"Con la morte di Papa Francesco il mondo perde la voce profetica più limpida sulla pace"

Nel pomeriggio di lunedì 21 aprile in Duomo, come annunciato, monsignor Gualtiero Sigismondi, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi, ha presieduto la messa in suffraggio di Papa Francesco invitando tutte le comunità parrocchiali diocesane a promuovere momenti di preghiera per affidare il Santo Padre alla misericordia del Signore. Di seguito il testo dell'omelia in forma integrale:
Fratelli e sorelle carissimi, oggi il Signore ha chiamato a sé il Santo Padre. Papa Francesco, “pellegrino di speranza”, “si è addormentato nella speranza della Risurrezione”: “La mia carne riposerà nella speranza” (At 2,26). Il Signore, che dispone i tempi del nascere e del morire, gli ha concesso di impartire, alla vigilia del suo “transito”, sia la Benedizione “Urbi et Orbi”, dalla Loggia centrale della Basilica Vaticana, sia di scendere per l’ultima volta in Piazza San Pietro come “servo premuroso del popolo di Dio”. Con la morte del Vescovo di Roma, “venuto dalla fine del mondo”, si spegne la voce profetica più limpida sulla pace; con la scomparsa del Successore di Pietro la Chiesa perde chi le ha insegnato che “ogni autorità cresce solo nella prossimità”.
È opportuno ascoltare un brano del Messaggio pasquale di Papa Francesco, di cui ha dato lettura S.E. mons. Diego Ravelli, Maestro delle Celebrazioni liturgiche pontificie. “Oggi nella Chiesa finalmente risuona l’alleluia (…). Dal sepolcro vuoto di Gerusalemme giunge fino a noi l’annuncio inaudito: Gesù, il Crocifisso, non è nella tomba, è risorto (cf. Lc 24,6). L’amore ha vinto l’odio. La luce ha vinto le tenebre. La verità ha vinto la menzogna. Il perdono ha vinto la vendetta. Il male non è scomparso dalla nostra storia, rimarrà fino alla fine, ma non ha più il dominio, non ha più potere su chi accoglie la grazia di questo giorno. Nella passione e nella morte di Gesù, Dio ha preso su di sé tutto il male del mondo e con la sua infinita misericordia l’ha sconfitto: ha sradicato l’orgoglio diabolico che avvelena il cuore dell’uomo e semina ovunque violenza e corruzione. L’Agnello di Dio ha vinto! (…). Cristo è risorto! In questo annuncio è racchiuso tutto il senso della nostra esistenza, che non è fatta per la morte ma per la vita. La Pasqua è la festa della vita! Dio ci ha creati per la vita e vuole che l’umanità risorga! (…). Nella Pasqua del Signore, la morte e la vita si sono affrontate in un prodigioso duello, ma il Signore ora vive per sempre (cf. Sequenza pasquale) e ci infonde la certezza che anche noi siamo chiamati a partecipare alla vita che non conosce tramonto (…). Affidiamoci a Lui che solo può far nuove tutte le cose (cf. Ap 21,5)!”.
La vita di Papa Francesco, “vero discepolo del Signore Gesù”, è stata interamente dedicata a Dio nel servizio alla Chiesa, della quale ha tracciato questo nitido profilo missionario. Serve una Chiesa “pellegrina di speranza”, consapevole della necessità di porsi “in assetto di missione permanente”. Serve una Chiesa che, riscoprendo le “viscere materne” della divina misericordia, non esiti a raggiungere i “crocicchi delle strade”. Serve una Chiesa capace sia di spogliarsi di ciò che non è essenziale, sia di non ripiegarsi su preoccupazioni di ordinaria amministrazione. Serve una Chiesa “ospedale da campo”, fatta di pastori pronti a “camminare con il popolo, a volte davanti, a volte in mezzo e a volte dietro: davanti, per guidare la comunità; in mezzo, per incoraggiarla e sostenerla; dietro, per tenerla unita”. Serve una Chiesa che, con serena fiducia, sappia riconoscere il bisogno di Vangelo presente ovunque e lo trasmetta “nella forma del contatto, da persona a persona, come una fiamma si accende da un’altra fiamma”. “Dio arriva sempre prima di noi, sempre ci precede! Anche nei posti più lontani, nelle culture più diverse, Dio sparge dovunque i semi del suo Verbo”. Serve una Chiesa convinta che il cuore umano è fatto per il grano e che il tempo della zizzania è già irrevocabilmente fissato. Serve una Chiesa che testimoni il Vangelo in maniera più semplice, più profonda e più irradiante, “se necessario anche con le parole”. Serve una Chiesa che non può fare a meno del polmone della preghiera, ma senza rifugiarsi in qualche falsa spiritualità: “la contemplazione che lascia fuori gli altri è un inganno”. “Se ci dedichiamo ad aiutare qualcuno – si legge nell’enciclica Dilexit nos – non significa che ci dimentichiamo di Gesù. Al contrario, lo troviamo in un altro modo. E quando cerchiamo di sollevare e guarire qualcuno, Gesù è lì accanto a noi (…); è il suo amore che si manifesta attraverso il nostro servizio, è Lui stesso che parla al mondo in quel linguaggio che a volte non può avere parole”.
Fratelli e sorelle carissimi, con immensa gratitudine raccomandiamo all’amore misericordioso di Dio l’anima di Papa Francesco. Egli, che ha presieduto nella carità il gregge dei fedeli, riceva la ricompensa promessa ai ministri del Vangelo. Costituito fondamento visibile dell’unità della Chiesa, sia felicemente accolto nella beatitudine della Comunione dei santi. Trovi spalancata la “Porta santa” del cielo di cui sulla terra ha stretto le chiavi tra le mani, “pro tempore”.

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