In ricordo del 14 giugno 1944. “Orvieto, sede pro tempore di archivi storici in tempo di guerra”
Anche Orvieto, come il resto dell'Umbria, visse l'esperienza dell'occupazione tedesca e del governo fascista repubblicano tra il settembre del 1943 ed il giugno del ‘44. L'8 settembre del '43 si capovolgevano le alleanze ma la guerra continuava. L'11 ssettembre contingenti della III Divisione di Fanteria corazzata tedesca entravano da Porta Romana, comandati dal Col. Gebauer. Occuparono caserme (come la caserma degli Avieri e il Distretto militare), scuole, edifici pubblici e privati. Nel frattempo il Battaglione ‘M' (105a Legione della Guardia Nazionale Repubblicana) si era acquartierato nei locali dell'ex Accademia di Educazione fisica.
Così anche Orvieto subì l'occupazione tedesca. Ebbe l'esperienza amara dei bombardamenti, anche se limitati allo scalo ferroviario e ai ponti stradali e fluviali. La popolazione visse nelle ristrettezze dovute al sistema del tesseramento e al mercato della borsa nera. Insomma si imbattè in tutta quella serie di problematiche politiche, sociali, alimentari, igieniche, dovute alla contingenza ma inevitabile specchio della situazione nazionale.
Tuttavia, in questo clima Orvieto sembrava possedere i requisiti giusti per offrire, con una discreta siurezza, riparo a materiale documentario archivistico di una certa rilevanza. La naturale conformazione della città, arroccata su di un masso a circa m.300 di altezza; la vicinanza con Roma; la via Cassia, principale via di collegamento con la capitale; l'assenza di importanti obiettivi militari e industriali; ma soprattutto la presenza del Duomo, monumento di arte e fede, rappresentavano i principali motivi su cui enti militari e civili riposero la loro fiducia nella incolumità della nostra cittadina ai danni dovuti ai possibili bombardamenti.
Si trovò così ad essere eletta quale sede temporanea sia di gran parte del materiale dell'Archivio di Stato di Roma, sia dell'Ufficio Storico dello Stato Maggiore del Regio Esercito, mi riferisco al personale militare e ai loro archivi, corrente e storico.
Dietro suggerimento dell'allora direttore dell'Archivio di Stato di Roma, Emilio Re, il materiale di pregio di tale Archivio trovò ricovero temporaneo in Orvieto, nella Chiesa della SS. Annunziata, già da tempo chiusa al culto. Si trattava di 138 casse contenenti la collezione completa delle Leggi e Decreti dal 1861; 103 casse contenenti le carte degli ex presidenti del Consiglio; 2000 volumi preziosi dell'Archivio Camerale pontificio.
Già la nostra Biblioteca Comunale aveva provveduto a sistemare nei sotterranei di Palazzo Clementini gli incunaboli e le opere di maggior rilievo. Lo stesso direttore Angelo Della Massea si offrì personalmente per vegliare giorno e notte tale materiale, finché, passato il fronte il 14 giugno del 1944, fu tutto risistemato al proprio posto, senza che avesse subito danni di alcuna sorte.
Come sopra menzionato, anche l'Ufficio Storico dello Stato Maggiore del Regio Esercito aveva scelto Orvieto come ‘sede di campagna' nel maggio del ‘43, allorquando Ufficio al completo (107 militari di ogni ordine e grado) ed archivio storico giunsero in Orvieto, trovando collocazione in alcuni palazzi tra loro affatto distanti (palazzo Soliano: sede dell'archivio; palazzo Faina: uffici e archivio corrente; palazzo Viti, già Mangrossi, Biblioteca interna e comando; palazzo Valentini: mensa ufficiali).
Ebbe così inizio la Missione ORMA, dal nome convenzionale della centrale telefonica di Orvieto. Furono trasportate da palazzo Baracchini in Roma, sede dell'Ufficio Storico, 12.000 cartelle di vari fascicoli e 12.000 volumi di documenti rilegati, i diari e gli studi. Lo scopo di detta missione era cercare di preservare il prezioso materiale archivistico del Ministero della Guerra da possibili bombardamenti sulla capitale, non dissimile dall'azione del direttore Emilio Re, anch'egli deciso ad eleggere Orvieto come deposito cautelativo del materiale di pregio dell'Archivio di Stato di cui ne era direttore.
Anche parte dell'Archivio storico dell'Ufficio Storico dello Stato maggiore dell'Esercito francese, dislocato ad Estressen sul Rodano, dopo essere stato selezionato da alcuni ufficiali del nostro Ufficio Storico, fu trasportato in Orvieto e sistemato in alcune stanze del palazzo Ravizza, in piazza Ascanio Vitozzi. Si trattava di 100 tonnellate di documenti archivistici.
