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De Francesco "Sette...bellezze", il bomber che fa sognare Orvieto e l'Orvietana

mercoledì 20 gennaio 2016
di Roberto Pace
De Francesco "Sette...bellezze", il bomber che fa sognare Orvieto e l'Orvietana

E’ l’attuale capocannoniere del girone B di Promozione. E, questo, nonostante più di un’assenza, sempre motivata. Mirko De Francesco, ventinove anni, da Settebagni, ha un modo tutto personale di vedere il calcio. S’interpreta dalla prima risposta, appropriata per scoprirne personalità e concretezza:

“In tutta sincerità non mi è mai interessato più di tanto trovarmi lassù. Piuttosto, mi sento più partecipe nel fare il bene della squadra. Se poi arrivano anche i gol, ancora meglio, perché, per un attaccante ogni rete è un’iniezione di fiducia. Mi auguro di continuare così”.

Finora ne ha realizzati diciotto, Coppa Italia compresa, ma è ancora lontano dai 37 sigilli con i quali divenne l’idolo di Valmontone. Che è stata solo una, delle tante tappe, percorse fino ad ora:

“Diciamo che, il mio, è un passato un po’ da nomade, cosa, peraltro, normale per chi intraprende questo mestiere. Ho avuto modo di frequentare diverse categorie, cercando sempre di immedesimarmi in nuove realtà. Se non fai così, le figuracce sono dietro l’angolo e questo non lo voglio assolutamente. Qui ad Orvieto ho trovato un ambiente sano e posso garantire che, ambiti di questo tipo, sono sempre più rari”.

La sua storia inizia alla Lodigiani, antica fucina per giovani talenti, poi trasferiti, quasi in blocco, a Terni. Dove rimane cinque stagioni, frequenta Candreva ed altri amici, oggi affermati. Danilo Pierini, allenatore con un buon passato in rossoverde, lo vede terzino e lui si adatta. Ha fisico, potenza, lavora molto per la squadra. Quanto basta, perché Paolo Berrettini, narnese, ex commissario tecnico di svariate nazionali giovanili e oggi c.t. della Repubblica del Congo, lo sposti in una zona di campo più avanzata. Nasce l’attaccante esterno Mirko De Francesco, ruolo che non abbandonerà più. Sempre che Nardecchia…. Sorride:

“Al mister l’ho fatto presente. Domenica scorsa, a Nocera, mi è capitato di fare un recupero al 93’, che mi ha ricordato i tempi in cui giocavo in difesa”.

Due maglie azzurre, under 17 e 18, sono un bel patrimonio, conservato gelosamente:

“Sono a casa, entrambe in bacheca, insieme con quelle di Ternana e Roma”.

C’è da presumere che le divise saranno un primo, simpatico tentativo di plagio da parte di Mirko, nei confronti del figlio:

“Ho due bambini, la femmina di sei anni e il maschietto di due e mezzo. Sarei felicissimo se, il piccolino, giocasse al calcio. Ma, non farò alcuna forzatura e non sarò mai un genitore che si sente allenatore. Seguo con interesse i giovani, anche qui a Orvieto. Per il futuro mi piacerebbe fare l’osservatore, alla ricerca di giovani talenti. Mai l’allenatore. Serve troppa pazienza”.

Arriva il momento per il primo contratto. Firma, con la Ternana, un contratto di cinque anni. Come da prassi, è spedito a fare le ossa. Inizia in Sicilia, con l’Acireale, nell’anno della C1 con il Napoli protagonista. Poi Modica, cui fa seguito lo sbarco ad Olbia, dove rimane sei mesi. Perché arriva una chiamata dalla Polonia, in una formazione di serie A. Il rapporto potrebbe essere triennale, ma la Ternana, proprietaria del cartellino, si mette di traverso e Mirko si sposta in Svizzera, dove gioca per il Chiasso. Ragazzo serio e pulito si fida della parola dell’allora manager rossoverde. Beffato dalla società che, ancora oggi, ama di più, unitamente alla Roma, lascia, per un breve periodo, i pro, per mettersi alla prova nel mondo dei dilettanti. I gol segnati depongono a suo favore e torna alla Vibonese, in C2.

