Addio a Roberto Herlitzka, un gigante con la faccia da storie del teatro e del cinema italiano
Istrionico e capace di interpretare qualsiasi personaggio, muore a 86 anni una colonna del nostro teatro e cinema. Roberto Herlitzka si è spento mercoledì 31 luglio nella sua casa di Roma. Indiscrezioni di persone a lui vicine raccontano che, da quando la moglie Chiara Cajoli è scomparsa pochi mesi fa, sì è lasciato andare, come se la vita avesse perso di senso. Da "La Grande Bellezza", nei panni del bizzarro cardinal Bellucci, all’assolo nel ruolo del protagonista sofocleo di "Edipo a Colono" le sue performance hanno saputo incarnare e trasmettere il senso più alto del suo mestiere.
L’attore, torinese di nascita, è stato indiscutibilmente un pioniere dell’arte drammatica italiana, spaziando dai classici, alla comicità fino alle interpretazioni più intime e moderne. Ricordiamo Herlitzka come l’Aldo Moro di Marco Bellocchio, per il quale vinse un David di Donatello, ma anche come Orlando Serpentieri nell’iconica serie “Boris” di Torre, Vendruscolo e Ciarrapico, o come il signor Federmann nel dolcissimo film di Gianni De Gregorio “Lontano Lontano”.
E ancora, decine e decine di altre interpretazioni fra cinema, TV e teatro, tanto che per due stagioni teatrali nei primi anni Duemila vinse come migliore attore italiano il premio Ubu, il più importante riconoscimento di teatro in Italia, l’equivalente del David di Donatello per il cinema.
Il volto scavato, lo sguardo profondo e il caratteristico tono di voce, hanno dato vita a innumerevoli storie, personaggi attraverso i quali ognuno di noi ha potuto proiettarsi nei panni di qualcun altro. Le nostre vite ci vengono restituite con un’altra chiarezza, attraverso nuovi punti di vista, inaspettati. Che poi è questo il mestiere dell’attore e quando è un gigante a farlo, tutto sembra facile. Talmente facile che oggi si è Amleto, domani Edipo o MacBeth, per passare a Comencini, Molière e Sorrentino fino a un buffo e rassegnato Giuseppe Gioacchino Belli che, guardando dritto in camera, in un piano strettissimo riflette sulla vita dicendo: "La morte sta anniscosta nder l’orloggi, e ognisuno po’ dì, domani ancora sentirò batte er mezzogiorno d’oggi".