La difesa scardinata

Con la morte di Cristo tutto sembra finire miseramente. Due dei suoi discepoli fuggono in direzione opposta a Gerusalemme, verso una località chiamata Emmaus per rifugiarsi nel ricordo di un glorioso passato.
Emmaus era infatti il simbolo della libertà e della speranza d’Israele poiché lì gli ebrei commemoravano l’eroica vittoria del condottiero Giuda Maccabeo sul re pagano Antioco Epifane, avvenuta due secoli prima. La delusione per avere creduto al messia era così forte da voler sostituire un ‘perdente’, il Cristo, con un vincente, Giuda Maccabeo. Sulla strada i due incontrano uno straniero che si affianca a loro e incominciano a discutere animatamente (nel testo si dice che litigano!) ma la sofferenza causata dai drammatici fatti di quei giorni, li rende incapaci di dialogare, di ascoltarsi persino nel dolore. Alla fine lo straniero sembra quasi riuscire a convincere i suoi compagni di viaggio sul senso di quel terribile epilogo che sembra aver messo fine al sogno di una liberazione. Giunta la sera i due lo invitano a trattenersi a cena con loro.
I discepoli di Èmmaus
Ecco qui il colpo magistrale dell’evangelista Luca che come uno straordinario regista sottolinea il momento in cui, benedicendo e spezzando il pane, l’ospite fa gli stessi gesti e dice le stesse parole usate dal Signore nell’ultima cena. Allora gli occhi dei discepoli si aprirono improvvisamente nel bel mezzo di quella cena trasformata ormai in ‘eucarestia’. Ma, all’istante, Gesù risorto scompare proprio sotto i loro occhi. Perché?
Perché egli sta dicendo ai discepoli, e quindi alla chiesa futura, che la Pasqua non può essere definita, delimitata, rinchiusa dentro il cerchio totalizzante di un ricordo, di un rito quando invece è un evento che appartiene alla storia. I discepoli di Emmaus lo riconoscono, come a dire che Cristo è sì presente in mezzo a loro ma non lo posseggono. Il rischio, infatti, sta nel rimanere chiusi in quella stanza a ricordare il coraggio di Gesù, la sua libertà, il suo perdono fraterno, il suo sacrifico di amore fino alla morte, insomma il valore di una vita così ricca di esempi morali che però non possono produrre nessun effetto, nessun cambiamento: il Risorto appare ‘nuovo’ agli occhi di chi lo vede e occorrono occhi ‘nuovi’ per riconoscerlo.
L’incontro con lui strappa i discepoli dall’isolamento, dalla situazione di tristezza, di ripiegamento su se stessi, di sterile commemorazione del passato e li spinge dal di dentro a ritornare là, dove il filo si è interrotto, a Gerusalmme, perché è lì che Cristo si farà di nuovo incontrare.
Caravaggio, La cena di Èmmaus
La sera di quello stesso giorno, il giorno della resurrezione, Cristo risorto raggiunge anche gli altri che nel frattempo si erano nascosti a Gerusalemme per paura di fare la stessa fine del maestro. Anche qui egli appare dicendo: “Pace a voi!”. Queste parole non sono un augurio ma un dono, cioè l’apparizione di una nuova realtà esistenziale che ha il potere di rovesciare la loro situazione facendoli passare dalla paura alla gioia, dalla solitudine al dono dello Spirito, dalla separazione al perdono dei peccati. Con la sua apparizione Cristo riesce a scardinare le difese, le resistenze, le chiusure dei suoi. Tommaso è l’unico a non essere presente all’evento e quindi non crede alla testimonianza della comunità: “Se non vedo nelle sue mani il segno dei chiodi e non metto il mio dito nel segno dei chiodi e non metto la mia mano nel suo fianco, io non credo”. La sua è una fede materiale che crede solo a ciò che vede e tocca. Nell’incredulità di Tommaso c’è la resistenza profonda alla novità della resurrezione che potrebbe sconvolgere la sua vita, mettere alla prova le sue sicurezze!
La paura di Tommaso è irrazionale e si oppone verso tutto ciò che nella vita rappresenta un cambiamento. Egli deve fare un salto di qualità ed aprirsi ad una dimensione spirituale della vita e della fede. “Otto giorni dopo i discepoli erano di nuovo in casa e c’era con loro anche Tommaso. Venne Gesù, a porte chiuse, stette in mezzo e disse: «Pace a voi!»". Tommaso vede e non ha più neanche bisogno di toccare per credere. Tutti quegli uomini hanno dunque creduto perché hanno visto che Gesù è risorto dalla morte, ma per veder risorgere la propria vita occorrerà un’altra fede… la fede che crede senza vedere.
Caravaggio, L’incredulità di san Tommaso

Nota della Redazione: Orvietonews, giornale online registrato presso il Tribunale di Orvieto (TR) nr. 94 del 14/12/2000, non è una bacheca pubblica. Pur mantenendo fede alla disponibilità e allo spirito di servizio che ci ha sempre contraddistinto risultando di gran lunga l’organo di informazione più seguito e letto del nostro territorio, la pubblicazione di comunicati politici, note stampa e altri contributi inviati alla redazione avviene a discrezione della direzione, che si riserva il diritto di selezionare e modificare i contenuti in base a criteri giornalistici e di rilevanza per i lettori.