La Renara. Un paradiso da salvare

La Renara è una vasta zona che si estende per 892 ettari sull'altopiano dell'Alfina. Il suo territorio è a cavallo di due comuni, Castel Giorgio ed Orvieto entrambi in provincia di Terni. I borghi di riferimento per poter meglio identificare la zona sono da un lato Casa Perazza, una frazione del comune di Castel Giorgio, e dall'altro Canonica, frazione del comune di Orvieto.
Tale zona, ricchissima di vegetazione, fauna selvatica e selvaggina è sempre stata, e lo è tuttora, interessante anche dal punto di vista faunistico- venatorio, infatti dal 1976 è stata scelta per istituirvi una ZRC (Zona di Ripopolamento e Cattura ai fini venatori).
Nido di fagiano all'interno della Renara
L'oculata gestione di tale ZRC e le caratteristiche precipue di questo territorio hanno fatto sì che l'ambiente, in questi ultimi trentacinque anni, non solo divenisse idoneo alla riproduzione e diffusione di selvaggina con un cospicuo irradiamento anche nelle zone circostanti, ma rappresentasse un habitat ideale anche per una fauna "diversa". Una fauna fatta di mammiferi, uccelli (rapaci diurni e notturni, picchio verde e picchio rosso maggiore), insetti, rettili, anfibi di nessun valore venatorio ma di grande interesse naturalistico. Un esempio per tutti è la raganella, Hyla intermedia.
Giovane Hyla intermedia nei pressi dello stagno della Renara
Questo piccolo anfibio verde vive su alberi e cespugli in zone umide e nel periodo della riproduzione si reca in stagni o pozze d'acqua anche temporanee per deporre le uova. È egregiamente adattata alla vita arboricola grazie a dei cuscinetti adesivi sui polpastrelli che le permettono di arrampicarsi agevolmente e ad un senso dell'equilibrio molto ben sviluppato. Si difende dai predatori grazie al mimetismo: infatti il suo verde brillante le permette di confondersi efficacemente fra le foglie. È più attiva la sera e caccia mosche, zanzare e moscerini, che cattura agilmente con salti acrobatici e grazie alla sua lingua corta ma appiccicosa. Purtroppo questo grazioso esserino è sempre più raro. Alla base di questa rarefazione ci sono diversi fattori ma, se si aggiunge ad una già forte oscillazione naturale delle popolazioni anche un peggioramento delle condizioni dell'habitat con la scomparsa dei luoghi adatti alla riproduzione, il gioco è fatto. Sull'Alfina siamo fortunati perché all'interno della Renara si trova un sito riproduttivo ricchissimo di raganelle oltre che di tritoni (Triturus carnifex e Triturus vulgaris) e vi si riproduce anche la Rana dalmatina. Dunque la Renara si offre come un ottimo punto di partenza per poter tutelare queste specie a rischio di estinzione. Infatti il primo passo è quello di conservare e rafforzare le popolazioni esistenti ed i loro siti riproduttivi, azioni alla base di nuove e future colonizzazioni. Successivamente si dovrebbe fornir loro la possibilità di colonizzare nuovi habitat creando corridoi di spostamento e nuovi siti riproduttivi.
Di pari passo, nella Renara, c'è stato anche uno sviluppo di vegetazione spontanea autoctona, ma anche di licheni e di funghi, di notevole valore dal punto di vista dell'ecologia del paesaggio..A sostegno dell'importanza della ZRC non solo per fini faunistico- venatori possiamo riportare la presenza di Lobaria pulmonaria, un lichene.
Porzione di tallo di Lobaria pulmonaria su di un ramo caduto a terra. Questo lichene tende, in genere, a svilupparsi molto in alto su alberi di grosse dimensioni.
La presenza di questo organismo, rarissimo in tutta Italia ed in costante declino, è interpretata come indice di elevata naturalità di un'area. Infatti è un indicatore della continuità ecologica delle foreste, della biodiversità lichenica ma anche della qualità dell'aria, infatti è molto sensibile alla presenza di inquinanti atmosferici ed alle piogge acide. Anche le pratiche selvicolturali impattano sulla sua distribuzione; poiché cresce in presenza di alberi di grosse dimensioni nei boschi soggetti a ceduazione la L. pulmonaria non è presente.
