L'assenza di un Poeta: due anni senza nuove poesie. Diario di Fausto Cerulli

La tristezza non uccide, la tristezza ci fa vivere ancora.
Eppure tutti gli artisti vivono sulle spalle della fama dei predecessori.
E io non ho più posto per i miei morti, sono troppi.
Mi accorgo di invecchiare contando i miei morti, i morti prima di me.
E mi chiedo quale sarà il mio ultimo sogno quando morirò.
Forse non avrò sogni: dovrebbe essere orrendo sognare dopo la morte.
Ho un ultimo pensiero se penso a me:
poter annotare il momento della mia morte 
sul mio diario di quando andavo a scuola.
E dire benvenuta alla morte per farmela amica.
E mi convertirei alla religione della morte
solo se potessi vivere cento anni di solitudine.
Guardando intorno a me lo sterminio
con un affaticato sorriso,
il sorriso ambiguo del moribondo.
E intanto scriverei lettere ai mie morti.
Forse saranno i soli a leggere quello che potrei scrivere.
E farebbero un catalogo delle mie parole
cominciando dalla lettera MORTE e, a ritroso,
la lettera ECCOMI.

Ho capito con il senno di adesso
che le poesie vogliono essere sussurrate,
come nel sole trascorre la rugiada sulle rose
che troppo amo ed ho amato
in questi giardini corrugati di siepi
che dall’ultimo orizzonte cercano avventure accurate,
e i versi vogliono essere ascoltati dagli angeli
nel loro volare silenziosi, attoniti
nell’estasi che solo loro, noi
essendo appesantiti di desideri
e di vaghe abitudini, noi mai sazi,
e passioni e voglie insensate.
E dunque siamo destinati a pregare gli istinti,
a raccoglier ispirazione nel pulviscolo,
fino ad essere, noi, annebbiati alla ricerca di qualche Dio,
mai mansueto e domato mai nellanegazione delle rose,
e ignaro delle rose-poesia.