cultura

Una pietruzza bianca…

giovedì 2 marzo 2023
di Alessandra Cannistrà

Il prossimo 10 marzo al museo dell’Opera del Duomo si svolgerà un evento promosso da ISAO, Lions Club e Panathlon Orvieto per contribuire alle celebrazioni dei Cinquecento anni dalla morte di Luca Signorelli e verrà proiettato il documentario girato durante il restauro della Cappella Nova nel duomo di Orvieto, rimasto inedito. Il regista RAI Gino Goti era stato incaricato di seguire e riprendere tutte le fasi dell’intervento concentrandole alla fine in un reportage di poco più di mezz’ora che è quello che vedremo.

In particolare, di grandissimo interesse sono le immagini che documentano, prima dell’avvio dei lavori, le condizioni di degrado degli affreschi di Beato Angelico e di Luca Signorelli che versavano «in uno stato pauroso» (sono parole di Cesare Brandi) a causa senz’altro delle gravi infiltrazioni di umidità intrappolate nelle murature incoerenti delle pareti, delle ingiurie degli anni e dell’uso, ma anche dei tanti restauri storici che si erano precocemente resi necessari e che alteravano la lettura delle scene.

Già nella seconda metà del Seicento si era dovuti intervenire sulle pitture delle volte e proprio sulla figura di Cristo Giudice, vero e primo ‘motore’ iconografico del grande ciclo: una grossa porzione di intonaco era venuta giù portandosi via la metà destra del Redentore e un buon pittore come Salvi Castellucci, aretino e allievo di Pietro da Cortona – già a Orvieto per affrescare le belle scene della vita del Battista nell’oratorio della Misericordia – era stato chiamato d’urgenza a risarcirlo.

Assai si dovettero emozionare i giovani pensionnaires dell’accademia di San Pietroburgo che nel 1845 ripulirono con midolla di pane e spugnature d’acqua angeli e demoni, eletti e dannati. Poterono godere da vicino dei dettagli magnifici degli affreschi e delle ricche finiture che talvolta purtroppo portano via, abradendo le parti completate a secco e i pigmenti più delicati insieme alla polvere e al grasso delle candele.

A inizio XX secolo sarà finalmente la volta di un restauratore professionista come Lorenzo Cecconi Principi e negli anni Quaranta di Mauro Pelliccioli. Ma si tratta di interventi puntuali per singole aree, eseguiti per tamponare e ‘risarcire’ piuttosto che risolvere con metodo alla radice le gravi problematiche conservative e l’obiettivo della prevenzione. Si arriva così alla situazione che verrà poi documentata dal reportage di Goti, quando toppe di stuccature vastissime, grappe metalliche per fissarle, ridipinture grossolane, strati ingialliti di paraffina data ancora negli anni Cinquanta per ravvivare temporaneamente i colori, impedivano ormai di apprezzare la qualità dell’opera.

Forse per questo inibitorio degrado degli affreschi, nel 1953 in occasione della prima mostra monografica su Signorelli, e di quella che doveva essere la sua rivalutazione critica, non ci si concentrò sulla bellezza strepitosa e inusitata dei dipinti orvietani ma si deviò l’attenzione sulla polemica attributiva del doppio ritratto Signorelli-Camerlengo Franchi affrescato su un mattone romano che divenne allora la “tegola per la critica”, polemica che tanto animò due colossi della storia dell’Arte come Mario Salmi e Roberto Longhi (tutto spiegato al museo dell’Opera del Duomo dove è esposto con un recente video-gioco di realtà aumentata).

E si arriva alla storia recente, che vale la pena di ritrovare proprio ora, nell’anno in cui celebriamo Luca Signorelli a cinquecento anni dalla sua fine terrena e dal lascito immenso della sua arte che a Orvieto raggiunse il livello più alto in assoluto, in termini di capacità ideativa, complessità tecnica e compositiva, qualità di figurazione.   

A partire dagli anni Sessanta l’ICR Istituto Centrale per il Restauro comincia a lavorare a metodo e progetto di quella che sarà la «lunga stagione di restauri» ripercorsa nel 2006 a Orvieto, a pochi mesi dalla riapertura del museo dell’Opera, nell’ambito delle iniziative promosse dall'Associazione Amici di Cesare Brandi per celebrare il centenario della nascita del grande storico dell’arte e padre della teoria del restauro. Nei sedici anni di interventi sul duomo, la Cappella Nova fu oggetto di un vero screening diagnostico multidisciplinare finalizzato a determinare esattamente le cause di degrado degli affreschi, ad affrontarle mettendo in campo le migliori soluzioni tecniche che la scienza e la tecnologia potessero mettere a disposizione della conservazione.

Solo dopo questa fase poté avviarsi il restauro integrale dei dipinti e degli apparati ornamentali, attività accompagnata da una campagna di studio completa e approfondita della storia del complesso decorativo della cappella che approdò alla pubblicazione, a fine lavori, di un grandioso repertorio documentario, storico- critico e conservativo sul ciclo di affreschi rinascimentali di Beato Angelico e Luca Signorelli, dell’Altare della Gloria e di quello Gualterio, realizzati tra Sei e Settecento, dell’antica icona della Madonna di San Brizio e quella della Maddalena (realizzata da Signorelli per la stessa cappella ma successivamente rimossa, oggi conservata nel museo dell’Opera, eventualmente da ammirare ora prima che riparta per un nuovo prestito…) e di tutti gli oggetti di culto che appartenevano allo stesso straordinario monumento artistico.

