cultura

Necropoli del Vallone di San Lorenzo, dagli scavi affiorano "risultati straordinari e inattesi"

sabato 2 dicembre 2017
di Davide Pompei
Necropoli del Vallone di San Lorenzo, dagli scavi affiorano "risultati straordinari e inattesi"

"Confini immaginari: conoscenze acquisite, nuove indagini e prospettive future per una rilettura dell'area sepolcrale" sono state al centro venerdì 1° dicembre della presentazione, tenutasi nella Sala Consiliare del Comune di Montecchio, dei risultati preliminari ma decisamente importanti della campagna di scavo che ha interessato quest'anno la Necropoli del Vallone di San Lorenzo, situata sul versante Sud-Occidentale del moderno abitato, lungo l'omonimo fosso tributario del Tevere.

Un luogo, carico di storia – immerso in un contesto naturalistico che conserva giacimenti che attendono di essere resi fruibili – dove sono da poco terminate le prime indagini archeologiche, connesse allo studio dello sviluppo in antico di una parte dell’area comunale, concentrate principalmente sui terreni presenti lungo il Fosso di San Lorenzo, caratterizzato dalla presenza della vasta necropoli, in uso dal VII-VI secolo a.C. fino alla fine del IV e inizi del III secolo a.C.

Il progetto di ricerca è il risultato di una convenzione firmata nel 2016 tra il Comune e il Dipartimento di Lettere – Lingue, Letterature e Civiltà Antiche e Moderne dell’Università degli Studi di Perugia, finalizzata alla ricerca ma anche al recupero e alla valorizzazione di beni archeologici. Collaborazione, estesa a Forze dell'Ordine e realtà territoriali, che rappresenta un'occasione rara e auspicabile di studio, salvaguardia e promozione del territorio.

"L'Amministrazione Comunale – ha sottolineato, dal canto suo, il sindaco Federico Gori rivolgendosi soprattutto ai bambini presenti – intende incrementare l’attività di ricerca con lo scopo principale di valorizzare il patrimonio storico-archeologico del suo territorio, assolutamente fondamentale per la comunità locale, non solo per una maggiore conoscenza dei beni archeologici presenti nel comprensorio, ma anche per la loro salvaguardia, valorizzazione e maggiore fruibilità da parte di visitatori e ricercatori".

I dati sin qui elaborati gettano le basi per un progetto di ricerca accademica di lunga durata e rilevanza internazionale, che prevede lo sviluppo di un’analisi dettagliata del patrimonio archeologico del Comune, sia attraverso l’impiego di metodologie tradizionali quali ricognizione e scavo stratigrafico, sia di nuove tecnologie informatiche come GIS mapping e digitalizzazione di dati georeferenziati delle evidenze archeologiche presenti, per comprendere appieno il rapporto tra la presenza di eventuali insediamenti e il territorio.

Sotto la direzione scientifica di Gian Luca Grassigli, ordinario di Archeologia Classica, una ventina di studenti dell'Ateneo perugino e di altre università italiane tra cui quella di Bologna, hanno operato con la concessione del Ministero dei Beni e delle Attività Culturali e del Turismo, la supervisione di Giovanni Altamore della Soprintendenza Archeologia, Belle Arti e Paesaggio dell’Umbria e il contributo tecnico degli archeologi Stefano Spiganti e Francesco Pacelli.

"In Età Pre-Romana – hanno spiegato, con il supporto di alcune immagini dello scavo – il territorio era occupato da diversi complessi abitativi, non molto grandi, organizzato secondo un modello abbastanza diffuso di tipo paganico-vicanico. Ad oggi, non sono molti i dati archeologici di cui disponiamo, ma individuano l’abitato più importante e rilevante presso l’altura soprastante di Copio, luogo di puntuali ricerche di superficie che hanno individuato presenza di materiale che denota una continuità di vita parallela a quella della Necropoli di San Lorenzo.

L’area archeologica, oggetto di numerose opere di valorizzazione e visitata da un numero sempre crescente di turisti, è stata oggetto di una serie di campagne di scavo condotte dalla Soprintendenza dal 1975 fino al 2000. Sono state individuate una cinquantina di tombe in gran parte manomesse da scavi clandestini. Si tratta di sepolture a camera che si sviluppano sui fianchi del vallone, scavate direttamente nel banco naturale da cui si accede attraverso un breve dromos realizzato a cielo aperto.

