cultura

La quercia secolare di Monteleone. Il ricordo a venti anni dalla caduta

domenica 7 ottobre 2018
di Sergio Giovannini
La quercia secolare di Monteleone. Il ricordo a venti anni dalla caduta

Dai ricordi della scuola emergono ancora i versi del Pascoli che il maestro Franco ci fece imparare: "Dov’era l’ombra or sé la quercia spande / morta, né più coi turbini tenzona …", quasi presagio a ciò che il 15 settembre 1998, giusto venti anni fa, è accaduto alla bellissima quercia imponente, maestosa, forte, da sembrare immortale, che sorgeva lungo il viale d’ingresso di Monteleone, accanto alla scuola.

La grande quercia secolare, della specie "Quecus pubescens", comunemente denominata Roverella, che aveva un’età stimata di circa 300 anni, accoglieva chiunque arrivava in paese con i suoi due grandi tronchi protesi come due braccia aperte e accoglienti, la sua folta chioma ha offerto, nel tempo, ombra e sollievo al viandante ed accoglieva, nelle caldi estate tutti i paesani che l’avevano eletta quale luogo di appuntamento e di incontri, "Se vedemo sotto la cerqua" era un ritornello consueto dei monteleonesi.

In una manifestazione organizzata dalle scuole e dal Comune, alla quercia fu rilasciata una carta d’identità, proprio come se fosse stata un cittadino del paese, una carta grande, proporzionata alla grandezza della pianta; nella fantasia dei bambini si raccontò, quel giorno, che in gioventù l’aveva colpita un fulmine che la spezzò in due ma sopravvisse e generò due grossi tronchi uniti però alla base. Nel suo libro Monteleone, Luigi Lemmi, tra storia, racconti e aneddoti, ci informa che "dei boschi che coprivano un tempo ormai lontano, la zona, resta, al limite del borgo, solo una quercia secolare dalla chioma grande e viva".

Un aneddoto ricordano i monteleonesi che io voglio scrivere, così come me lo hanno raccontato: quando il comune nel dopoguerra decise di riordinare l’area intorno alla quercia ingaggiò due lavoranti: Nazzareno Maresci, Neno, e Luigi Amandolini, il Bigi, entrambi personaggi simpatici, scherzosi e ironici che di buon mattino si misero all’opera. Ad un certo punto scorsero, in lontananza, il sor Piero, Pietro Momaroni, ricercatore e scrittore della storia paesana, che faceva la sua passeggiata mattutina. Conoscendo la persona, lasciarono gli attrezzi, misero in bella mostra il segaccio, grossa sega a due manici adatta per tagliare i tronchi, presero in mano due grosse asce, gli accettoni, e confabulando, col sorriso sotto i baffi, si fecero vedere intenti e indaffarati a decidere il da farsi del loro lavoro.

Il sor Piero non tardò ad arrivare e, come dalle aspettative, con la sua solita curiosità subito chiese: "E … cosa state facendo" e i due all’unisono risposero: "Eh! sor Piè, sapeste, el Comune c’ha dato l’incarico de buttà giù la cerqua". Con le mani alzate quasi inorridito: "Per carità, fermate tutto, chiamate il sindaco, non toccate niente!", rispose gridando il sor Piero, che fu poi subito rassicurato dai due che se la ridevano godendo di quella simpatica pausa lavorativa.

In realtà forse già quel lavoro e le successive sistemazioni del terreno dove sorgeva la quercia, compreso tra via Roma e la Strada Umbro Casentinese, come la costruzione di un muro di contenimento intorno alle radici della pianta, inconsapevolmente ne cominciarono a minacciare la salute divenendo con il tempo la causa di quella “carie fibrosa” che si è sviluppata nei tessuti interni della base e che ha determinato lo strappo e la caduta di uno dei due tronchi e la conseguente decisione di abbattere anche l’altro considerato ormai instabile e quindi pericoloso.

Un velo di tristezza reale scese nel paese e nei monteleonesi quel 15 settembre di venti anni fa e non era difficile vedere molti volti rigati dalle lacrime agli occhi. Nella concitazione del momento, nella frenesia di voler fare cassa a tutti i costi fu anche subito deciso di vendere i poveri resti della quercia caduta. Forse si poteva riflettere un po’ e magari usare il legname che se ne poteva ricavare per fare i tavoli e i banchi per la sala del Consiglio Comunale, così la vecchia quercia, "la cerqua", avrebbe continuato a vivere tra la nostra gente, ma chissà, forse per realizzare questa idea siamo ancora in tempo.

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