Salvezza nascente

La natività, Giotto
Chi non conosce il racconto della nascita di Gesù? La grotta, il freddo, il bue e l’asinello, Maria e Giuseppe, la visita dei pastori. Il vangelo di Luca lo colloca all’interno di un momento importante della storia: “In quei giorni un decreto di Cesare Augusto (che significa ‘degno di venerazione’) ordinò che si facesse il censimento di tutta la terra” (Luca 2,1). Era il potere stesso dell’imperatore che si divinizzava per sottomettere i popoli e obbligarli a pagare le tasse a Roma. Tuttavia l’intento dell’evangelista non era quello di fare un resoconto storico, quanto teologico. Infatti il censimento veniva visto dal mondo ebraico come un attentato al potere di Dio che i zeloti, irriducibili sostenitori dell’indipendenza d’Israele, cercavano di difendere strenuamente.
Viaggio a Betlemme
In mezzo alle questioni politiche e religiose, che agivano la Palestina, si colloca la storia di una coppia di sposi in viaggio verso Betlemme per adempiere al loro dovere di sudditi. Dopo che Maria si trovò incinta, il ‘disobbediente' Giuseppe decise ugualmente di prenderla con sé senza rompere il loro fidanzamento (chiamato allora sposalizio) che ancora non si era concluso con le nozze, fatto assolutamente insolito per quei tempi che Luca sottolinea così: “Giuseppe doveva farsi censire insieme a Maria sua sposa”.
Arrivati a Betlemme, Maria diede alla luce il suo figlio primogenito che, secondo la tradizione, era considerato consacrato al Signore. A svelare però il senso di quella nascita fu un angelo che apparve a dei pastori. Sì, un angelo, il messaggero celeste che unisce i pensieri degli uomini alle parole di Dio, parole come quelle che Gabriele aveva già pronunciato a Zaccaria e a Maria per annunciare la nascita di Giovanni e di Gesù. Questa volta l’angelo del Signore non parla a un sacerdote o una vergine, ma a dei pastori.
I pastori
Nessuna condizione al mondo era disprezzata quanto quella del pastore che per procurarsi da vivere ricorreva anche a furti e ad assassini, insomma un vero e proprio ‘reietto’ senza Dio e senza diritti civili, situato all’ultimo gradino dell’umanità e della società. All’apparire dell’angelo, come dunque non aspettarsi lo spaventoso sopraggiungere del castigo divino? Con grande sorpresa, al posto di una spada sguainata, ecco l’annuncio di una Buona notizia, una felice notizia: “La gloria del Signore li avvolse di luce… Non temete: ecco, vi annuncio una grande gioia… è nato per voi un Salvatore”.
L’inaspettata apparizione ai pastori sovvertirà per sempre l’irremovibile visione del Dio-giudice, severo e minaccioso, che punisce i cattivi e premia i meritevoli; al suo posto appare un Dio che invece ha a cuore la vita di tutti gli uomini, nessuno escluso, perché li ama. Con la nascita di Cristo persino gli scarti dell’umanità potranno essere riabilitati, riscattati, sollevati dalle macerie.
Il Natale non è perciò una bella favola di 2000 anni fa attraverso cui rievocare nostalgici sentimenti di bontà, piuttosto è il forte richiamo a mettersi in contatto con quella parte della nostra esistenza che non si vuole né vedere né ascoltare e che troppo in fretta si disprezza dal profondo del nostro essere. Ed è proprio alla luce del Natale che le situazioni, anche le più difficili e fallimentari, si rivestono di un significato salvifico al punto che una ‘causa persa’, come quella dei pastori, può trasformarsi in una opportunità inimmaginabile!
L’angelo, dal film di Pasolini
La natività rivela qualcosa di inedito e inaudito: il Figlio del Dio Altissimo nasce da una coppia ritenuta ‘irregolare’ e si rivela a dei ‘fuori-legge’. La luce che avvolge i pastori è la luce che avvolge ogni creatura e questa luce sarà una grande gioia che scaccia il grande timore, che dissolve tutte le angosce. E con la luce scenderà la pace che non è un ‘tranquillante’ per placare le paure della vita, non è il quieto vivere e non è neanche il punto di arrivo della fede, ma è l’esperienza liberante di chi ritrovando il proprio orientamento si rimette in cammino aprendosi senza fatica e con fiducia al futuro.
Non c’è quindi bisogno di essere dei mistici o dei visionari o delle persone spirituali per vivere il Natale; esso può efficacemente agire e portare salute e gioia in chiunque, perché è fatto per incarnarsi nel mondo e nella storia degli uomini. Il vangelo della natività termina infatti con la visione di una moltitudine celeste che lodava: “Gloria a Dio nel più alto dei cieli e sulla terra pace agli uomini, che egli ama”.
In questo finale c’è tutta l’essenza del messaggio cristiano. La gloria di Dio non si trova al di fuori del mondo, non è di un altro mondo. La gloria di Dio si incarna, si realizza sulla terra con la pace tra gli uomini e questa pace si dà nella misura in cui si accoglie il ‘Mistero della vita’, un mistero che appartiene al regno dell’infinito e dello spirito, della libertà e del divino. Per questo prima di essere il Signore della Chiesa, il Dio di Gesù è Signore della Storia.
La natività, bassorilievi del duomo di Orvieto

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