Ciao Flavio, ragazzo dall'animo buono

Probabilmente quando si accumulano racconti, aneddoti, risate e leggende tutte sulle spalle di una persona, c’è in fondo alla via una ragione. Un elenco interminabile di storie che si perdono negli anni, e si confondono tra chi le racconta avendole vissute e chi, ormai avendole ascoltate tante volte, le tramanda con la fierezza di esserne il detentore. Forse, però, solo quando la tristezza del presente ti stronca ogni rapporto col futuro, ti accorgi che tutte quelle storie, seppur bislacche, strampalate e strambe che fossero, erano il testamento più sincero che la bontà umana potesse aver scritto per un ragazzo andato avanti troppo presto.
Da quel sonno calato sui suoi occhi all’inizio del mese di marzo, Flavio Polegri non si è più svegliato. Ha lasciato che la notte lo portasse con se nel silenzio di una vita che, a modo suo, ha fatto fragore. Certo, diciamocelo perché altrimenti non saremmo coerenti, c’ha fatto salire il nervoso quando non sapevi mai se arrivava in tempo, e come arrivava. Quando non c’era una volta che suonava mai la stessa parte, quando ne combinava talmente grosse che serviva un pizzicotto per farti capire che non stavi sognando. Ma era un soffio di vento. Non si poteva raggiungere mai il punto di non ritorno, perché Flavio era come una di quelle foglie d’autunno che ti fermi a guardare mentre il vento la fa danzare leggera regalandoti un soffio di serenità.
Volava via nella vita di tutti i giorni con quelle fragilità che talvolta lo descrivevano per quello che non era. Un po’ come la musica che amava visceralmente, era talvolta prigioniero di una melodia che lo incatenava e altre volte geniale nel costruire armonie indimenticabili. Era così Flavio Polegri: capace di recuperare un bombardino, o meglio quello che ne rimaneva, dalla vetrina di un negozio e presentarsi il giorno della processione del Corpus Domini suonandolo senza nessuna percezione di imbarazzo. Oppure capace di ricordarsi l’ora e la data esatta di un episodio avvenuto almeno venti o trent’anni prima, mostrando una capacità di memoria fuori dal comune. Bastava farsi scappare la data di nascita anche di un parente di terzo o quarto grado che potevi metterci l’orologio che in prossimità del compleanno ti ricordava di inviargli gli auguri.
E per questo molte volte in tanti ci domandavamo perché, e avremmo voluto tentare di domare le sue fragilità, ma la vita troppe volte reagisce senza trovare spiegazioni plausibili. Quel volto dai lineamenti ovattati portava i segni delle tante rincorse, ma non riusciva a nascondere l’anima buona e pura di Flavio. Mai una parola che potesse ferire usciva dalla sua bocca. Quando la sua vulnerabilità lo bloccava, gli occhi si calavano verso il basso e il pensiero si mescolava al silenzio. Chissà cosa pensasse Flavio in quei suoi silenzi, che talvolta arrivavano all’improvviso, mentre un discoro o una considerazione s’interrompeva di botto. Come a volersi dedicare ad una solitudine difensiva, ma non troppo, per poi riemergere e volare lontano.
Caro Flavio, amico di indimenticabili giornate musicali, di sgangherate arringhe e strane consuetudini, ad ognuno, che c’era o non c’era, hai lasciato una storia da raccontare, un patrimonio di vita che seppur maledettamente breve, sarà ogni giorno il dono più prezioso per i nostri cuori: il sorriso. Grazie Flavio.
Ciao Flavio

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