Si giunse il 16 novembre 1996 alla cerimonia di restituzione della cappella di cui scrissero tutti i giornali e che fu preceduta da un ‘cerimoniale’ ben più sentito e rimasto nella storia ma soprattutto nel cuore di chi potè goderne, la visita sui ponteggi a cantiere aperto: un pellegrinaggio indimenticabile per tutti i visitatori, alcuni dei quali eccellenti come i reali inglesi, la regina Madre e il principe, oggi re, Carlo. Diecimila in due mesi e mezzo, come ricordava Walter Veltroni all’epoca ministro dei Beni Culturali e Ambientali. Il 5 novembre su Repubblica si rivelavano interessanti dettagli:
 
«Dopo sei anni di restauri e una spesa di quasi 7 miliardi la cappella di San Brizio nel Duomo di Orvieto, capolavoro di Beato Angelico e Luca Signorelli, potrà essere di nuovo visitata. L' opera di restauro, curata dalla soprintendenza per i beni ambientali, architettonici, artistici e storici dell' Umbria, diretta dall'architetto Germana Aprato, verrà presentata con una cerimonia in Duomo sabato 16. Il 17 la cappella sarà riaperta al culto e il 18 al pubblico. Il restauro ha permesso di recuperare due dipinti inediti. E' stata riscoperta una parte degli affreschi di Signorelli che erano stati ricoperti e in parte distrutti quando fu montato l' altare. Nella parete emersa è raffigurato un uomo che si morde la mano, forse Caino. Occasione per l' altra scoperta, l' intervento di deumidificazione compiuto sulla muratura della cappellina dei Corpi dei Santi decorata da Signorelli e precedentemente dipinta da Pietro di Nicola Baroni. Quando Signorelli si accinse a lavorare nuovamente in quella zona non distrusse né ridipinse quello che aveva trovato ma fece erigere un nuovo muro, salvando così questa testimonianza. Il restauro ha affrontato superfici decorate e strutture architettoniche. Sono state privilegiate le coperture, dal paramento in pietra alle finestre, che ora filtrano i raggi all'infrarosso e ultravioletti. Si è anche cercato di eliminare l'alga rosa, responsabile di gravi danni agli affreschi. I lavori sono stati diretti da Raffaele Davanzo, Luciano Marchetti e Giusi Testa». 


Giusi Testa. Giuseppina Testa. Oggi è il suo dì natale, anche se da quando aveva lavorato a Orvieto, teneva di più alla festa di San Giuseppe il 19 marzo. Purtroppo sarà il primo anno senza di lei, è scomparsa il 14 settembre scorso anche se come studiosa e professionista era ‘scomparsa’ già da alcuni anni a causa del suo stato di salute.

Prima di entrare al servizio dello Stato nella Soprintendenza dell’Umbria, si era formata come storico dell’arte a Roma alla Sapienza e tra i grandi professori è Giuliano Briganti il riferimento costante anche se nella sua vita professionale ha continuato a formarsi e ha collaborato con Federico Zeri, Cesare Brandi, Giovanni Urbani, Michele Cordaro, Antonio Paolucci. Da l’esperienza con grandi maestri e dalla personale sensibilità al bello, nacque in lei una fortissima convinzione che la missione come studioso formato a comprendere la storia e le opere dell’arte, fosse quella di salvaguardarle e farle conoscere.

Una missione portata avanti con impegno totale, sacrificando persino la vita privata, la realizzazione di passaggi cruciali per una donna della sua educazione e della sua appartenenza, come famiglia, figli. Ma anche con un senso forte della necessità per una donna in un mondo di uomini di dare performance perfette, bellezza ed eleganza comprese, che ne fecero un personaggio ammirato e autorevole ma anche una persona fragile e con il passare degli anni sola.     

Destinata a Orvieto come ispettore di storico dell’arte ha curato e diretto, in un gruppo di lavoro qualificato, motivato e affiatato di colleghi e collaboratori, molti dei più importanti interventi che riguardarono il duomo e il museo dell’Opera. Il suo impegno, veramente instancabile nella conoscenza, nel recupero e nella divulgazione del patrimonio culturale, è stato ugualmente rivolto verso quello che oggi chiamiamo fundraising e grazie alla sua straordinaria capacità di relazione ha saputo coinvolgere nel progetto per il duomo di Orvieto non solo il mondo dell’Arte, ma anche quello della politica e della finanza, contribuendo a garantire attenzione e un flusso costante di risorse, grandissime risorse, per il recupero e la valorizzazione.

In seguito, passata in servizio all’ICR continuò a seguire i progetti orvietani: il Reliquiario di Ugolino di Vieri, il gruppo della Maestà “della porta”, la statua di San Michele e il drago e sempre sollecitando attenzione conservativa per gli affreschi di Signorelli (e dopo quasi 30 anni dai restauri, la revisione è ormai urgente!) e per le statue di Mochi, che finalmente ha visto ricollocate come aveva progettato e continuato ad auspicare.    

Giusi Testa non è più tra noi ma è sempre con noi nella sua intelligenza e nel suo spirito allegro e vivace. È nella Cappella Nova tra gli angeli bellissimi di Signorelli con le loro forme integre e i colori splendenti. Di questo la ringraziamo e la ricorderemo nella serata di venerdì prossimo che potremo dedicare a lei. Sul 2 marzo, una pietruzza bianca per segnare la giornata e non dimenticare.