De Francesco, considera Piero Camilli un grande presidente. Ragion per cui, quando arriva la telefonata che lo vuole a Viterbo, non sa dire di no:

“Non ho mai avuto Zamparini quale presidente, ma ritengo i due abbastanza somiglianti. Camilli è una persona convincente, sa quello che vuole e ti dice chiaramente cosa pretende da te. Quando ha preso la Viterbese, aveva già in mente il traguardo. In fatto di schiettezza, credo di somigliargli. Con <il comandante>, ho avuto davvero un ottimo rapporto e vissuto due stagioni incredibili”.

Ventinove anni esprimono la piena maturità, circa, a metà di una carriera nella quale non è sempre facile indovinare le scelte:

“Posso dire che, se in passato avessi avuto l’attuale equilibrio, il percorso calcistico sarebbe stato migliore e diverso. Ho il rimpianto di non aver sfruttato al meglio alcune occasioni”.

Adesso gioca in Promozione. Non ha perso le buone abitudini, tipo quella di arrivare al campo per primo e uscirne ultimo. Prende il lavoro molto sul serio, è un riferimento sicuro per i compagni. A Nocera, prima della partita, si è preso cura dei tacchetti di Perquoti, sostituendoli com’era necessario. Certamente, parere del cronista, lo ritroveremo più in alto. Il suo segreto sta nel riuscire a legare subito con il mondo reale, categorie a parte. Il modo d’essere può servire da esempio per quelli più giovani:

“Quello che conta, ripeto, è l’impegno che metti in campo, indipendentemente che giochi in serie A o in terza. Devi riuscire a calarti subito nelle nuove situazioni. Ai giovani dico che, se fare il calciatore è il loro obiettivo, devono cercare di impegnarsi al massimo”.

Rispetto a come eri abituato, in Promozione ci si allena di meno e non con la stessa intensità dei professionisti. Come ti sei adattato?

“Era sicuramente diverso, per frequenza e carichi di lavoro. Anche in questa categoria, però, se c’è intensità e dai il cento per cento, la domenica ti trovi preparato”.

Nardecchia rispetta questa regola?

“E’ una persona molto competente, ti mette a tuo agio, cura i minimi dettagli. Non è da tutti, anzi, di pochi o di nessuno in questa categoria. Credo che, anche per questo, tutti noi, ragazzi compresi, riusciamo a dare il meglio”.

Fra questi ragazzi, come li hai definiti, hai una qualche preferenza?

“Guarda. Lo dicevo già da questa estate. Per me, Edoardo Tonelli rappresentail meglio del meglio. Lo porterei anche a casa. Per quanto mi riguarda un giocatore così, giocherebbe sempre, anche con una gamba sola. E’ umile, si sacrifica, sa riconoscere i propri limiti e, di ciò, ne fa tesoro”.

Arriviamo al campionato, forse più difficile del prevedibile:

“Mi era stato descritto in modo leggermente diverso. Ci sono tre squadre che non mollano. Staremo a vedere chi la spunterà, ma sono certo che, alla fine, il lavoro paghi. La nostra organizzazione finirà per fare la differenza”.

C’è stata una partenza sprint, seguita da un leggero calo che, adesso, sembra alle spalle. Come state:

“Stiamo ancora smaltendo i carichi di lavoro della pausa invernale. Già da domenica scorsa abbiamo risposto bene fino alla fase finale. Bastava che, il loro portiere non si fosse trovato in vena di miracoli e saremmo a parlare di un’altra partita. Pur non giocando benissimo, abbiamo creato cinque, sei occasioni limpide. Però, uno zero a zero ci può sempre stare. Avessimo vinto tutte le partite, saremmo di altra categoria”.

Il presidente Biagioli ha più volte affermato di non voler smembrare il gruppo. I successi partono da lontano e l’Orvietana sta creando i presupposti per tornare un po’ più su. Dal tuo punto di vista di nomade del calcio, in prestito al campionato di Promozione, che opinione ti sei fatto:

“Il presidente ha sicuramente ragione. Avere un’ossatura stabile è basilare per un progetto che miri a vincere. Con un gruppo come il nostro, anche per il prossimo anno saresti alla metà dell’opera”.

Appello ai tifosi. Chiudiamo Mirko De Francesco in un’urna. Altrimenti, qualche rapace proveniente dai quartieri dove si gioca calcio più nobile, chissà che non architetti un rapimento, con la vittima magari consenziente.