cultura

Allerona, terra dei Farolfingi discendenti dei Longobardi

mercoledì 18 novembre 2020
Allerona, terra dei Farolfingi discendenti dei Longobardi

San Pietro Aquaeortus sarcofago longobardo

L’appassionato di storia locale Felice Danielli, a seguito di mesi trascorsi alla perlustrazione del territorio, contestualmente allo studio dei testi del ricercatore Giacomo Bersotti e del professor Don Amleto Spicciani (nato a Pescia nel 1934, ricercatore di storia medievale di lettere e filosofia nell'Università di Pisa), è di nuovo giunto ad interessanti scoperte che riguardano, in questo caso, il territorio dell'Alto Orvietano durante il Regno Longobardo ed in particolare l'appartenenza di Allerona ai dominii dei Conti Farolfingi. Come affermato da più studiosi, le città di Chiusi ed Orvieto appartennero entrambe al Regno longobardo.


L'Italia longobarda alla metà dell'VIII secolo (in bianco)

Il ricercatore Bersotti, riprendendo nel 1982 il "discorso genealogico dei Farolfingi" ritenne di poter asserire che una famiglia longobarda, che chiamò dei "Farolfingi", dal nome del capostipite Farolfo, avesse avuto nelle proprie mani i poteri comitali della contea di Chiusi. I Farolfingi furono conti comitali di Orvieto e Chiusi.

Tutte le proprietà dei Farolfingi nei primi anni 1000 erano concentrate in una fascia territoriale abbastanza compatta, i cui confini nord-sud erano tracciati dal Fosso Astrone e dal Fiume Paglia, mentre quelli Ovest-Est erano le falde occidentali del Monte Amiata e del Fiume Tevere.

Le terre dei Farolfingi si trovavano quasi tutte a Nord di Orvieto e si estendevano soprattutto in territorio chiusino, a cavallo del territorio di confine lungo la Contea di Orvieto. In quell’epoca, il territorio odierno appartenente al comune di Allerona, era quasi tutto ricompreso in due grandi possedimenti, uno legato all’Abazia di San Pietro Aquaeortus ed il secondo al Castello di Meana, allora denominato "Castello Plagaio".


Castelli, monasteri e chiese dei Farolfingi (da "I Conti di Chiusi e di Orvieto")

A Nord, i confini del Monastero di San Pietro Aquaeortus erano definiti con il Castello di Fighine e con la Tenuta del Castello di Bagno del Marchese Ugo di Tuscia. Nel 1084 pare che il castello fosse ancora bene regio, benchè usurpato dal Conte Ranieri Aldobrandeschi.

Annessa al castello c’era una chiesa che dava il nome alla Pieve di Santa Maria in Balnea che comprendeva anche San Casciano (dei Bagni). Il confine ad Est era con i castelli di Fabro e di Ficulle. A Sud con il Fiume Paglia, ad Ovest con Monterufeno (Acquapendente). La parte rimanente a Sud-Ovest era della Tenuta del Castello Plagaio (Meana).

Nel 1118 i Farolfingi vendettero all’abate di San Pietro Aquaeortus il monastero con tutta la tenuta e successivamente, secondo quanto asserito da Spicciani, nel 1139, cedettero alla Diocesi di Orvieto il Castello Plagaio con tutto il territorio annesso. Annessa al Castello Plagaio, c’era la Chiesa di San Giovanni.

Nel 1278 nel primo catasto del contado orvietano, il territorio che è oggi di Allerona risultava essere sotto la giurisdizione religiosa della "Pieve di San Giovanni di Monte Plagaio". Non veniva ancora nominato il Castello di Lerona anche se probabilmente era già esistente.

Nel successivo catasto del contado orvietano (1292) la Pieve di San Giovanni di Monte Plagaio venne sostituita dal "Piviere di Lerona" che ricomprendeva anche la Villa Meane (precedentemente San Giovanni di Monte Plagaio). Felice Danielli ritiene che il nome del Castello Plagaio derivi dal latino "plăga" inteso come corpo, rete, usata nella caccia per catturare animali, uccelli e fiere.

In effetti, osservando la morfologia del territorio, si evidenzia a 100 metri a Nord-Ovest del Castello Plagaio, un rilievo di altimetria mt.566 catastalmente indicato con il nome di "Poggio delle Reti". Il sistema di caccia con le reti era in voga anche presso gli etruschi e consisteva nello stendere tra varie alture le reti per la cattura degli animali.

La conformazione di questo territorio era adatta a questo tipo di caccia. Ciò spiegherebbe perché la Chiesa di San Giovanni era detta di "Monte Plagaio" ed il castello chiamato anch’esso "Plagaio". Gli storici del territorio hanno denominato la "Pieve di San Giovanni" in vari modi:

- plagario
- palglaro
- palgliaro
- paglario
- palglaio
- paleario

è il professor Don Amleto Spicciani che, quando cita la vendita nel 1139, parla del Castello Plagaio. Alla luce di quanto venuti a conoscenza assume importanza la strada di crinale Chiusi-Cetona-San Casciano dei Bagni-Poggio Spino-Osteria-Villalba-Bucacce-Casanova-Poggi della Selva-Castello Plagaio (Meana)-Faustina-Poggio Barile-Val di Paglia-Orvieto.

La strada sopra citata, all’altezza dell’Osteria si incrociava con l’antica "Strada Perugina". Il Castello Plagaio è stato molto conteso per la posizione strategica dominante la Val di Paglia. La visuale del castello da Acquapendente arrivava fino quasi alla confluenza del Paglia nel Tevere.

Ancora oggi sono visibili alcuni segni della presenza dei Longobardi nei nostri territori: il sarcofago nel cortile dell’ex Monastero di San Pietro Aquaeortus, il portale della chiesa ed alcuni blocchi di marmo murati all’esterno e all’interno dell’edificio che riportano scolpiti motivi ornamentali dell’epoca.

Altro elemento che fa pensare ad una possibile correlazione fra il territorio alleronese e la dominazione longobarda è rappresentata dal legame con San Michele Arcangelo. Quest'ultimo era stato assunto come protettore dei Longobardi.

La storia narra che l'8 maggio del 650 il duca longobardo Grimoaldo, vista la possibile disfatta in battaglia contro i bizantini, con preghiere e digiuno di tre giorni chiese l’intercessione di San Michele Arcangelo a favore dei longobardi che vinsero una battaglia decisiva. Da quel momento lo assunsero come protettore.

Molto stretto anche il legame fra il Santo in questione ed il piccolo territorio di Allerona in cui nel tempo a San Michele Arcangelo sono state dedicate due chiese: una annessa al castello di Lipraga (Ripagra), di cui oggi restano poco più delle fondazioni ed una ancora esistente fuori dalle mura del Castello di Lerona.