economia

"I consumi non recuperano. In sei mesi spariti 2.300 euro di spesa a famiglia"

lunedì 14 settembre 2020
"I consumi non recuperano. In sei mesi spariti 2.300 euro di spesa a famiglia"

I consumi non recuperano. E a sei mesi dall’inizio del lockdown e dell’emergenza, il bilancio è ancora negativo: tra marzo e agosto di quest’anno, le famiglie italiane hanno speso in beni e servizi oltre 2.300 euro in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, per un totale di 59,2 miliardi di euro di acquisti ‘svaniti’ dall’avvio della crisi Covid. A stimarlo è la Confesercenti. 

Dopo il blackout di marzo e aprile dovuto al fermo delle attività, i consumi sono ripartiti lentamente. I dati di cui disponiamo sinora indicano che la spesa delle famiglie, a quattro mesi dalla “riapertura”, non ha ancora ripreso un sentiero ben definito di aumento e recupero.  nche dopo il riavvio delle attività, infatti, gli italiani hanno continuato a tagliare gli acquisti: rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, nei sei mesi che vanno da marzo ad agosto la spesa media in beni non alimentari è scesa di 1.170 euro a famiglia.

A ridursi sono soprattutto le spese per abbigliamento e calzature (-278 euro in sei mesi, per un totale di -7 miliardi di euro), ma si registrano veri e propri crolli anche per le spese in ricreazione, spettacolo e cultura (-195 euro, totale -5 miliardi) e mobili e arredamento (-166 euro, complessiva -4,2 miliardi). Affondano anche i consumi nei pubblici esercizi, con una flessione di 207 euro per nucleo familiare, pari ad una perdita totale di 5,5 miliardi.

A pesare sui consumi anche i riflessi dell’emergenza sulla disponibilità delle famiglie. L’incertezza aumenta la propensione al risparmio di alcune; per altre, la crisi si è trasformata in una flessione consistente dei redditi da lavoro, con riduzioni del -11,3% per i dipendenti del settore privato e del -13,4% per gli autonomi. Un contesto difficile in particolare per i negozi tradizionali, se si considera che l’emergenza, oltre a ridurre la spesa totale delle famiglie, ne ha travasato una quota verso l’online.

In sei mesi, la distribuzione tradizionale ha registrato complessivamente un calo delle vendite del 12,1%, che risultano praticamente dimezzate per abbigliamento e pellicceria (-41,1%). Malissimo anche i negozi di calzature (-37,8%) e bar e ristoranti (-30,3%)”.

I problemi riguardano anche il lavoro autonomo, secondo le rilevazioni diffuse da Istat sul mercato del lavoro nel secondo trimestre del 2020. Le stime confermano il tremendo impatto che la pandemia ha avuto sul lavoro dipendente ma soprattutto su imprenditori ed autonomi, rafforzando il recente allarme lanciato dalla Confesercenti: dal mese di febbraio, ultimo dato prima del lockdown, a luglio se ne contano 117.000 in meno.

“Se le misure di sostegno messe in campo per il lavoro dipendente hanno frenato il crollo – afferma il segretario nazionale di Confesercenti Mauro Bussoni – si conferma, invece, come lo scudo protettivo a disposizione del lavoro autonomo e delle imprese non è bastato per ripararsi dai durissimi colpi inferti dalla crisi innescata dal Covid”.

“Meno consumi, meno produzione, più disoccupati – dichiara Vincenzo Peparello, presidente della Confesercenti dsi Viterbo e membro della presidenza nazionale - Si rischia una crisi irreversibile rispetto allo sviluppo e alla ripresa sociale del territorio. Bisogna fare presto con gli interventi a sostegno delle micro e piccole imprese, del commercio e degli esercizi pubblici e turistici, i settori più colpiti in assoluto. Ogni impresa che chiude - conclude Peparello - è una possibilità in meno di occupazione. Il nostro territorio è costituito da un tessuto economico che garantisce ricchezza, posti di lavoro, servizi e vivibilità delle nostre città e che rischia di essere spazzato via per sempre se non si provvede con urgenza ad  invertire la rotta”.