cultura

Grazia Di Michele al Festival del Dialogo. Con Raffaele e Andrea, è subito Gioia

venerdì 30 ottobre 2015
di Davide Pompei
Grazia Di Michele al Festival del Dialogo. Con Raffaele e Andrea, è subito Gioia

Piccolo, il palco. Profetici, i nomi. Trattiene un po' di quella poesia rarefatta, il Palazzo del Capitano del Popolo. S'impregna delle tinte che per una sera lo vestono, il tufo delle arcate della Sala Expo. E, a piccoli passi, si carica presto di significato anche l'epilogo della seconda giornata della seconda edizione del "Festival del Dialogo", affidato a Raffaele Petrangeli con cui ApertaMenteOrvieto ha iniziato a collaborare a maggio, per l'evento "Oltre la finestra".

Con ammirevole tenacia persegue, l'associazione, l'ambizioso obiettivo di promuovere il belligerante villaggio rupestre, a Città del Dialogo. Il cantautore e musicista orvietano, venerdì 23 ottobre, giusto a fine serata, si prende, intanto, gli applausi condividendoli schivo, dietro un mazzo di fiori con chi tra altri fiori – quelli di Sanremo – ha dato voce alle sue parole.

Fa da apripista, Andrea Gioia, di origini tiburtine ma orvietano d'adozione. Già applaudito ad "Umbria Folk Festival" e vincitore del Best Song Award al "Sonic Factory 2013", gli bastano quattro pezzi per arrivare immediato a stomaco e gola. Distilla rapido un condensato di rara forza e dolcezza, in cui la parola graffia struggente e, rassicurante, accarezza. Con essenziale efficacia, la sua musica arriva e "Diventa l'immenso".

Borsalino e chitarra, dà forma al colore dei rumori, al profumo delle cose, nelle cose. Scolpisce a suon di immagini domestiche e coperte stese al sole. Perché, in fondo, "La domenica non serve niente". È un invito a restare quello che arriva, suggestivo e rotondo, con "Il mio tempo migliore". E allora, non c'è carezza più adatta, se non quella ispirata dal figlio a cui è dedicata "Per dare un nome alla bellezza".

Attinge, invece, a un repertorio di cantautorato al femminile lungo almeno trent'anni, rinverdito dalla recente pubblicazione dell'album "Il mio blu" alla cui stesura ha preso parte anche Petrangeli, Grazia Di Michele. Bionda e romana, ad Orvieto porta una selezione dei suoi brani più spirituali in una versione mai sperimentata in pubblico, con un accompagnamento acustico composto da due chitarre – la sua e quella di Fabiano Lelli – l'inedito sax di Javier Maffei e il set di percussioni di Andy Bartolucci.

Sedici, in tutto, i brani cantati. Uno – "A mio figlio" – in verità, solo accennato. Dalla "Preghiera" al contrario, "perché – dice – è difficile credere" alla storia scritta alle Seychelles di "Rudji", la bambina che "non ha mai visto la neve, vive in un'isola creola" e "che per sua fortuna non ho mai incontrato a Milano, con uno straccio in mano".

Inseguendo una "Nuvola", immaginando un vestito a fiori, quelli dell'estate, sulle gambe nude con cui correre per le strade del cuore senza velarsi gli occhi. "Nella mia voglia di entrare nelle condizioni degli altri – confessa – in un viaggio me lo sono anche messo addosso il Burqa. Viverci dentro significa non riuscire a guardare bene il mondo e non farsi guardare dal mondo".

"I tempi erano maturi – aggiunge poi – per portare a Sanremo una canzone che parlasse di identità sessuale, legata al travestitismo e alla non accettazione della diversità, come 'Io sono una finestra'. Ho sempre portato temi che mi stanno a cuore". Oltre al brano vincitore del Premio Lunezia, presentato con Mauro Coruzzi, anche "Gli amori diversi", portato all'Ariston con Rossana Casale affronta difficoltà e coraggio di vivere.

E poi "Passo a due", l'autobiografica "Io e mio padre", "persi e ritrovati con la musica", "Amore di passaggio". Dall'ultimo album e dalla collaborazione con Petrangeli, arriva anche "Come dondola", "una filastrocca difficilissima e carica di sdrucciole". "Meravigliosa e mistica", "La sua figura" scovata nel repertorio di Giuni Russo. E una poesia di Piero Ciampi come "Senti, io per averti ho passato la frontiera, ti ho portato con coraggio qui nel mio cuore. E ti ho dato un giardino qui da me...".

Affronta il tema dell'assenza, "Bianco". Si recupera il ritmo, come la notte della luna di maggio, con "Semplice". Fino all'inossidabile manifesto "Le ragazze di Gauguin". Un atto dovuto, a suggellare l'intesa con la platea. La condivisione, attraverso la musica. Il dialogo, in ogni linguaggio.

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