Con "Questa non è casa mia" Giulia Trippetta dà voce a una generazione di smarriti

I suoi 34 anni la collocano nella cosiddetta "Generazione Y", quella dei Millennial che si sentono ancora un po' bambini ma dentro corpi da adulti, come fossero intrappolati in un'eterna adolescenza. E, da questo punto di vista, la talentuosa attrice professionista Giulia Trippetta, originaria di Monteleone d'Orvieto, è una giovane donna che scrive, descrive e porta in scena qualcosa che conosce bene. Giovedì 7 dicembre ha fatto il pieno di applausi al TeatroBasilica di Roma, dove sarà di scena anche sabato 9 dicembre alle 21 e domenica 10 dicembre alle 16.30 con il nuovo spettacolo prodotto da Fattore K.
Titolo, "Questa non è casa mia". La protagonista non è per niente piccola, ma dovrebbe essersi già affacciata con sicurezza al mondo degli adulti e avere tutti gli strumenti per affrontare paure e difficoltà. In un gioco infantile di eterna procrastinazione si trova a viaggiare in un limbo di incertezze, nell'incapacità di assumersi qualunque responsabilità, in un disagio esistenziale alla disperata ricerca del suo posto nel mondo, di se stessa, della sua casa. A riflettere su quel senso di smarrimento che accomuna tutti quelli, che come lei, si trovano in un momento di passaggio.
E che lottano per trovare il proprio spazio in un mondo sempre più frenetico e competitivo. "Al giorno d'oggi – si chiede l'attrice e autrice, affiancata nella regia da Francesca Blasutig – quali sono i parametri con cui un individuo si definisce adulto, se la maggior parte delle persone a 30 anni non ha ancora la possibilità di avere un lavoro fisso e di conseguenza una famiglia e una casa? Abbiamo davvero gli strumenti per affrontare queste difficoltà o la verità è che siamo solo degli eterni adolescenti piagnucoloni terrorizzati dall’assumersi delle responsabilità? Come immaginavamo saremmo diventati a 30 o a 40 anni?
Abbiamo realizzato tutto quello che pensavamo di realizzare? Siamo dove saremmo voluti essere? Forse la verità è che queste domande hanno a che fare con un disagio più vasto, più universale, che non coinvolge soltanto chi fa parte della mia generazione, ma abbraccia persone di tutte le età. Un disordine profondo e scomodo con cui l’uomo si scontra da sempre. Quel senso di smarrimento che fa sempre sentire fuori posto, quella vocina dentro ognuno di noi che nei momenti di riflessione e di solitudine ci sussurra all’orecchio: qual è il mio posto nel mondo? Qual è la mia casa?".
Una domanda apparentemente semplice che nasconde un tormento comune e accompagna per mano gli spettatori in un percorso di formazione al limite dell’assurdo. Come in un moderno "Alice nel Paese delle Meraviglie", lungo il percorso – a tratti divertente, a tratti più oscuro – la protagonista incontrerà personaggi reali e a volte buffe caricature che la metteranno di fronte alle sue più profonde paure e insicurezze, ma che le faranno scoprire anche i suoi desideri più reconditi. Tra sogno e realtà, il confine con il vero si confonde a causa di un’ironia sottile e a volte impenetrabile.

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