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Ujw #27, il diario di Elio Taffi - Prima giornata: Giovanni Tommaso e le magie da Mina

domenica 29 dicembre 2019
di E.T.
Ujw #27, il diario di Elio Taffi - Prima giornata: Giovanni Tommaso e le magie da Mina

Sarà il sabato, sarà il tempo clemente, sarà la musica… Fatto sta che Umbria Jazz Winter XXVII edizione non poteva iniziare meglio. Sin dal giorno prima noto che Orvieto è presa d’assalto da tanta gente; si intravvedono musicisti e giornalisti che già passeggiano placidamente per Corso Cavour.

Parto presto; ho un appuntamento col Maestro Giovanni Tommaso, fra i più prestigiosi musicisti jazz italiani in attività. Prima, però, Francesco mi serve un bel marocchino allo storico Caffè Montanucci: le tradizioni vanno rispettate! Così corroborato, saluto Tommaso che mi aspetta sotto il Palazzo del Capitano del Popolo.

Come tutti gli anni, incontriamo Giovanni Tommaso ad Orvieto. Non potrebbe essere altrimenti! A quali progetti musicali sta ora lavorando, Maestro?

Buongiorno a voi. Ce ne è uno fresco fresco; il 17 dicembre, pochi giorni fa, abbiamo fatto, a Roma, un concerto con mia figlia Jasmine, che è una bravissima cantante. L’Auditorium ha una etichetta discografica propria che si chiama Parco della Musica; organizza dei concerti col pubblico che vengono registrati professionalmente e successivamente pubblicati.

Un vero e proprio live!

È il terzo album che realizzo così, in una situazione molto stimolante. Nel caso ultimo, un quartetto strumentale (piano, chitarra, contrabbasso, batteria) e Jasmine come voce. Il progetto si chiama “As time goes by”, dedicato al tempo che scorre. Quindi dai miei vecchi trascorsi al presente, sino ad arrivare al futuro rappresentato da mia figlia che, posso essere tacciato di parzialità quando lo dico (anche se sono sicuro di quel che affermo), è veramente molto in gamba.

In questa edizione di Umbria Jazz lei ha curato, come al solito, i giovani talenti emergenti; ci parla di questa nuova generazione?

Io sono il direttore, dalla nascita, delle Umbria Jazz Clinics, seminari che si tengono durante il Festival estivo di Perugia; cominciammo con questa formula assieme al patron di UJ Carlo Pagnotta, facendo un anno di prova e gemellandoci con il Berklee College di Boston, il più prestigioso college di musica jazz al mondo; anche il più longevo. L’esperimento andò bene, subito al primo anno. Nel 2020 festeggeremo il 35° anniversario! Questo la dice lunga sulla bontà dell’idea. Ogni anno, alla fine dei corsi, io seleziono un gruppo di musicisti che hanno partecipato attivamente ai seminari. Il festival invernale ospita questi ragazzi proprio in apertura di edizione. Anche oggi ascolteremo dei giovanissimi veramente molto ma molto bravi.

La sua esperienza può essere utilissima per analizzare l’evoluzione stilistica delle nuove generazioni.

Quello che ho notato in tutti questi anni è, intanto, l’abbassamento dell’età dei partecipanti. C’è una precocità incredibile, ci sono ragazzi poco più che decenni che mostrano un talento prorompente. Questo è un fenomeno universale, quasi a dimostrare la popolarità e la diffusione della musica jazz nel mondo. Fenomeno in grande ascesa. Si vedono bambini anche di 6-7-8 anni che fanno spavento per quanto suonano bene. Certo, il jazz ha bisogno anche di maturità, questo lo sappiamo tutti; ma quella verrà, se c’è il talento arriverà anche la maturità.

Secondo lei, quale potrebbe essere il futuro prossimo e quello più lontano della musica jazz?

Io penso che il jazz, essendo una musica molto comunicativa, fa trasparire spontaneità ed autenticità. Queste caratteristiche fondamentali dei concerti dal vivo sono molto apprezzate dal pubblico che, secondo me, un po’ per i media un po’ per la saturazione di un certo tipo di musica come quella leggera, sempre di più gradisce la purezza live.

