cultura

L'apocalisse dei potenti

venerdì 26 novembre 2021
di Mirabilia Orvieto

Quando leggiamo un brano come quello di Luca della prima domenica di Avvento viene subito da pensare che neppure il Vangelo si sottrae all’idea di una catastrofica fine del mondo. 

Siamo al capitolo 21, dal versetto 25 al 36, anche se nella versione liturgica si nota qualche interruzione di cui non si capisce il perché. È l’ultimo discorso ai discepoli in cui Cristo annuncia sconvolgimenti cosmici che provocheranno l’angoscia dei popoli, in preda al terrore di ciò che accadrà sotto i loro occhi. L’immagine è tratta dal profeta Gioele quando preconizza che nel giorno del Signore “le potenze dei cieli saranno sconvolte”. Qui Gesù non fa altro che rispondere alla domanda dei discepoli sulla fine del tempio di Gerusalemme, dicendo che quel luogo che sarebbe dovuto essere la casa di tutti i popoli riuniti come fratelli, era diventato in realtà come disse Geremia una “spelonca di ladri”, e cioè il rifugio di coloro che invece di servire e comunicare vita alla gente, perdendosi cura dei deboli e dei poveri, si faceva servire e mantenere da essi. 

Che cosa sono allora queste potenze? Sono proprio tutte quelle realtà religiose, politiche, sociali ed economiche, che san Paolo indicherà nella lettera ai Colossesi con il nome di “troni, dominazioni, principati, potestà”, ad arrogarsi nella storia il diritto divino di innalzarsi sopra gli uomini per impadronirsi della loro vita e dominarla: sta infatti nella natura di ogni impero promettere protezione e sicurezza in cambio della rinuncia alla libertà individuale e collettiva. Ma alla fine questi sistemi di potere - annuncia Gesù ai suoi discepoli - si dissolveranno, a partire dal tempio di Gerusalemme fino all’impero romano, e con essi scompariranno anche quelli che si sono integrati in una società opprimente e ingiusta. 

Ed ecco la buona notizia: “Quando cominceranno ad accadere queste cose, risollevatevi e alzate il capo, perché la vostra liberazione è vicina”. Gesù si rivolge agli interlocutori con il termine “vedranno” e non “vedrete” perché la fine non riguarda tutta l’umanità ma la logica perversa di chi pensa di possedere il mondo e sfrutta l’uomo per la propria egoistica convenienza! Ebbene di questi regni, così infallibili e indiscutibili non resterà più nulla perché sono come dei giganti dai piedi d’argilla, mentre chi avrà confidato in essi rimarrà sconvolto perché non avrà più nulla su cui reggersi; la verità è che ciò che sembra eterno e incrollabile sarà dimenticato per sempre. Cosa invece sarà ricordato per sempre? 

La vita di ogni persona, perché Dio non si dimentica mai degli uomini e delle donne che ha creato e che ha generato nell’Amore. Sarà proprio questo ad illuminare la coscienza di Maria quando, ricolma di grazia, esultò nel Signore di fronte alla visione dell’apocalisse dei potenti:

"L’Onnipotente ha spiegato la potenza del suo braccio,
ha disperso i superbi nei pensieri del loro cuore;
ha rovesciato i potenti dai troni, 
ha innalzato gli umili;
ha ricolmato di beni gli affamati,
ha rimandato i ricchi a mani vuote". 

L’amore è la forma che prende la memoria di Dio, il quale come disse il profeta Isaia non si dimenticherà mai di nessuno. Ricordare non è un’azione della mente, ma del cuore. Dio non dimentica perché ama e amando trasmette vita. Così ognuno ricorda chi ama e da chi è amato. Solo la relazione permette di durare, di continuare ad esistere nonostante il logorio del tempo. Tutto cadrà nell’oblio, ma non chi ama ed è amato. Lo sa chi ha dovuto rinunciare a una memoria e vive con un cuore allontanato e perennemente in fuga. 

Vegliate dunque e non dormite - conclude Cristo nel suo messaggio - non appesantite il vostro cuore con gli affanni e le alienazioni della vita ma, come lampada, illuminate le tenebre della notte e ritrovate la fiducia e il coraggio per una vita da costruire e ricostruire. È questo il desiderio più profondo dell’uomo.

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