Con l'8 settembre del ‘43 fu preoccupazione immediata dell'Ufficio Storico impedire che il prezioso e riservato materiale archivistico non cadesse in mano dell'ex alleato. Si cercò allora di selezionare rapidamente la documentazione, bruciare quella inservibile, occultare quella ‘top secret'. Una parte di essa (relativa alla campagna di Russia e in Africa Settentrionale) venne nascosta presso abitazioni private o riportata a Roma e nascosta al Vittoriano. Altra (concernente i fronti comuni nella guerra in corso, il carteggio del Comando Supremo relativo ad eventi della I guerra mondiale, il carteggio sull'inchiesta di Caporetto) particolarmente segreta ed ‘appetibile' da parte dei fascisti e dei tedeschi, dopo essere stata rinchiusa in casse di legno, fu murata nei sotterranei del Duomo.
A questa delicata e pericolosa operazione parteciparono a fianco degli ufficiali dell'Ufficio Storico anche civili che si distinsero per coraggio e spirito di abnegazione. Tra di essi mi piace ricordare Giuseppe Brizi, nativo di Assisi, ‘regio custode ai monumenti e scavi per la zona di Orvieto', assunto dall'Opera del Duomo nel 1939 in qualità di custode. Di lui, alcuni anni fa, rinvenni un memoriale presso l'archivio dell'Uffcio Storico dello SME, in cui narra le vicende dell'archivio storico di tale ente durante la permanenza in Orvieto nel 1943. Lui stesso si ritrovò coinvolto in prima persona nelle operazioni di salvaguardia della documentazione archivistica. Fu sua l'iniziativa di nascondere le casse contenenti i documenti più riservati nei sotterranei del Duomo, avendo avuto ‘carta bianca' dal presidente dell'Opera, Luigi Petrangeli, riguardo alla scelta del nascondiglio.
Quando si costituì la Repubblica Sociale Italiana, l'Ufficio Storico ricevette l'ordine di un ulteriore trasferimento al Nord. Giuseppe Brizi allora fece di tutto per boicottarne le operazioni, contravvenendo agli ordini militari, sabotando gli autocarri destinati al trasporto della documentazione e dichiarando il falso. Immaginava - i fatti gli dettero poi ragione - che l'archivio potesse subire danneggiamenti, manomissioni, trafugamenti o bombardamenti durante il viaggio. In alcuni casi vi riuscì, soprattutto riuscì a trattenere nel loro nascondiglio segreto quelle casse nascoste nei sotterranei del duomo. Lui, eroe comune, si fece paladino di una causa che varcava i confini locali, in nome dell'amore per la sua patria e per la memoria storica del suo paese, l'Italia.
In seguito alla liberazione di Orvieto da parte delle truppe alleate, la documentazione archivistica nascosta nei sotterranei della Cattedrale potè essere tirata fuori dal nascondiglio e tornare a Roma sana e salva. Stessa sorte non toccò a quella parte di archivio che era stata trasportata al Nord. Dopo varie peregrinazioni in varie località, passata la guerra potè anch'essa rientrare in Roma, ma certamente non senza aver subito danneggiamenti e dispersioni, previste dalla lungimiranza del nostro Brizi. Egli, uomo comune, eroe per caso, ricevette diverse onorificenze da parte dei Ministeri dell'Istruzione e della Difesa; fu nominato anche Cavaliere della Corona d'Italia. Ma da nessuno è conosciuto e ricordato, nemmeno nella sua città natale, Assisi.
La sua è una storia ‘comune', che narra una vicenda di ‘resistenza non violenta', condotta da un eroe ‘normale'. E' un po' il racconto del trionfo dell'Arte e della Cultura sul sangue e sulle armi. Credo che la storia sia fatta anche di piccole storie come questa, storie vere, dove emergono forti valori e sentimenti umani, oggi forse un po' dimenticati: l'amore per la patria e per la memoria storica. Non bisogna poi dimenticare che se parte della nostra storia nazionale fu salva è anche stato merito della nostra antica Cattedrale, posta in un luogo ancora più vetusto, in particolare etrusco. Un'‘isola terrestre', una cittadella della memoria, che lo spirito universale della cultura, dell'arte e della fede seppe risparmiare ai danni bellici.
Di Roberta Galli, ISAO, leggi anche 14 GIUGNO 1944. Orvieto, Città aperta

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