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Malattia venosa cronica, in Italia ne soffre una persona su due

lunedì 12 febbraio 2024
di Beatrice Curci

Il 50-60% della popolazione italiana presenta i sintomi della malattia venosa: pesantezza agli arti inferiori, gonfiore, crampi, presenza di capillari e vene varicose. Troppo spesso sottovalutata o considerata solo un problema estetico, la malattia venosa è invece una patologia complessa che, se non trattata in maniera tempestiva e adeguata, può peggiorare nel tempo dando origine a gravi complicanze, come le ulcere venose, che incidono sulla salute del paziente e sui costi a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN).  Inoltre, non bisogna trascurare la correlazione tra malattia venosa cronica e aumentato rischio di insorgenza di patologie cardiovascolari come ictus e infarto.

Le malattie vascolari sono una priorità di salute pubblica per l’elevato impatto sulla salute e sul sistema socio-economico del Paese: nel loro insieme, infatti, le patologie cardio, cerebro e vascolari costituiscono la prima causa di ricovero ospedaliero e tra le principali cause di invalidità insieme ai tumori. Una corretta presa in cura delle persone con malattia venosa cronica permette di migliorare gli esiti clinici e di ridurre l’insorgenza delle complicanze, contribuendo a ridurre i costi a carico del SSN, per via di un minor ricorso a visite, ospedalizzazioni e terapie.

La malattia venosa cronica (MVC) degli arti inferiori è una condizione caratterizzata da un alterato ritorno venoso del sangue dalla periferia verso il cuore, in particolar modo quando si sta in posizione eretta.  È una delle malattie più diffuse nel mondo, interessa infatti circa il 10-33% delle donne, il 10-20% degli uomini adulti e la sua incidenza aumenta con l’età. La diagnosi essenzialmente sull’anamnesi e sull’esame clinico, integrati con l’esame ecocolordoppler venoso degli arti inferiori.

"La malattia venosa cronica ha un forte impatto sulla salute della popolazione, soprattutto a carico del sesso femminile per via di fattori ormonali e gravidanza", spiega Angelo Santoliquido, Direttore Angiologia e diagnostica vascolare non invasiva, Policlinico Gemelli di Roma e presidente eletto del Collegio Italiano di Flebologia (CIF). "Essenziale non banalizzarla: è una patologia cronica a carattere degenerativo e come tale va affrontata, intervenendo tempestivamente per ridurre il rischio degli esisti peggiori della malattia. Oltre al sesso, altri fattori di rischio sono l’età, l’obesità e il sovrappeso, aspetti particolarmente attuali per la nostra società caratterizzata da una popolazione sempre più anziana e da un progressivo aumento di condizioni legate a errati stili di vita. Esistono terapie farmacologiche che consentono di evitare che la malattia progredisca, ma è fondamentale rivolgersi allo specialista per un corretto inquadramento diagnostico e terapeutico".