Ora, augurarsi una maggiore popolarità… Io non prendo posizioni specifiche a riguardo, dico soltanto che a volte troppa popolarità potrebbe essere un segno di decadenza relativamente allo spessore artistico. Quindi, se il jazz farà troppe concessioni acquisterà ulteriore popolarità ma perderà qualche cosa dall’altro versante. Quasi quasi mi augurerei che gli equilibri rimanessero quelli attuali, c’è già così tanta attenzione; si può notare che in Italia non c’è città importante che non abbia una sua rassegna di jazz. Quando io ho iniziato a suonare, era impensabile tutto questo. L’evoluzione c’è stata, più di così!

Lo stile italiano è poi consolidato nel mondo, considerato oggi uno fra i più autorevoli.

Così dicono i critici. Musicisti giovani e bravi ci stanno dappertutto, però dobbiamo notare che la densità di talenti in Italia è fortissima. Di questo siamo molto fieri.

Per ultimo… Lei è stato a Orvieto nella prima edizione di Umbria Jazz Winter, anno 1993. Un ricordo, un flash; il primo che le viene in mente…

La prima cosa che mi viene in mente, è emersa proprio ieri sera, durante la cena con Carlo Pagnotta ed altri amici. Mi ricordo benissimo quando, quasi un anno prima della prima edizione, Pagnotta mi disse “Vieni con me, voglio un tuo parere sull’acustica e sull’ubicazione di dove si svolgerà Umbria Jazz Winter”. Mi portò qui, al palazzo del Capitano del popolo, nella bella Sala dei Quattrocento. Provai a battere i piedi sul pavimento, a battere le mani; insomma, ci accorgemmo che nonostante la bellezza della location, erano necessari interventi sul piano acustico. Venne realizzato un progetto da un ottimo architetto e da lì a quasi un anno la sala fu pronta per ospitare la prima edizione che io, ripeto, ricordo benissimo. Si creò immediatamente una simbiosi tra il pubblico, la città e la musica jazz che dura tutt’oggi. Una combinazione, secondo me, magica; una vera formula vincente!

Grazie, Maestro. Come sempre, è un grandissimo piacere incontrarla.

Questo scambio di parole mi ha emozionato. Giovanni Tommaso rivela con semplicità di essere un musicista immenso ed un uomo colto.


Un pranzo veloce, qualche commissione e poi verso la Sala dei Quattrocento per i primi concerti in programma.

Ad aprire UJW è il Michelangelo Scandroglio Group, formazione di giovani talenti emergenti vincitrice del Conad Jazz Contest 2019, selezione dura - affidata ad una giuria di elevata competenza - alla quale hanno partecipato quest’anno ben 118 band. L’ensemble costruito attorno al giovane contrabbassista fiorentino Scandroglio è solido ed omogeneo; tutti i ragazzi (Nicola Caminiti sax, Paolo Petrecca tromba, Emanuele Filippi piano, Mattia Galeotti batteria) sanno fare il proprio dovere e si scambiano, con perizia, temi e controcanti. Nulla da aggiungere: musica sofisticata, professionalità pregevoli e pubblico che manifesta a gran voce il proprio favore.

A seguire, l’ennesima nidiata curata da Giovanni Tommaso, i giovanissimi studenti delle Jazz Clinics estate 2019 che si sono formati sotto gli insegnamenti dei docenti Berklee: Ciccio Leo piano, Antonio Macchia tromba, Margherita Carbonell basso, Marco Falcon Medrano batteria, Tommaso Profeta sax, Giuseppe Cistola chitarra. Veramente, alto livello! Anche in questa occasione, noto come la ricerca di un amalgama sia stata un’esigenza primaria nella cura delle esecuzioni. I ragazzi si rivelano ben armonizzati fra loro, sostenuti da una sezione ritmica affidabile e mai banale: sicuramente sentiremo parlare ancora della bassista Margherita; colpisce anche l’esile sassofonista Profeta, autore di alcuni arrangiamenti interessanti.

Visibilmente soddisfatto il Maestro Tommaso, che segue tutto il concerto con paterna attenzione.

