cultura

"Racconti disumani" e una via d'uscita alla mancata libertà: rinunciare equivarrebbe ad un game over

sabato 4 marzo 2023
di Livia Di Schino

Come in un concerto con il suo direttore d'orchestra: ogni suono, ogni immagine, ogni parola e ogni sensazione progressivamente si sono incastonati perfettamente tra loro e, contemporaneamente, in un dialogo immaginario tra chi si esibisce e chi assiste. A prendere forma un viaggio, anzi due. Entrambi tratti dai "Racconti disumani" di Franz Kafka, con la regia di Alessandro Gassmann.

È stato un sold out, quello di giovedì 2 marzo al Teatro Morlacchi di Perugia, che, come annunciato, ha accolto Giorgio Pasotti, riconoscibile una volta sul palco solo dallo sguardo. Impegnato, prima nelle sembianze e nelle credibili movenze di una scimmia umanizzata, che cerca una via d'uscita (ad una condizione di prigionia imposta dopo la sua cattura) nell'imitare l'uomo, rendendosi così protagonista in "Una relazione per un'accademia".

Poi, il suo nascondersi e riapparire con i panni di uno stravagante roditore, per metà architetto, in un contesto quasi lunare. Ne "La tana" la ricerca estenuante di proteggersi da nemici invisibili, trovando nei cunicoli scavati, nelle vie di fuga e nelle provviste messe da parte tutt'altro che una risposta ad un'ossessiva ansia da difesa.

Un'ora e un quarto, nella quale gli spettatori sono rimasti incollati ai propri posti ma soprattutto alle proprie riflessioni. Molteplici interrogativi si sono accavallati, gettando in faccia agli spettatori altalenanti suggestioni e nessuna soluzione. In un contesto scenico efficace, dalla curatissima armonia, fatto di luci e ombre, suoni e rumori, immagini reali e presunte. Quasi che lo spettatore fosse catapultato in un gioco onirico.

Un tema, tra tutti, ha dominato sui due dialoghi, dando in qualche modo continuità a quel divenire incessante e martellante di parole, concetti e ragionamenti, che hanno incalzato e scavato nella testa di chi si è lasciato andare nel seguire quel lento ma inesorabile fluire. La libertà. Una libertà negata, utopistica e irraggiungibile a causa dei lacci che la vita annoda. Con un cambio di background, inaspettato quanto repentino, oppure giorno dopo giorno, in un irrigidimento quasi impercettibile, ma efficace per enfatizzare condizioni di debolezza.

Terreno fertile per quei demoni nascosti, che si nutrono di paure ataviche, spesso nascoste in chissà quale ombra dell'inconscio. Un nemico invisibile - raccontato da Kafka attraverso gli occhi di Gassmann e l'interpretazione di Pasotti - ma reale, che può arrivare dall'esterno o dall'interno. E quando la consapevolezza entra in scena, la sopravvivenza chiede il suo spazio nella ricerca di una via d'uscita.

Non sempre possibile, non sempre avvicinabile e, comunque, mai raggiungibile senza perdere un po' di quel rassicurante equilibrio scoperto in una cassa inespugnabile per trasportare animali feriti e catturati o in un silenzioso cunicolo di una tana costruita nel tempo. A monito che, nel gioco della vita, la rinuncia aprioristica equivale ad un game over.

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