Dopo 140 anni chiude la Merceria Simoncini. E dona l'invenduto all'Emporio Senza Monete

Ci sono chiusure anonime, rovinose, amare che avvengono nel silenzio di momenti storici oggettivamente difficili, come quelli del Covid-19. E poi ci sono pensionamenti che, pur lasciando malinconia perché segnano il tramonto definitivo di un'epoca, sanno essere eleganti, stilisticamente impeccabili. Finali di un racconto longevo che dispensano luce, speranza, valori profondamente umani. A renderli tali sono le persone. Le stesse che per 140 anni dietro al bancone, sotto le volte liberty di Palazzo Ravizza, hanno maneggiato sciarpe e cappelli, ombrelli e guanti. Fazzoletti di stoffa, consigli sulla qualità. E un colorato mondo di bottoni.
Come quelli utilizzati per scrivere "Grazie" sulla bacheca tra i civici 82 e 84 di Corso Cavour. Insieme a un fiocco tricolore, mai come ora attuale, e alla cifra 1880, data che segna l'avvio di quella storia aziendale conclusasi all'inizio del mese. Ma che, evidentemente, ha ancora qualcosa da dire. Un po' di luce da irradiare. Le saracinesche della Merceria Simoncini, una delle ultime botteghe storiche a conduzione familiare all'ombra della Torre del Moro, si sono abbassate definitivamente dopo qualche settimana di svendita totale della merce. Quella residua è stata donata dal titolare, Lamberto Simoncini, per anni al fianco del fratello, Francesco, scomparso nel 2019, al "Senza Monete".
L’Emporio dello Scambio e del Riuso di Orvieto Scalo gestito dall'omonima associazione di promozione sociale arrivata a contare 1.800 soci in sei anni e che mostra, concretamente, la possibilità di un'altra economia che, pur lavorando ai margini di quella "ufficiale", riesce a produrre effetti socialmente ed ecologicamente virtuosi. Oltre a rendere operativa l’economia del dono e della solidarietà, "Senza Monete" pratica, infatti, una forma embrionale di economia circolare, allungando la vita di cose ancora utili, evitando la loro trasformazione in scarti inutilizzabili.
In questo passaggio fisico di scatole di nastri, fili, filati foulard e passamanerie, intimo ed accessori vengono idealmente trasfigurati, diventando segno di uno stile che concepisce il commercio non solo come mezzo, ma come fine. E il fine di quel mondo carico di fascino, quasi letterario, come lo sono gli ultimi negozi storici – un vero e proprio patrimonio culturale da difendere – era, ed è, quello di costruire, giorno dopo giorno, la comunità, la rete che tiene insieme la città e che fa la differenza rispetto alla meccanica indifferenza dei fulminei corrieri di Amazon.
"Un seme gettato non per dolersi del passato, ma per aprire il futuro" commentano dall'Associazione "Senza Monete" nel ringraziare la Ditta "Luigi Simoncini" per il gesto e – a nome della città, rifornitasi per anni in quei locali – per la duratura presenza, tramandatasi per tre generazioni grazie anche al supporto delle mogli e al loro apporto femminile, prezioso in termini di gusto nelle scelte legate all'evolversi delle mode "con la speranza – dicono – che questo stile, solidale e gentile, possa diventare simbolo di una rinascita attesa da tutti". Scaffalature, stender e manichini saranno donati, intanto, all'Associazione "Lea Pacini".

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