La Bottega Michelangeli porta Orvieto all'Expo. Al galoppo, verso il futuro

Un animale in legno, agli occhi dei più distratti. Un simbolo identitario, per chi ne apprezza lo stile. A partire dai più piccoli, da sempre sensibili all'attrattiva ludica che offre. Un cavallo, fra tanti, eppure proprio quello. Metafora vincente di chi galoppa verso le sfide del futuro, superando ostacoli con energia e slancio in avanti.
Ha lasciato la scuderia di Orvieto, città devota al patrono degli artigiani, per andare all'Expo ad arredare lo spazio Cittaslow International del Padiglione S01 Kip-Un-Fao – a fianco del Padiglione 0, ingresso Ovest – dove resterà da lunedì 15 giugno a venerdì 31 luglio, affianco ad un'altra icona come la mucca con il ventre-finestra e l'apposito book realizzato per l'occasione.
Sotto il patrocinio della rete delle città del buon vivere che proprio ad Orvieto ha sede e che ha messo l’artigianato d’arte al centro della sfida per una nuova economia possibile, rispettosa dei luoghi e della cultura, la Bottega Michelangeli di Orvieto rappresenterà all’Esposizione Universale di Milano la "voglia di riuscire ancora a nutrire il pianeta con l’ingegno artigianale e la fantasia che nutrono la bellezza italiana nel mondo".
Aggiungendo così una nuova pagina a quella storia di famiglia, avviata nel 1789, il cui nome al pari delle tante creazioni è legato a doppio nodo a quello della città. Ne è testimonianza il primo tratto di Via Albani che dal 1988 è intitolato a Gualverio Michelangeli. La gradevole passeggiata alberata che invita a curiosare tra le vetrine non è solo un catalogo a cielo aperto, suggerisce piuttosto un modo di vivere la città.
"Le statue dei cavalli – rivela Donatella – sono state posizionate anni fa per consentire ai bambini di giocare, impedendo al tempo stesso la sosta delle auto. Le tante panche disseminate o l'arredamento di molti luoghi come il Caffè Montanucci, nascono per offrire a orvietani e turisti che hanno voglia di godersi Orvieto i meritati momenti di rilassatezza. In fondo, sono scenografie anche quelle che andiamo a creare all'interno di un'abitazione, personalizzandola con il racconto di una storia o con la composizione di spazi, attraverso qualcosa che rimarrà".
Con la potenza di un sigillo impresso a fuoco, quel nome si è fatto così marchio di qualità nel mondo. C'è Michelangeli, oltreoceano. Ma c'è anche Orvieto, che resta headquarter, base logistica e cuore pulsante. Quello che serve insieme al rigore da architetti a Donatella, Simonetta e Raffaella per portare avanti con estro, fantasia e creatività il percorso tracciato dal padre, classe 1929, erede a sua volta di una tradizione secolare nella lavorazione del legno.
Succede così da sette generazioni. Accanto alle tre sorelle, che hanno iniziato a lavorare giovanissime, e alle rispettive famiglie c'è oggi una decina di dipendenti. Di sette nipoti, la nuova generazione al momento ha soprattutto il volto giovane di Gaia e Davide, cresciuti nel laboratorio di Via dei Saracinelli, ricavato da un vecchio teatro privato appartenuto ai Conti Cozza, acquistato intorno alla metà dell'800. Fucina magica di storie di legno dove tra colle, arnesi e listelli si respira l'autenticità del fare artigiano di chi, con orgoglioso anacronismo, rifugge l'impiego di macchine a controllo numerico e disegni Cad, partendo dalla scelta del legno più adatto allo scopo fino alla realizzazione dell'oggetto finito, con la cura del dettaglio.
"Abbiamo avuto la possibilità di respirare un'aria esterna – raccontano – osservare da vicino come si muovono altre aziende leader. La passione, però, ci ha riportati qui per dare continuità all'azienda di famiglia, conferendole valore aggiunto. Il nostro tentativo è quello di continuare a crescere, pur nel rispetto della tradizione. Abbiamo la fortuna di stare in una città dove, almeno in passato, c'era un turismo di altissimo livello. Oggi è cambiato il mondo. E il modo di lavorare. Molte visite avvengono anche attraverso Internet. Quando le aziende sono di famiglia, diventano anche la tua vita. Non puoi pensare che sia diverso. Lavorare in famiglia è bellissimo, anche se comporta il rispetto di equilibri delicati. O si ha un rifiuto o è amore".
E loro, la risposta se la danno ogni giorno. "Dobbiamo sempre ricordarci – spiega Gaia – il dna dell'azienda. Continuare a lavorare sull'archivio del nonno, attualizzandolo. Chi entra qui, cerca l'unicità. Le linee degli animali, nate dalle mani di un uomo e lavorate per trent'anni da mani di donna, si sono ingentilite nel tempo. I mobili che si acquistavano prima non sono gli stessi. Eppure la bellezza di questo stile è senza tempo, perché non è soggetto alle mode. È sufficiente accostare un accessorio hi-tech come una lampada per renderlo estremamente moderno".
"Se da un lato sembra che le cose siano rimaste come erano – aggiunge Davide – non si percepisce ancora abbastanza che sperimentiamo continuamente sia nelle forme, nei materiali, nel design e nel metodo delle costruzioni. In alcuni oggetti lo stile Michelangeli è evidente, in altri è frutto di ricerche. In un'azienda di prototipi come la nostra, la voce ricerca e sviluppo è fondamentale. Non ci accontentiamo mai, ogni volta ripensiamo un mobile da zero grazie al continuo confronto con i rappresentanti che forniscono materiali e alla collaborazione di fabbri, vetrai, artigiani. La speranza che ha l'artigianato di sopravvivere è continuare a fare cose che possono essere fatte solo che così, in maniera artigianale. Senza compromessi".

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