"Gianfranco Chiti, un regalo di Dio. Una vita e una storia da raccontare"

E' la vita di Gianfranco Maria Chiti, soldato leale, che ha seguito la carriera militare fino ai gradi più alti, attraversando guerre, persecuzioni, orrori di ogni genere, ma anche di grandi atti di coraggio, la prigionia, per poi approdare alla scelta di diventare frate. Da un esercito militare all'esercito di Dio. E non solo, la storia va oltre, oltre la vita e la morte: ora frate Gianfranco si avvia a salire la lunga scala che porta alla santità. La Chiesa infatti lo ha già riconosciuto come Servo di Dio e c’e’ stata la chiusura della fase diocesana della Causa di beatificazione del frate-soldato.
Il nostro eroe, nato nel 1921 in seno ad una famiglia benestante di Gignese, in provincia di Verbania, diventa in breve tempo ufficiale dei Granatieri di Sardegna, poi parte volontario nella campagna di Russia, capace di rischiare la vita per quelli che vede in pericolo intorno a sè, come quando mette in salvo partigiani ed ebrei, fra i quali Giulio Segre e suo padre, con molte medaglie conquistate sul campo. Ma quando, nel 1943, in Italia tutto crolla drammaticamente, l'ufficiale deve affrontare un'altra dolorosa esperienza.
Infatti sceglie di far parte della Repubblica Sociale Italiana, essendo convinto che come soldato il suo dovere è quello di rispettare il giuramento fatto, le gerarchie e gli ordini dei superiori, convinto anche che in un momento dolorosissimo e difficile per l'Italia, sarebbe stato meglio rimanere al proprio posto. E a riprova della sua buonafede ci sono appunto i numerosi casi in cui Chiti ha rischiato il tutto per tutto per salvare ebrei, partigiani e diversi paesi da rastrellamenti e distruzioni. Sempre sorretto da una fede profonda, che lo sostiene anche nei momenti più difficili, da una profondità interiore non comune.
Le lettere scambiate in quel periodo, esaminate nel libro citato, lo testimoniano ampiamente. Nell'immediato dopoguerra, per qualche mese, deve infatti affrontare il carcere, a causa della sua scelta per la Rsi. Poi la sua carriera continua, viene riammesso nelle file dell'Esercito senza penalizzazione alcuna. Incarichi prestigiosi lo vedono protagonista in molte caserme italiane... Comandò la Scuola Sottufficiali di Viterbo, gli allievi ricordano le sue gesta, il suo rigore, la sua bontà infinita...
Nel salutare gli Allievi del 28esimo Corso disse: "Il mio saluto a voi vuole essere anche la mia ultima seminagione che attende di lievitare nelle vostre coscienze e germogliare nella vostra vita. Che Dio vi assista! Ci ha Esortati, ci ha Apprezzati, ci ha Ringraziati, augurandoci il meglio nello spirito di sacrificio, per il bene della collettività nazionale... un Maestro di vita impareggiabile e unico. Divenuto generale di Brigata dei Granatieri di Sardegna, riveste incarichi di primo piano nelle scuole militari e in alti comandi, fra cui lo Stato Maggiore a Roma.
Nel 1978 si congeda dall'esercito per raggiunti limiti di età, lui diceva di aver messo lo zaino a terra e dopo poco più di venti giorni, bussa alla porta del Convento di Rieti, per diventare un discepolo di San Francesco, indossando un saio dei Frati Minori cappuccini. Dopo il periodo di clausura per prendere i voti, diventa sacerdote. I Superiori per lui scelgono un Convento di Orvieto, una struttura decadente e vandalizzata nel tempo, che lui decide di restaurare e portare a nuova vita. Nel 1990, dopo molti lavori svolti, viene riconsacrata la chiesa, dedicata a San Crispino da Viterbo. Anche in questa impresa si getta con generosità e con energia, convinto della necessità di perseguire il suo scopo.
La sua vita trascorre con dedizione, povero tra i poveri, dedito alla preghiera e al sostegno spirituale delle moltissime persone che si rivolgono a lui. Con il suo saio sempre più logoro, la barba bianca, il sorriso gentile, diventa una figura amata e popolare. Visse nell’unico convento al mondo dove ogni giorno si rinnovava il rito del l’Alzabandiera come un’azione sacra. Oggi quando arrivi al Convento di San Crispino, subito ti accorgi di essere in un luogo unico, un luogo che si distingue per semplicità, per accoglienza, sembra tenderti le braccia in un abbraccio fraterno, di pace.
Pensando alla sua storia, rimani incredulo... il convento venne abitato fino al 1954... poi venne abbandonato dai religiosi per la riduzione numerica dei frati, subì un’inesorabile decadimento. Le intemperie e le incursioni di “vandali” e di giovani senza scrupoli resero il luogo irriconoscibile. In questo luogo arriva Padre Chiti, che, con determinazione e l’aiuto di un popolo di volenterosi, fa rinascere dalle ceneri un’oasi di spiritualità’ senza confronti! Senza mai rinnegare il proprio passato, anzi sottolineando che la vita militare non è una scelta di "morte", la guerra è una costrizione, e anche in guerra si può scegliere di proteggere i deboli e gli indifesi.
Essere soldati, ha spiegato molte volte, può essere una scelta di educazione, di rigore, di coraggio, di impegno. Non rinuncia al suo sguardo franco, aperto, senza condizionamenti. Sempre, fino alla morte, avvenuta nel 2004. La storia però non si ferma qui. Granatieri e Allievi, i suoi amici, i suoi figli spirituali, i suoi estimatori, raccolti in una associazione, chiedono insistentemente l'apertura del processo di beatificazione e canonizzazione, fino ad ottenerla.
Oggi la procedura di Beatificazione è all'attenzione della Congregazione dei Santi in Vaticano... presto il nostro amato Padre Chiti sarà nominato Beato. In questo anno (2021), ricorre il suo Centenario, che vogliamo celebrare, ricordando la sua opera misericordiosa, in divisa e con il saio". Qualcuno si starà chiedendo il motivo per cui degli Allievi di una Scuola Militare, parlano e raccontano la storia di un grande uomo... nei sette mesi trascorsi in quella Scuola di Viterbo, noi tutti non conoscevamo la vera storia del nostro Comandante... lui era un alto Ufficiale, una persona molto severa, una persona che sapeva osservare, che sapeva come insegnare i valori per essere dei buoni soldati, dei buoni comandanti, dei buoni cittadini, al servizio della Patria e di chiunque ne avesse avuto necessità!
La grandezza di quell’uomo l’abbiamo conosciuta dopo, quando ha indossato il saio e non ha più potuto nascondere la sua vera natura. Padre Chiti merita, noi tutti meritiamo una storia da raccontare. Viva Padre Chiti, Servo di Dio e nostro Pastore.
Con devozione,
Angelo Polizzotto
Presidente Associazione Allievi di Padre Chiti

Nota della Redazione: Orvietonews, giornale online registrato presso il Tribunale di Orvieto (TR) nr. 94 del 14/12/2000, non è una bacheca pubblica. Pur mantenendo fede alla disponibilità e allo spirito di servizio che ci ha sempre contraddistinto risultando di gran lunga l’organo di informazione più seguito e letto del nostro territorio, la pubblicazione di comunicati politici, note stampa e altri contributi inviati alla redazione avviene a discrezione della direzione, che si riserva il diritto di selezionare e modificare i contenuti in base a criteri giornalistici e di rilevanza per i lettori.