cultura

C'è un po' di Orvieto nella mostra su Francesco Mochi allestita a Montevarchi

giovedì 5 luglio 2018
di Davide Pompei
C'è un po' di Orvieto nella mostra su Francesco Mochi allestita a Montevarchi

Nato a Montevarchi, in provincia di Arezzo, nel 1580, Francesco Mochi è universalmente conosciuto come l’autore della prima scultura barocca del mondo, ovvero l’Angelo Annunciante per il Duomo di Orvieto, che "racchiude le meraviglie del Rinascimento e la tecnica del Manierismo per spalancare le porte alla bellezza, appunto, del Barocco". A lui, la città toscana ha dedicato la mostra fotografica "Francisci Mochis de Montis Varchi", inaugurata mercoledì 3 luglio nella Chiesa di Sant'Andrea a Cennano, dove resterà fino a domenica 9 settembre, a chiusura della festa patronale. A celebrare la grandezza dello scultore, oltre 40 scatti di grande formato di Luca Canonici, tenore - nel 2010 si classificò secondo al Festival di Sanremo duettando con Pupo ed Emanuele Filiberto di Savoia in "Italia Amore Mio" - ma anche fotografo.

Prodotta dal Museo Arte Sacra San Lorenzo, l'allestimento progettato da Nicola Pisacane, docente presso l'Università degli Studi di Napoli, ripercorre le opere che Mochi realizzò ad Orvieto ma anche nelle città di Piacenza, Perugia, Roma, Gravina di Puglia. Il progetto gode del patrocinio del Fondo Edifici di Culto del Ministero dell'Interno, dei Comuni e del Museo dell'Opera del Duomo di Orvieto. Le foto sono raccolte in un elegante catalogo cartonato – fasciato con tela, serigrafia in bianco – edito da Aska e curato da Aldo Ferrucci, che sarà presentato sabato 7 luglio nel Chiostro di Sant’Andrea a Cennano, adiacente alla mostra, nell'ambito degli eventi della "Notte Magica".

Oltre a celebrare, con uno stile personale e suggestivo, la figura dello scultore montevarchino attraverso le opere collocate in diversi luoghi della penisola, la mostra sembra suggerire anche la volontà di valorizzare meglio l'artista. L'ultima iniziativa in questo senso nella città toscana risale al 1981 quando venne allestita la mostra "Francesco Mochi fotografato da Marcello Bertoni".

Quest'anno, però, tra le iniziative collaterali c'è anche quella della Pasticceria Bonci che ha appositamente realizzato la Torta Mochi come segno di una città che si stringe intorno al suo scultore. "La bagnatura liquorosa che permette a questa prelibatezza di esser priva di conservanti artificiali - assicura chi l'ha assaggiata - le conferisce quell’unicità impossibile da non provare e difficile da abbandonare, favorita dalla delicatezza di un impasto genuino".

Tra i presenti all'inaugurazione, in rappresentanza di Orvieto, oltre al curatore del Museo dell'Opera del Duomo Alessandra Cannistrà, anche Marco Sciarra, titolare del Pozzo della Cava, entrato in contatto con il direttore del Museo Diocesano di Montevarchi anche in occasione dell'intitolazione della Scuola Primaria di Sferracavallo al soprano "riscoperto" Erminia Frezzolini, avvenuta ad aprile 2016.

"Canonici – spiega Sciarra, sminuendo il ruolo riconosciutogli per l'organizzazione della mostra – ha smosso le sue conoscenze, che hanno donato importanti cimeli originali alla scuola ed è anche venuto alla cerimonia, confondendosi tra la folla di genitori e curiosi. Fu in quell'occasione che gli venne la voglia di immortalare le opere di Francesco Mochi, suo concittadino, sparse per l’Italia. Ovviamente non poteva tralasciare Orvieto e, non avendo altri contatti in loco, si è fidato di me per sentire l’Opera del Duomo e il Comune.

Numerosi cambi di poltrone tra presidenze, sindaci e giunta non l’hanno scoraggiato e qualche mese fa è venuto a scattare le foto, con l’aiuto delle scale prestate dal Comitato Festeggiamenti Sant'Antonio di Orvieto, poi a presentare l’idea del catalogo e infine ad accordarsi per portare la mostra ad Orvieto". Forse già a novembre di quest'anno.

In attesa che ciò avvenga, è possibile comunque raggiungere Montevarchi per godere di "scatti meravigliosi, allestimento decisamente non-banale in un luogo di assoluto prestigio. Nessuna voglia di fare un documentario fotografico né di esporre cartoline oleografiche, ma l’assoluta celebrazione di un genio e l’istigazione ad andare a vedere dal vero quelle meraviglie e ad assaporarne i dettagli facendo fare ai nostri occhi il percorso suggerito dalle suggestive luci di quegli scatti".