cultura

Addio a Carlos Ruiz Zafón. Nel 2016 ad Orvieto per "Il Labirinto degli Spiriti"

venerdì 19 giugno 2020
di Davide Pompei
Addio a Carlos Ruiz Zafón. Nel 2016 ad Orvieto per "Il Labirinto degli Spiriti"

"Entrai nella libreria e aspirai quel profumo di carta e magia che, inspiegabilmente, a nessuno era ancora venuto in mente di imbottigliare". Scriveva così Carlos Ruiz Zafón, l'autore catalano che ha raggiunto la notorietà internazionale nel 2001 grazie al romanzo "L'Ombra del Vento", vincitore di numerosi premi e selezionato nella lista stilata nel 2007 da 81 scrittori e critici latinoamericani ed iberici con i migliori 100 libri in lingua spagnola degli ultimi 25 anni.

Un tumore lo ha fiaccato e strappato alla vita terrena nella giornata di venerdì 19 giugno, all'età di 55 anni, nella sua residenza di Los Angeles. Almeno sei mesi all'anno li trascorreva, infatti, a Malibù, lavorando per l'industria di Hollywood. Era il 6 dicembre del 2016 quando, ad Orvieto, ospite della 21esima edizione della rassegna letteraria "Il Libro Parlante" presentava "Il Labirinto degli Spiriti", ultimo capitolo della tetralogia del Cimitero dei Libri Dimenticati.

Da "Il Gioco dell'Angelo" a "Il Prigioniero del Cielo", "un luogo conosciuto da poche persone nel quale sono custoditi libri di ogni fattura". Un omaggio letterario al grande mondo della letteratura, reso onirico dalle misteriose atmosfere di Barcellona, che gli aveva dato i natali nel 1964. "Non scriverò mai più di Barcellona, né di libri. Dopo aver trascorso 16 anni immerso in questo mondo gotico e labirintico, mi sento pronto per qualcosa di nuovo".

Così aveva annunciato a settembre a Pordenonelegge 2019. Sulla Rupe, tre anni prima, in occasione della presentazione del suo libro, era ovviamente rimasto affascinato dal Duomo ma piuttosto che conoscerne tutti i dettagli si era divertito per qualche ora a curiosare tra i negozi del centro storico a caccia di un draghetto, come la salamandra del Parc Güell, da aggiungere alla sua curiosa collezione di portafortuna. La ricerca, alla fine, si era conclusa in Via dei Magoni, tra le chincaglierie de "Il Mago di Oz".

I saluti da Orvieto gli erano giunti, qualche tempo dopo, anche a Roma, sotto forma di una scatola di cioccolatini di Montanucci con la gratitudine della famiglia di librai Campino. La stessa provata dal pubblico che, da tutta l'Umbria, aveva – letteralmente e letterariamente – gremito l'Atrio di Palazzo di Sette per ascoltare dal vivo lo scrittore spagnolo più letto al mondo, dopo Cervantes, e tradotto in oltre 40 lingue. Un momento di grande comunione ed empatia che dava un volto a quella voce.

Capace di far rivivere la grande tradizione del romanzo ottocentesco con "una sensibilità contemporanea in un viaggio nel mondo delle storie perdute e ritrovate" attraverso la storia di un ragazzino spagnolo, figlio di un libraio specializzato in edizioni per collezionisti e volumi usati. Una voce, quella di Zafón, fattasi più matura rispetto agli esordi con i libri per ragazzi nei primi anni '90 fino alle sceneggiature e alla collaborazione con le pagine culturali di El Pais e La Vanguardia.

Il libraio come officiante del rito d'amore. Il libro come testamento che, oggi, rende immortale quella voce. "Cada libro, cada tomo que ves, tiene alma. El alma de quien lo escribió, y el alma de quienes lo leyeron y vivieron y soñaron con él".

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