cultura

Kantiere Kairòs da brividi ad "Arte e Fede". "Cantare inni vuol dire rendere la vita un inno"

giovedì 16 giugno 2022
di Davide Pompei

Come operai di un cantiere al lavoro. Per la propria conversione e per l'annuncio dell'amore di Dio attraverso la musica. Perché "il cantare è proprio di chi ama". C'è il riverbero delle parole di Sant'Agostino – poi semplificate nei secoli in "chi canta prega due volte" – nella missione dei Kantiere Kairòs. Un nome, quello scelto dalla band pop rock calabrese, per indicare "un tempo di grazia, un momento favorevole". L'alba che tinge di speranza il buio della notte, l'aria limpida e rarefatta della vetta, dopo la fatica della salita. E poi la musica, salvifica, necessaria, totalizzante.

Anche in uno spazio, importante ed intimo al tempo stesso, come la Cappella di San Brizio, nel transetto destro del Duomo di Orvieto, fattasi cornice di luce nella serata di mercoledì 15 giugno per l'annunciata anteprima nazionale del nuovo album, "Cantate Inni", per l'unico – in quantità e qualità – appuntamento della 16esima edizione del Festival Internazionale d'Arte e Fede – direttore artistico, Alessandro Lardani – promosso da Iubilarte, in collaborazione con il Comune di Orvieto, la Diocesi di Orvieto-Todi, il Capitolo della Cattedrale e l'Opera del Duomo.

Nel solco dei grandi concerti della spiritualità, per dare continuità a "un festival – ha detto il vescovo, monsignor Gualtiero Sigismondiincastonato nella 'Settimana Santa' di Orvieto, quella che conduce alla celebrazione del Corpus Domini. Siamo tutti operai nel grande cantiere del tempo. C'è bisogno di manovali per impastare la calce e, prima ancora, preparare i ferri, le tavole per la carpenteria e tutto il necessario a dare solidità alla struttura. Sono il primo anello delle maestranze, allenati a servire. È così anche nella Chiesa, di cui questo grande cantiere è icona".

Emozionato, entusiasta e grato. È così che, in un simile contesto, si è presentato il gruppo cosentino di musica cristiana, proponendo dal vivo sedici brani liturgici in versione acustica. Un live dalle sonorità meditative per favorire un clima di preghiera e raccoglimento che, anche ad orecchie laiche, ha fatto arrivare l'intensità di un momento di condivisione e testimonianza di un percorso di cambiamento. Dopo l'uscita del disco sugli store digitali ad aprile con l’etichetta discografica "La Gloria", a settembre arriverà anche il supporto fisico, con tanto di accordi e testi.

Ridotta a tre componenti la formazione, nata nel 2013, con i fratelli Gabriele e Jo Di Nardo, rispettivamente batteria e percussioni e chitarre, e la voce piena di Antonello Armieri, che ha alternato chitarra acustica e guitalele, come un moderno menestrello. Assente, ma in qualche modo presente, il basso di Davide Capitano. Poche le parole, ma efficaci ed autentiche, tra una canzone e l'altra per un progetto "nato in pigiama, in pandemia e in semplicità, privilegiando l'aspetto acustico, quasi essenziale, alimentato dalla voglia di sentirsi uniti nel cantare il visibile e l'invisibile.

Canzoni pensate non solo per la liturgia, che siamo chiamati a vivere nella vita quotidiana come testimoni, ma anche per i momenti di preghiera personali e comunitari. Il nostro è un cantiere fatto di amici e fratelli che lavorano con sacrificio, ma con il cuore più leggero perché è rivolto al Signore. Cantare inni vuol dire rendere la vita un inno. La musica è preghiera, è mettere il cuore in quello che sappiamo fare". Alle note di "Kyrie Eleison" e "Santo Spirito", seguono quelle di "Non temo niente", "Alleluja" e "L'offerta più gradita", ispirata dal pellegrinaggio a MeÄ‘ugorje, nel 2013.

C'è Giuseppe, "Il Custode", che ha reso la sua vita un inno stando in silenzio. E c'è Maria, "Rosa del perdono" e regina della pace, voce che intercede nelle preghiere e nei "Io confesso", perché "L'amore può" stupire e guarire. Da "Golgota" a "Meraviglioso", tra errori che ai matrimoni diventano timori, fino a "Un passo oltre", composta nel 2017 come Inno della Marcia Francescana. E poi "Liberami", dalle catene che imprigionano, "E ti doni a me", "Qui" a ricordare che l’amore nutre le cose, e che ogni istante è un granello di eterno. Chiara Corbella Petrillo lo ha insegnato, "Siamo nati" e non moriremo mai più.

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