 18 luglio 1610 – quando, stremato, viene lasciato morire su una spiaggia vicino a Porto Ercole, steso sulle assi di un vecchio letto da pescatore. Tra dolore e sgomento, i personaggi tornano a fargli visita. I dettagli della morte sono sconosciuti e quel vuoto è il giusto spazio in cui può nascere un’opera teatrale, con le sue verità e le sue verosimiglianze.
Per ulteriori informazioni:
www.teatroferento.it

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