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Diabete di Tipo 2: nuove frontiere di cura

mercoledì 3 aprile 2024
di Beatrice Curci

In Italia, il diabete affligge circa 4 milioni di persone, prevalentemente nelle fasce più svantaggiate economicamente e socialmente, generando un impatto significativo sul Servizio Sanitario Nazionale. È una malattia cronica caratterizzata dalla presenza di elevati livelli di glucosio nel sangue (iperglicemia) a causa di una alterata sintesi o funzione dell’insulina prodotta da pancreas, un ormone che permette l’ingresso del glucosio nelle cellule. Si calcola che almeno un terzo dei pazienti diabetici non sappia di esserlo e la diagnosi spesso vine fatta solo in caso di complicanze, come: perdita di vista, insufficienza renale, neuropatie, problemi cardiovascolari o oncologici cattiva circolazione periferica con necrosi delle dita dei piedi. Per questo è importante non trascurarsi e misurare la glicemia a digiuno almeno una volta all’anno.

Esistono diversi tipi di diabete, ma i più comuni sono il diabete di tipo 1 e il diabete di tipo 2. Al contrario del diabete di tipo 1, che si sviluppa a causa del sistema immunitario che attacca le cellule del pancreas impedendo la produzione di insulina, nel diabete di tipo 2, l’insulina viene prodotta, ma non è in grado di agire come dovrebbe perché le cellule non la riconoscono correttamente. Questa è la forma più comune di diabete che si sviluppa generalmente in età adulta ed è dovuta alla combinazione di diversi fattori: predisposizione genetica, stile di vita sedentaria, obesità.

Può succedere che i pazienti, in terapia da tanti anni sviluppino una ridotta risposta ai farmaci. Le cause possono essere la progressione della malattia o lo sviluppo di meccanismi di resistenza ai farmaci. Sempre di più la ricerca mette a disposizione nuovi farmaci, da affiancare alle terapie convenzionali, per prevenire e rallentare le complicanze cardiovascolari e renali spesso associate al diabete.

I nuovi farmaci per questa malattia sono delle molecole che hanno bersagli molecolari diversi ma comunque connessi con la capacità di regolare la quantità di glucosio nel sangue. Si tratta di quelli che stimolano il GLP1 (è un ormone prodotto dall’intestino che stimola la secrezione di insulina e inibisce la secrezione di glucagone da parte del pancreas) oppure inibiscono l’enzima DPP4 (dipeptil-peptidasi 4), o ancora inibiscono una proteina presente nelle cellule renali, la SGLT-2 che permette di “recuperare” il glucosio e il sodio filtrati nella pre-urina.

Oltre a queste terapie recenti studi hanno portato a identificare 395 geni la cui espressione è modificata nei pazienti affetti da diabete di tipo 2. Tra questi, il gene PAX5 che sembrerebbe fortemente associato a una ridotta secrezione di insulina. I ricercatori hanno quindi pensato di modificare questo gene attraverso le “forbici molecolari” della tecnica di editing genomico CRISPR-Cas9. Ma ancora il potenziale del CRISPR-Cas9 per il diabete di tipo 2 è ancora oggetto di studi e interrogativi.

Nonostante dunque i significativi progressi compiuti in tal senso negli ultimi anni, che hanno portato a delle soluzioni terapeutiche sempre più mirate per le esigenze specifiche dei pazienti diabetici, rimane ancora molto da fare. Non sono poche infatti le sfide strutturali da affrontare, perché come rileva Riccardo Candido, Presidente Nazionale AMD (Associazione Medici Diabetologici): "L’impatto della malattia sul Servizio Sanitario Nazionale è assai rilevante", Basti pensare al peso che le complicanze – cardiovascolari, renali, oculari e degli arti inferiori – hanno sulla salute complessiva, ma anche sui costi diretti e indiretti della patologia, pari a circa il 9% della spesa sanitaria. Negli ultimi anni, sono stati fatti enormi passi nella cura del diabete e oggi le soluzioni terapeutiche più innovative sono sempre più vicine alle specifiche esigenze delle persone con diabete. Tuttavia, a livello strutturale, permangono alcune criticità che andranno progressivamente risolte attraverso lo sviluppo di sinergie con tutti i professionisti coinvolti nella presa in carico della persona con diabete per l’implementazione di un modello efficace ed efficiente in grado di garantire la migliore qualità di cura attuale e futura, anche in ragione dell’aumento della prevalenza".