ambiente

Comunità Rurale Diffusa: "Il Comune cambia il progetto della Complanare rendendolo ancora peggiore"

martedì 12 ottobre 2021

"Il Pil dei singoli Paesi sta alla base delle decisioni politiche e la missione dei governi sembra essere quella di aumentarlo il più possibile. Obiettivo che però è in profondo contrasto con l'arresto del riscaldamento climatico. Il Pil non è una buona misura dell'economia, cattura la quantità, ma non la qualità della crescita". (Giorgio Parisi, Premio Nobel per la Fisica, 8 ottobre 2021)

Gli amministratori cambiano, ma il risultato è sempre lo stesso: gli abitanti di questo territorio continuano ad essere esclusi da scelte decisive per il loro futuro, quali centrali geotermiche, fotovoltaico intensivo, monocoltura del nocciolo, discariche, cave, allevamenti intensivi. E Complanare. Anche le parole usate cambiano, così adesso, ogni giorno, sentiamo parlare di transizione ecologica, tanto che è stato creato un ministero apposta, eppure le cause del riscaldamento globale non vengono intaccate, anzi si continua a marciare al passo imperterrito dello sviluppo senza limiti.

Ed ecco quindi che, in barba alle parole e al loro significato, oggi nell'Orvietano transizione ecologica significa Complanare: una striscia lunga 3,6 chilometri che coprirà di asfalto terre, aziende agricole, tradizioni e storie personali. 3600 metri e due rotonde che cancelleranno per sempre secoli di abitudini e risorse, per semplificare il transito dei mezzi pesanti diretti e provenienti dall'autostrada e, così ci viene detto, migliorare la viabilità. Probabilmente diminuirà lo smog nel breve periodo, ma nel lungo, con migliori infrastrutture, aumenteranno i mezzi pesanti e l'inquinamento tornerà a crescere insieme al Pil: una fregatura.

Ne siamo sicuri perché l'obiettivo del Governo nazionale, dell'Europa e del sindaco di Orvieto è sempre la stessa crescita, puramente economica, e questa non può andare di pari passo con una vera, seria, salvifica transizione ecologica. Invece di puntare su economia locale e autosufficienza alimentare, ovvero diminuire la dipendenza dalle importazioni, invece di incentivare il turismo sostenibile e proteggere le tradizioni che hanno fatto di Orvieto un simbolo italiano, invece di ispirarsi a logiche che mettano al primo posto la salvezza del nostro habitat, piuttosto il Comune di Orvieto cambia il progetto della Complanare, rendendolo ancora peggiore di quello che era. Altro che ecologia. 

Così si sostiene il consumo di suolo che, in tutta Italia, nel 2020 ha visto 5175 ettari di terra cementificati o asfaltati, senza alcuna cura del futuro che toccherà prima a noi e poi ai nostri figli. In una nazione a crescita demografica nulla, qualcuno dovrebbe spiegarci perché ogni secondo che passa ci vengono sottratti 2 metri quadrati di terra, definitivamente non più disponibili per produrre cibo ed economia sana. A chi giovano questi 2 metri quadri al secondo?

A nessuno, perché anche coloro che oggi ci stanno lucrando sopra, presto ci rimetteranno come tutti noi. Infatti, nel suo ultimo rapporto, l'ISPRA ci spiega che solo dal 2012, a causa del consumo di suolo i taliano, abbiamo perso l a possibilità di produrre più di 4 milioni di quintali di cibo, di raccogliere sotto terra 360 milioni di metri cubi di acqua (quelli che poi finiscono per creare i nondazioni e allagamenti) e di stoccare oltre 3 milioni di tonnellate di carbonio, il che equivale ad aver messo in circolo un altro milione di autoveicoli. Questo è ciò che comporta l'approvazione di progetti come la Complanare, valutati in maniera superficiale e non lungimirante, un modus operandi che denota come il Comune di Orvieto tiri a campare in un contesto che non ha il coraggio di cambiare.

Quindi, al momento, per gli amministratori di Orvieto la verità dietro le parole è questa: transizione ecologica significa mantenere alto il livello di import-export su lunghe distanze tramite mezzi di trasporto a gasolio, ricoprire di asfalto orti documentati sin dal Medioevo, mettere in pericolo la coltivazione e le economie costruite in questi anni intorno a prodotti tipici come il Fagiolo Secondo del Piano, lasciare alle nuove generazioni dei luoghi di servizio sterili senza radici, senza storia, senza niente da insegnare. A questo punto, di fronte alla nostra voce che vuole unirsi a quella di tutte le persone che ogni giorno proveranno sofferenza davanti a questa Complanare, non saremmo sorpresi di sentire dal sindaco che, anche a Orvieto, la storia non conta.

In fondo anche i turisti potranno usufruire di strade più veloci e al Duomo continueranno ad andarci; in fondo della storia di quelle persone che coltivavano la terra lì sotto allo Scalo, a loro non importa. Ma a noi sì, ci importa delle persone con cui condividiamo il territorio e della capacità di questo territorio di garantire le necessarie risorse naturali per gli anni a venire. Per questo non smetteremo mai di vigilare e fare tutto quello che è nelle nostre forze per allontanarci da un futuro arido e lavorare per costruirne uno sano e accogliente per tutti, nessuno escluso.

Fonte: Comunità Rurale Diffusa