Quarant'anni senza Eduardo
Drammaturgo, poeta, attore, intellettuale, una delle più grandi figure della cultura a livello mondiale, il 31 ottobre del 1984, a 84 anni, ci lasciava Eduardo de Filippo. Candidato per ben due volte al Nobel per la letteratura, insignito di due lauree honoris causa ed eletto senatore a vita, Eduardo fu assieme a Pirandello, Dario Fo e Goldoni, la più importante figura del teatro italiano, capace di cogliere le contraddizioni e le miserie della società dell’epoca, tramutandole però in qualcosa di universale, tanto da renderle ancora attualissime. Figlio illegittimo del grande Eduardo Scarpetta, già a 4 anni calcò il palcoscenico assieme al fratello Peppino e la sorella Titina.
Il primo vero debutto arrivò però nel 1911, al Teatro Mercadante di Napoli, con Miseria e Nobiltà, commedia del 1888 scritta dal padre e che verrà poi sceneggiata al cinema con Totò nella celebre immagine dove mangia gli spaghetti con le mani. Nel 1931 arriverà il grande successo con il capolavoro Natale in casa Cupiello. Da lì in poi l’ascesa fu rapida, duratura e inesorabile. Neanche la guerra spense le velleità di Eduardo che, nonostante le difficoltà, con Titina nel 1945, portò in scena la sua commedia Napoli Milionaria.
Se c’è qualcosa che può essere definito potente nell’opera di Eduardo è quella acuta capacità di capire non solo i tempi in cui viveva ma, altresì, di esplorare intimamente l’animo umano e della società in una maniera tale da mettere a nudo tutte le contraddizioni dei nostri rapporti, della famiglia, della società stessa e dell’essere umano in generale. L’incomunicabilità in Questi Fantasmi, i figli illegittimi, la prostituzione e i rapporti extra matrimoniali di Filumena Marturano, la miseria e la guerra di Napoli Milionaria, la ferocia e la meschina avidità dell’essere umano de Il Contratto, passando per il racconto schietto e potentissimo della Camorra nel Sindaco del Rione Sanità (dove, a parere di chi scrive, Il Padrino di Francis Ford Coppola pare, in confronto, uno scolaretto stereotipato).
Veniva descritto dal carattere burbero e scontroso, anche se generoso. Si racconta che al teatro San Carlo di Napoli, mentre stava recitando, ormai anziano e non più in forze come un tempo, dal loggione qualcuno avesse gridato “Voce!”. Questa per un attore è un’offesa grandissima e il pubblico stesso, capendo l’affronto, sprofondò in un silenzio di ghiaccio, mentre Eduardo, immerso in una delle sue storiche pause, piano piano si avvicinava al ciglio del palcoscenico guardando in alto, nel buio, come a cecare il responsabile. Fermatosi, ad un tratto, dopo qualche istante, disse “Stiamo parlando di cose che non la riguardano”: il pubblico esplose in un trionfo di applausi.
Quando fu insignito del titolo di senatore a vita, molti gli chiedevano se avesse preferito essere chiamato, appunto, Senatore. Egli rispondeva sempre con umiltà dicendo che aveva impiegato una vita per diventare Eduardo e preferiva rimanere Eduardo. Pochi sono i personaggi nella storia che possono essere ricordati solo grazie al nome di battesimo. Eduardo è uno di questi.