Tra la folta vegetazione spontanea della Renara, nei boschi (non cedui) e nelle zone più selvatiche, tra le siepi e i campi è facile rintracciare numerose varietà antiche di alberi, arbusti e piante spontanee autoctone che forniscono cibo e riparo alla variegata fauna selvatica che qui ha trovato il luogo ideale per riprodursi e svilupparsi in tutta tranquillità.
Frutti di corniolo, Cornus mas. Localmente questa pianta è detta "crognolo" ed è più conosciuta per la durezza del suo legno che non per la ottima commestibilità dei suoi frutti.
Nei boschi della Renara, in particolare in quelli non soggetti a taglio da lungo tempo, dove quindi l'ecosistema ha raggiunto il suo equilibrio (climax), è possibile trovare una ricchissima flora fungina. Le specie presenti vanno dalle più note e ricercate specie eduli quali i porcini (Boletus aestivalis e Boletus aereus), i galletti (Cantharellus cibarius), gli ordinari (Clitocybe geotropa e Lepista nuda) e le mazze di tamburo (Macrolepiota procera) alle più pericolose per l'uomo, quale l'Amanita phalloides, passando per centinaia di altre specie importantissime per l'equilibrio dell'ecosistema.
Porcino, Boletus aestivalis.
Amanita phalloides, velenosa mortale, è fra i funghi più comuni nella Renara e sull'Alfina in generale.
All'interno della Renara, insieme alle specie animali e vegetali spontanee, esistono ancora antiche varietà autoctone di ortaggi, cereali, legumi e alberi da frutto, di enorme interesse ed a rischio di erosione genetica, che rappresentano una tra le più importanti testimonianze della locale cultura contadina da custodire, valorizzare e diffondere prima che scompaiano del tutto. Queste varietà di cultivar ortofrutticole locali, adattate alla peculiarità del terreno e del clima della zona e resistenti alle malattie, garantivano una produzione scaglionata nel tempo e una buona conservazione "naturale" per il consumo che seguiva la raccolta . Nei vecchi frutteti della Renara possiamo ancora trovare: la mela rosa e limoncella, il pero di monteleone, il ciliegio crognolino, la pesca della vigna e sanguinella, il nespolo, il sorbo, il visciolo; negli orti "conservativi" crescono, curati da molti appassionati, i pomodori terraioli e pendolini, la zucca lardara e tante altre varietà della tradizione locale. Un incredibile patrimonio genetico che rischia di scomparire per sempre nell'indifferenza generale, a favore di prodotti ibridi omologati a genetica instabile, incapaci di adattarsi agli stress climatici ed ambientali e troppo dipendenti da concimazioni chimiche ed antiparassitari sintetici. Un patrimonio che, se recuperato, sarebbe in grado di risollevare le sorti delle nostre zone "marginali" e "svantaggiate" economicamente con l'opportunità di divenire meritatamente la nicchia della qualità e della peculiarità.
Antica varietà di pomodoro, ideale per essere conservato appeso anche per diversi mesi, in uno dei numerosi Orti Conservativi della Renara.
Nella Renara la scarsa antropizzazione e le caratteristiche geo-morfologiche hanno favorito un "ritorno alla natura" e scoraggiato la diffusione di colture intensive, ed il relativo inquinamento, contribuendo a rendere tale territorio particolarmente adatto a colture tipiche e biologiche.
Anche i borghi, i casali, le strade sterrate, i lavatoi, le fonti, gli invasi d'acqua, i fossi, i muretti a secco, i terrazzamenti, le viti "maritate", i filari alberati e le siepi, immersi in un paesaggio d'altri tempi, sono una preziosa ricchezza e contribuiscono a rendere la zona unica e particolarmente interessante sul piano paesaggistico, naturalistico, rurale e culturale.