Puntatina veloce al Meeting Point del Palazzo dei Sette, sul palco Dena De Rose Quartet. Mi hanno ragguagliato anticipatamente sulle brillanti qualità di questa pianista/cantante ed il primo impatto conferma il feedback. Classe cristallina e gran personalità; niente male alcuni passaggi di bravura, che denotano una tecnica non così scontata… Su di lei scriverò ancora in futuro, ho intenzione di tornare ad ascoltarla con più attenzione.

Il bello di questi giorni è che Orvieto si veste a festa, diventando, se possibile, più affascinante del solito e risuonando di musica in ogni angolo, piazzetta, viuzza del centro.

Riconosco il sound e le gustose trascrizioni… Si, sono proprio loro: i Bartender si esibiscono al Caffè Cavour, in una delle numerose iniziative musicali autopromosse sulla rupe. Ebbene, il trio di chitarre (Tardiolo-Bellocchio-Tordi) oggi si arricchisce della batteria (Forlini) e non ce n’è per nessuno. Io adoro i Bartender, uno dei complessi di maggior qualità che l’Umbria può vantare; la loro musica è godibile e, al tempo stesso, sofisticata; divertente ma impegnata; luminosa eppur complessa. Bravissimi! Ogni volta, una piacevolissima sorpresa.

La mia prima giornata terminerà al Teatro Mancinelli.

A proposito… Il successo, annunciato, della XXVII edizione di UJW è suffragato dai sold out annunciati - qualcuno già da qualche giorno - tra cui molti degli spettacoli al Mancinelli.

All’entrata nel foyer ho il piacere di salutare il Sindaco di Orvieto, la dottoressa Roberta Tardani.

Signora Tardani, per la prima volta è in veste di Sindaco a questa iniziativa che lei ben conosce. Ci racconta la sua emozione?

Beh, è davvero un’emozione unica per me. Sono state settimane impegnative, anche dal punto di vista dell’organizzazione. Siamo riusciti a rendere tutto perfetto fino a oggi, e questo ci riempie di orgoglio. Umbria Jazz Winter è l’evento cittadino che proietta la nostra città in una dimensione internazionale. Intendiamo sicuramente consolidare il rapporto con la Fondazione Umbria Jazz e fare in modo che questo evento resti assolutamente orvietano”.

Incrociamo anche la Presidente della Regione Umbria Donatella Tesei.

Buonasera, Presidente Tesei. La sua prima impressione su questo festival?

Innanzitutto, Orvieto è una città bellissima e, come tale, merita tutta la nostra attenzione. Umbria Jazz Winter è una manifestazione importantissima, a livello regionale, che continueremo a sostenere convintamente perché questi sono gli eventi che fanno grande l’Umbria.

Torniamo al concerto delle ore 21: “Le Canzoni di Mina”, protagonisti Danilo Rea, Massimo Moriconi, Alfredo Golino.

Il repertorio scelto e la qualità degli interpreti promettono faville; che saranno, puntualmente.

Massimiliano Pani, a sorpresa, presenta brevemente il progetto musicale e gli artisti; la Musica parte veloce, senza far attendere troppo, quasi rispettosa di un Teatro che più colmo non si potrebbe.

Grande grande grande, Parole parole, Insieme, Amor mio…

Le canzoni sono irresistibili ma, chiaramente, verranno suonate in maniera sublime. Rea, indiscutibilmente, giganteggia su tutti; oramai conosciamo il suo modo di restituirci temi notissimi filtrati da una sensibilità sopraffina.

Impossibile non rimanere ammaliati dalla sua sapiente orchestrazione, perché di orchestrazione si tratta. Danilo Rea conosce a tal punto le risorse timbriche del pianoforte da donarci, di volta in volta, suggestioni caleidoscopiche, col chiaro intento di riprodurre sonorità strumentali differenti eppur sempre pertinenti.

Moriconi e Golino sono i migliori compagni d’avventura per il “nostro” campione, e contribuiscono - di classe - ad un risultato finale che definirei lussuoso ed elegante al tempo stesso.

Una magia, un’altra magia che ci regala Umbria Jazz Winter.

A voi il buongiorno, a me la buonanotte.


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