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"Sports Around the World", il Majorana alza il trofeo della solidarietà

martedì 13 novembre 2018
"Sports Around the World", il Majorana alza il trofeo della solidarietà

Tutti insieme per alzare la palla dei diritti, dell’inclusione, della solidarietà. È iniziata così l'annunciata manifestazione di martedì 13 novembre al Vetrya Corporate Campus di Orvieto, dove per il secondo anno, a sostegno di "Sports Around the World" è stata organizzata una giornata di sensibilizzazione contro ogni forma di discriminazione. Una giornata vissuta all’insegna dello sport, del gioco, del saper fare squadra. Giovani e adulti uniti sotto un’unica insegna, un unico progetto: dare una mano per l’integrazione, per favorire l’accoglienza e abbattere il muro dell’indifferenza. Perché da soli non si vince.

Dopo i saluti di benvenuto di Luca Tomassini, presidente e amministratore delegato di Vetrya, e di Katia Sagrafena, Cofondatrice Vetrya e Direttrice Generale della Fondazione Luca e Katia Tomassini che nei loro interventi hanno sottolineato come il Vetrya Campus: “Sia lo spazio aperto, dove ognuno può sempre sentirsi accolto senza alcun confine, come d’altronde è il mondo di internet, del digitale. Uno spazio dove ci si può preparare con la mente e con il corpo alla crescita umana. Proprio come nello sport”. 

La vice sindaco del Comune di Orvieto Cristina Croce ha ribadito che "lo sport è momento d’inclusione e iniziative di questo tipo hanno oggi un valore estremamente importante". "C’è un clima di odio - ha detto - che pervade il Paese, stiamo assistendo a una deriva di una gravità assoluta. L’integrazione e l’accoglienza sono, invece, elementi fondamentali per la crescita e per tutti noi. Ai giovani chiedo quindi d’impegnarsi sempre di più perché le cose possano davvero cambiare in favore del riconoscimento dei diritti umani".

Dal canto suo, il presidente di "Sports Around the World", Stefano Bizzozi ha ringraziato la città di Orvieto, le associazioni orvietane e gli studenti delle scuole per il grande sostegno che danno alla realizzazione dei progetti che Sports around the world porta avanti. L’ultimo dei quali per la costruzione di un villaggio in Camerun, anche se ha precisato che "è molto difficile essere in quei posti, non si può circolare liberamente. Ci sono disordini, scontri, violenza e rapimenti di molti bambini. Attraverso lo sport proviamo a recuperare proprio i bambini che sono stati rapiti per diventare soldati e per loro abbiamo anche costruito un campo per farli tornare a giocare”.  

Un rappresentante del distaccamento dei Vigili del Fuoco di Orvieto ha sostenuto che "ogni qualvolta c’è integrazione tra popoli, sport e giovani loro ci sono e ci saranno sempre”. Così come ci sono gli studenti dei licei e delle scuole medie di Orvieto e Baschi in questa gara di solidarietà che, in un’alternanza di voci, hanno testimoniato il loro impegno “Per una società dove tutti possano godere degli stessi diritti, con la consapevolezza che bisogna accogliere senza pregiudizi. E che lo sport è un momento per stare insieme senza barriere. Lo sport è fiducia, solidarietà e divertimento”. Hanno, inoltre, consegnato per il “Progetto Rwanda”, una serie di abiti sportivi da donare ai bambini e ai ragazzi che “non sono fortunati come loro”.

  

Emanuela Leonardi, consigliera dell'Associazione TeMa in prima linea nei giorni scorsi nell'organizzazione ad Orvieto del Festival dei Diritti Umani, ha detto che "Al di là delle parole ci sono le azioni che costruiscono il futuro. Un futuro per l’accoglienza e l’integrazione. C’è bisogno, quindi, di una rete di buona volontà che aiuti i ragazzi rifugiati che sono a Orvieto, non appena compiono 18 anni, perché non finiscano sotto i ponti o allo sbando. Tutti insieme a Orvieto possiamo fare molto per aiutarli”.

A chiudere la serie d’interventi la testimonianza di Ron, un giovane nigeriano richiedente asilo del Centro Villanova-Don Bosco che con il suo messaggio ha voluto sottolineare che loro “non sono in Italia per sfruttare o delinquere. Le nostre sono storie tristi, abbiamo visto uccidere i nostri genitori, le nostre sorelle, i nostri fratelli. Siamo scappati e dopo un lungo viaggio vogliamo dare una mano a questo Paese, in qualsiasi modo anche con i lavori più umili. Io sono diplomato e comunque voglio anche continuare a studiare”.

In nome dello sport e accomunati da un’ideale comune sono poi scesi 50 uomini sul campo di calcio del Vetrya Campus. Divisi ma solo per squadre: quella dei dipendenti Vetrya, dei Vigili del Fuoco, degli studenti dei licei, dei rifugiati e richiedenti asilo. Un passaggio di palla quadrangolare che ha visto vincitori i ragazzi del Liceo Scientifico E. Majorana, ma soprattutto porta a casa la vittoria di una partita che quotidianamente dovremmo tutti giocare. Quella dell’umanità.