Testimonianze dell'opera dell'uomo in epoche passate sono diffuse in tutto il territorio della Renara e si offrono come un esempio di possibile coesistenza armonica tra l'uomo e la natura. Di questo passato remoto si conservano le tracce e la memoria e ci riportano all'antica consapevolezza che il nostro benessere è profondamente legato al benessere ed alla sopravvivenza delle piante e degli animali che popolano questi luoghi.
Di particolare rilievo naturalistico e faunistico è la presenza dello stagno in prossimità di Casa Perazza e del fosso che gli scorre accanto.
Lo stagno, "troscia", della Renara.
Lestes barbarus. Anax imperator. Argiope bruennichi.
Oltre ad essere il sito riproduttivo delle raganelle, come già menzionato, questo invaso costituisce un'importantissima riserva d'acqua per un numero enorme di animali; l'unica di considerevole dimensione nella Renara. Tanto per fare qualche esempio sono stati avvistati proprio qui, lepri e fagiani, germani reali, rondini all'abbeverata al tramonto, il biacco, raganelle, rane e tritoni, bellissime libellule quali Anax imperator, Libellula depressa e Lestes barbarus, molte farfalle fra cui Inachis io, molti ragni fra cui variopinti Araneus ed Argiope bruennichi e molti altri ancora; di caprioli e cinghiali sono ben visibili le tracce sulle rive fangose dello stagno. La sua collocazione, fra rimboschimenti, lo preserva anche dall'inquinamento da diserbanti e pesticidi usati in agricoltura. Fino a qualche decennio fa le campagne dell'Alfina erano tappezzate di stagni, dialettalmente chiamati troscie. Queste avevano la funzione tra l'altro di abbeverare gli animali allevati e quelli usati per la coltivazione dei campi ma fungevano anche da habitat ideale per molte specie selvatiche. Con l'avvento dei trattori e dell'agricoltura intensiva ed estensiva però questi stagni, come le "forme" (canali di raccolta delle acque piovane lungo i bordi dei campi e delle strade) ed i fossi, sono diventati un impiccio e quindi sono stati prosciugati e trasformati in coltivi. È quindi di fondamentale importanza che i pochi rimasti vengano tutelati e salvaguardati e là dove possibile ripristinati.
La Z.R.C. della Renara può svolgere un ruolo importante all'interno dell'ecosistema più ampio dell'Altopiano dell'Alfina di cui fa parte, offrendosi come esempio di un territorio parzialmente "protetto" che non ha subito interventi troppo invasivi da parte dell'uomo e che racchiude al suo interno preziose caratteristiche naturali che lo rendono unico. Il primo passo per valorizzare questo patrimonio della collettività sembrerebbe proprio quello di difenderne le peculiarità, senza cedere alla tentazione di modificarne l'equilibrio, per poi procedere nel senso di uno sviluppo ecologico a tutto tondo che non può che prendere spunto dalla storia di questi luoghi, dalla identità ancora tangibile, altrimenti candidati all'omologazione ed all'impoverimento.
*Anna Puglisi, presidente della Associazione di promozione sociale "La Renara".
"La Renara" come associazione si propone di:
- contrastare qualsiasi ipotesi di apertura alla caccia anche parziale della omonima Z.R.C.; eventualità che con la sottrazione di un'area di importanza naturalistica e faunistico- venatoria (presenza di importanti siti riproduttivi) segnerebbe la compromissione del fragile equilibrio biologico della intera Z.R.C. e porterebbe rapidamente ad un impoverimento generalizzato ed irreversibile della biodiversità animale e vegetale presente. Prova ne è che anche la componente più responsabile del mondo venatorio locale si batte per il mantenimento della sua integrità;
- salvaguardare l'ecosistema e valorizzarne le peculiarità;
- promuovere una cultura ecologica a partire dall'infanzia;
- svolgere attività di ricerca sul territorio in merito ad aspetti naturalistici, agroforestali e culturali locali con particolare riferimento alla difesa della biodiversità animale e vegetale presente.
fonte (www.altopianisti.wordpress.com)

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