La Chiesa che non rinasce

Uno dei passi evangelici più intensi è sicuramente quello del colloquio di Cristo con Nicodemo. Lui era «un capo dei Giudei» che va da Gesù in piena notte, di nascosto, visto quello che aveva fatto nel tempio di Gerusalemme rovesciando tavoli e cacciando mercanti.
Nicodemo ha capito che il popolo ha bisogno di una novità, ma a una condizione: quella di rinascere dall’alto. Non servono né titoli, né sforzi, né miracoli perché ‘rinascere’ significa sperimentare un cambiamento di mentalità, di cuore, di animo. Da qui si parte o si dovrebbe partire. Questa è l'analisi di papa Francesco ascoltata nella basilica di San Pietro, il giorno dell’Epifania, un intervento denso di significati dove si parla di una Chiesa ormai «bloccata… parcheggiata dentro una religione convenzionale, esteriore, formale, che non scalda più il cuore e non cambia la vita». Guardando alle statistiche degli ultimi anni, sembra che il cristianesimo sia in caduta libera! Chi rivendica oggi le radici cristiane della nostra civiltà sta guardando a un passato più ideale che reale, a una società dove l’ordine era un tempo garantito dall’obbedienza e dalla sottomissione della moglie e dei figli al capofamiglia, dei sudditi ai governanti e dei fedeli alle autorità religiose, in una gerarchia di valori indiscussa, da tutti accettata o subita.
«Ci fa bene chiederci: a che punto siamo nel viaggio della fede?» ha chiesto il pontefice ricordando l'arrivo dei re Magi a Betlemme, dopo aver seguito da lontano il chiarore di una stella luminosissima: «Le nostre parole e i nostri riti innescano nel cuore della gente il desiderio di muoversi incontro a Dio oppure sono lingua morta, che parla solo di sé stessa e a sé stessa? È triste quando una comunità di credenti non desidera più e, stanca, si trascina nel gestire le cose invece che lasciarsi spiazzare da Gesù, dalla gioia dirompente e scomodante del Vangelo. E ci troviamo nella bulimia di comunità che hanno tutto e spesso non sentono più niente nel cuore. Perché la mancanza di desiderio porta alla tristezza e all’indifferenza». Parole pesantissime. Con il loro viaggio, continua Francesco, quei sapienti «ci insegnano che abbiamo bisogno di interrogativi, di ascoltare con attenzione le domande del cuore, della coscienza; perché è così che spesso parla Dio, il quale si rivolge a noi più con domande che con risposte. Ma lasciamoci inquietare anche dagli interrogativi dei bambini, dai dubbi, dalle speranze e dai desideri delle persone del nostro tempo. Lasciarsi interrogare».
Fare domande oppure obbedire, partecipare o stare ai margini, condividere le scelte o eseguire gli ordini? Il servo non sa cosa fa il padrone e non lo deve neanche sapere perché c’è chi pensa al suo posto, c’è chi decide al suo posto, c’è chi agisce al suo posto, altrimenti non sarebbe più un servo ma una persona libera e adulta in grado di guidare la propria vita. Purtroppo non ci si sbarazza in poco tempo di secoli di storia e di cultura patriarcale, dove è prevalsa la logica del diritto romano dove c’è un capo che si pone al disopra di tutti, a torto o a ragione! Ascoltare la gente significa capirla profondamente invece di emarginarla o peggio di ‘punirla’ perché dice quello che pensa o esprime il desiderio di pretende di più dalla Chiesa. Meglio stare in silenzio e accettare tutto ciò che passa il convento. In pratica non rimane altro che difendere la propria individualità e religiosità, andando avanti per inerzia, facendo finta di niente, nell’indifferenza più totale.
Ed ecco finalmente arrivare il Sinodo con la sua esigenza di «partire dal basso», di mettersi in ascolto del popolo di Dio, della sua esperienza, delle sue aspettative, delle sue difficoltà e fallimenti, ma anche delle sue speranze. Il vero problema è che non si riesce a partire; molta gente non sa neanche che è stato inaugurato un Sinodo, quando tra poco più di due mesi si concluderà la prima fase in cui avviare un dialogo, un tempo di riflessione e partecipazione per permettere alle persone di fare un’esperienza concreta della cosiddetta sinodalità. Ma manca una spinta per ricominciare, per rinnovarsi, per rinascere. Perché? Perché non c’è energia, non c’è vita, non c’è desiderio, non c’è prospettiva, non c’è alcuna speranza di cambiare le cose e probabilmente non si vuole neanche. «Come può un uomo nascere quando è vecchio?», chiede Nicodemo a Cristo. È proprio questa la sfida che - a mio parere - aspetta la Chiesa nel terzo millennio.

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