La Tuscia alla guida di una grande battaglia contro la monocultura invasiva da noccioleti

Uscito il nuovo numero di luglio della rivista "Terra Nuova" con un report di Manlio Masucci, dal titolo "Noccioland": dalla Tuscia al Valdarno, passando attraverso Umbria e Marche, l’avanzare dei noccioleti in Italia è un fenomeno vivo più che mai. Operatori bio, amministrazioni locali, scienziati e cittadini, allarmati dalla sostenibilità ambientale ed economica di tale monocoltura intensiva, si stanno mobilitando e battendo per un modello produttivo ecosostenibile e che favorisca le filiere locali.
Quella della nocciola è una coltivazione apparentemente redditizia, in quanto la richiesta di materia prima da parte di alcune grandi multinazionali è alta; tra queste Ferrero, Nestlé, Loacker. Quest’ultime infatti offrono ai coltivatori contratti di fornitura molto alti ed allettanti; così facendo capita che in zone quali quelle dell’alta Tuscia, note fin dall’antichità per la coltivazione e la lavorazione della nocciola, si favorisca la concentrazione della proprietà e soprattutto l’industrializzazione del settore.
I piccoli produttori, in questo modo, scompaiono, mentre gli investitori acquisiscono appezzamenti di terreno uno dopo l'atro. Nel Bio-distretto della Via Amerina e delle Forre, un territorio che comprende 13 comuni della Tuscia, la lotta contro la monocoltura della nocciola è viva e intensa già da qualche anno; tanto da rappresentare l’avamposto più importante di un conflitto che presto potrebbe interessare tante altre zone del Paese.
Ciò di cui viene accusata questo tipo di coltivazione intensiva è di impattare in maniera irrimediabile sul suolo, sulle falde acquifere e le acque potabili a causa dell’utilizzo di fertilizzanti chimici, erbicidi e pesticidi, come anche sulla salute degli abitanti stessi, sul lavoro agricolo, sul turismo e sulla biodiversità, portando allo scomparsa di alcuni insetti e di alcune colture meno redditizzie.
Quello della Tuscia è un territorio recentemente posto sotto osservazione dal Centro di Documentazione sui Conflitti Ambientali. Il presidente del Bio-distretto, Famiano Crucianelli, spiega che la loro non è una lotta contro la nocciola in quanto tale, ma contro la modalità di coltivazione di quest’ultima, basata sullo sfruttamento delle risorse, sulle filiere lunghe e la grande distribuzione; in nome di un’economia globalizzata che così facendo soffoca quella locale.
Come si legge nel report e secondo Coldiretti, la coltivazione della nocciola nella Tuscia coinvolge all’incirca 30 comuni e 8 mila famiglie; il 30% della sua coltivazione in Italia è concentrata in queste zone. Ma il nostro territorio, quello dell’Orvietano, non ne rimane immune; l’Altopiano dell’Alfina è quello più interessato da questo tipo di monocoltura e anche qui si è formato di recente un comitato di protesta, Comitato Quattro Strade.
Tra gli obiettivi del Bio-distretto della Tuscia, vi è quello di far comprendere il valore di un’agricoltura biologica per la nocciola, che disincentivi l’utilizzo di pesticidi e fertilizzanti chimici – utilizzati perché lo standard richiesto dalle multinazionali ai coltivatori di nocciola è molto alto e rasenta la perfezione – ed incentivi invece strategie naturali quali l’aumento del cimiciato consentito. Il quesito rimane: perché scegliere una maggiore produzione, a discapito di una migliore qualità, che potrebbe salvaguardare le nostre stesse vite?

Nota della Redazione: Orvietonews, giornale online registrato presso il Tribunale di Orvieto (TR) nr. 94 del 14/12/2000, non è una bacheca pubblica. Pur mantenendo fede alla disponibilità e allo spirito di servizio che ci ha sempre contraddistinto risultando di gran lunga l’organo di informazione più seguito e letto del nostro territorio, la pubblicazione di comunicati politici, note stampa e altri contributi inviati alla redazione avviene a discrezione della direzione, che si riserva il diritto di selezionare e modificare i contenuti in base a criteri giornalistici e di rilevanza per i lettori.