Le camere sono caratterizzate da ambienti quadrangolari, con tetto displuviato e munite di banchine laterali e di fondo, distintamente utilizzate per la deposizione dei defunti e dei materiali di corredo. Le tombe sono provviste di camere singole o doppie coassiali, in cui il secondo ambiente è spesso di ridotte dimensioni, talvolta con soffitto piano, a ogiva o arco. Particolare è il rinvenimento di alcune fosse destinate esclusivamente alla sepoltura di bambini, ad oggi ritenuto un uso non generalizzato e cronologicamente circoscritto".

Nelle tombe, non del tutto depredate, sono stati recuperati diversi materiali. "La tipologia degli oggetti – è stato detto – appare di assoluta qualità e denota un prestigio sociale caratterizzato da elevate disponibilità economiche e culturali. Risulta interessante la composizione dei corredi, che nella fase più antica sembra caratterizzato dalla presenza di materiale strettamente legato con l’area falico-capenate, costituito da una ceramica di impasto decorata con costolature o motivi a rilievo propri di quelle aree.

È nel corso del VI secolo a.C. che la Necropoli sembra trovarsi sotto l’influenza dominante di Orvieto che realizza in questo senso una sorta di avamposto nel territorio umbro per lo sviluppo non solo delle attività agricole ma anche della produzione artigianale e dei commerci con l’interno. La decadenza dell’area comincia inesorabile nel corso del V secolo a.C. e sembra essere conseguenza della forte espansione di Todi che nel secolo successivo, assolve una funzione mediatrice per gli scambi commerciali verso l’entroterra ed esprime una grande vitalità economica.

La fase di decrescita del sito, intensificata nel IV secolo a.C., giunge all’apice verso la fine del secolo, inizi del successivo, culminante, almeno allo stato attuale delle ricerche, con il totale abbandono dell’area. Le indagini condotte in questo primo anno di scavo si sono concentrate nelle aree poste a Nord Ovest rispetto al nucleo di sepolture individuate in passato e attualmente visitabili, nei terreni dove fino ad oggi non erano mai state effettuate esplorazioni programmate rivolte alla reale comprensione dei limiti della necropoli".

Con grande stupore degli studiosi la ricerca ha prodotto dei risultati a straordinari e inattesi, riportando alla luce una nuova parte di necropoli completamente intatta, che potrà fornire informazioni puntuali su questa parte di territorio umbro, posto sulla sponda sinistra del Tevere, e ancora avvolto da numerosi interrogativi. In passato, purtroppo, le ricerche avevano riguardato sepolture in gran parte danneggiate da scavi clandestini, che non hanno permesso una completa lettura dei monumenti. Oggi con la sensazionale scoperta effettuata dall'Università degli Studi di Perugia, inizia una nuova fase di ricerca che interessa lo sfruttamento di questa parte di territorio, soprattutto in età arcaica.

Nello specifico, nell’ultima campagna di scavi archeologici è stata messa in luce una tomba a camera del tipo ben documentato nella zona, scavata direttamente nel banco naturale di origine sedimentaria, provvista di due ambienti di forma quadrangolare, di cui il primo munito di due banchine laterali, mentre il secondo conserva due lettini laterali e uno di fondo.

"Purtroppo – è stato ribadito – la presenza decennale nell’area di una vigna ha provocato il crollo della volta della prima camera, mentre nella seconda, anche se in pessime condizioni, è ancora presente e di forma ogivale. Nonostante questo, il cedimento della tomba ha da una parte danneggiato il materiale di corredo, mentre dall’altra ha impedito gli scavi clandestini che hanno interessato le tombe conosciute, sigillando quasi totalmente la sepoltura, e rendendola integra sotto tutti i punti di vista.

Si è potuto constatare che il secondo ambiente era adibito esclusivamente alla deposizione degli oggetti di corredo, mentre nel primo, sulle banchine, sono ancora conservati gli scheletri dei defunti oltre ad altri numerosi oggetti ad essi appartenuti. Si tratta di vasi in bucchero nero di produzione orvietana (kantharoi, kyathoi, kylikes, oinochoai), ceramica attica a figure nere e ceramica di produzione locale. Presenti anche materiali in metallo, come fibule, ferma trecce in argento, anelli, oltre che a una spada in ferro appartenuta all’individuo maschile della tomba come simbolo di potere.

Una puntuale indagine stratigrafica fornirà in futuro, dati esaustivi sulla effettiva consistenza del sito e sul suo stato di conservazione, e permetterà di stabilire la possibilità di una sua eventuale valorizzazione con lo scopo di rendere l’area fruibile, e ampliare il percorso di visita dei beni culturali cittadini. I materiali archeologici recuperati, una volta inventariati e catalogati, andranno a far parte della raccolta museale che compone l'Antiquarium Comunale, per ampliarlo e renderlo maggiormente appetibile dal punto di vista turistico".