sociale

Migrazioni internazionali a un bivio: seminario italo-tedesco della Filef ad Orvieto

mercoledì 21 ottobre 2015
Migrazioni internazionali a un bivio: seminario italo-tedesco della Filef ad Orvieto

Si è svolto martedì 20 ottobre ad Orvieto, presso la struttura della Cramst, un seminario italo-tedesco organizzato da Filef nazionale, Filef Basilicata e dal Circolo “Carlo Levi” di Berlino sul tema delle migrazioni internazionali. Nell’ambito dell’incontro, a cui hanno preso parte 30 operatori sociali tedeschi in tour nel centro Italia con un programma di incontri organizzato del Circolo Levi in collaborazione con la Volkhochschule di Berlino-Charlottenburg, sono state messe a confronto la situazione italiana e tedesca e presentante alcune significative esperienze tra cui quella realizzata da Filef Basilicata per l’accoglienza di minori non accompagnati provenienti da paesi africani e asiatici e quella del centro del Comune di Viterbo che accoglie prevalentemente minori provenienti dall’Eritrea.

All’incontro hanno partecipato tra gli altri, Rodolfo Ricci, coordinatore nazionale Filef, Antonio Sanfrancesco, segretario della Filef Basilicata, Gianfranco Ceccanei, presidente del Circolo Carlo Levi di Berlino, Ugo Melchionda, direttore del Centro di ricerca Idos. La discussione ha consentito di presentare gli scenari migratori alla luce delle emergenze derivanti dagli squilibri economici tra paesi avanzati e Africa e Medio Oriente, dalle situazioni di crisi e guerre che circondano l’area europea e dalle crescenti crisi ambientali ed ecologiche che caratterizzeranno buona parte dei flussi migratori dei prossimi decenni.

Il direttore di IDOS, Ugo Melchionda, ha delineato il quadro dell’immigrazione in Italia con una riduzione consistente del flusso di arrivi di emigrati economici e con un parallelo consistente aumento degli arrivi di profughi, fornendo un dettaglio dei dati attuali e di quelli che si stimano per il prossimo futuro: in particolare, in riferimento al continente africano, ove l’aumento al 2050 della popolazione africana dagli attuali 1,3 miliardi di persone ai 2,5 miliardi, imporrebbe nei prossimi 35 anni, la creazione di circa 700 milioni di posti di lavoro per evitare un aumento esponenziale dei flussi emigratori da questa area.

Obiettivo di impossibile raggiungimento se non si cambiano radicalmente i paradigma di sviluppo e di organizzazione economico-sociale e del lavoro a livello globale, oltre che le ragioni di scambio tra paesi del nord e del sud. Dal punto di vista italiano, vi è da registrare che a partire dal 2014 gli arrivi di immigrati da lavoro risultino nettamente inferiori agli espatri di italiani, segnale inequivocabile del fatto che il nostro paese risulta sempre meno appetibile come meta emigratoria e che l’Italia, dal 2008 in poi abbia recuperato la sua caratteristica storica di paese di emigrazione più che di immigrazione, contrariamente a quanto si registrava fin dal 1975.

Secondo Melchionda siamo ad un bivio storico nei processi migratori: i prossimi decenni possono configurare scenari molto peggiori degli ultimi e sarebbe necessaria un’ampia assunzione di responsabilità che riguarda sia i governi che i cittadini dei paesi europei.

Il coordinatore nazionale della Filef Rodolfo Ricci ha sottolineato gli squilibri presenti a livello comunitario in particolare tra nord e sud Europa, con la necessità di diversi paesi centro europei, come la Germania, di acquisire oltre 10 milioni di ingressi di lavoratori da oggi al 2050 per mantenere integro il proprio potenziale produttivo; ciò è causato da una flessione importante dello sviluppo demografico di questi paesi; allo stesso tempo, il declino dei paesi sud europei, causati anche dalle politiche di austerità, fa prevedere una riduzione massiccia della popolazione nelle aree svantaggiate, come il meridione italiano, (pur in presenza di un analogo pesante deficit demografico) dove, ad esempio, lo SVIMEZ stima una diminuzione demografica di circa 5 milioni di abitanti nei prossimi 3 decenni.

Ciò determinerebbe un mutamento radicale delle prospettive di sviluppo dei paesi del sud Europa e della loro attuale posizione nella divisione internazionale del lavoro che ne risulterebbe ulteriormente peggiorata in direzione di un permanente e diffuso declino. Per quanto riguarda l’Italia, in particolare, ciò determinerebbe anche rischi di tenuta sociale con la possibile recrudescenza della criminalità e delle mafie e dell’assetto ambientale di un territorio già fortemente debilitato che potrebbe andare incontro, come indica SVIMEZ, ad un ampio processo di “desertificazione”.
Anche l’eventuale, ma improbabile, massiccio afflusso di immigrati terzomondiali in queste aree, non risolverebbe il problema, poiché in questo caso, ci troveremmo di fronte ad una afflusso di forze di lavoro a medi- bassa qualificazione, mentre allo stesso tempo defluirebbe quella a medio-alta qualificazione verso il nord Italia o verso l’estero.

Antonio Sanfrancesco ha illustrato la complessa esperienza di accoglienza che sta realizzando la Filef Basilicata in collaborazione con altre organizzazioni ed enti locali lucani, di 47 minori non accompagnati distribuiti in più paesi della Basilicata ed analogamente è stato illustrato l’esempio del centro di accoglienza di Viterbo. Da queste esperienze viene confermato il dato che gran parte dei profughi e degli stessi minori intendono la loro permanenza in Italia come un breve momento transitorio nella prospettiva di raggiungere paesi come la Svezia, la Germania o l’Inghilterra. Proprio per questo motivo, conoscendo le implicazioni del trattato di Dublino, la gran parte dei giovani si rifiuta di essere identificato, poiché ciò implicherebbe la loro permanenza in Italia. Sul piano delle potenzialità di integrazione, al contrario, una attenta azione di coinvolgimento delle comunità e popolazioni locali e una distribuzione dei rifugiati in aree ampie anziché la loro concentrazione in pochi siti, consente di minimizzare le reazioni di rifiuto e di xenofobia e manifesta inattese possibilità di positiva comunicazione e di accettazione.

Da parte tedesca è stata evidenziata l’emergenza siriana in Germania e i rischi di reazioni xenofobe che si manifestano, sottolineando l’esigenza di politiche comuni a livello europeo che consentano di affrontare in modo unitario l’emergenza immigratoria oltre all’indispensabile cambiamento di rotta delle relazioni internazionali tra Europa e paesi del sud del mondo che siano orientati alla cooperazione e all’abbattimento, ad esempio, delle barriere doganali per i prodotti di questi paesi o, al contrario, delle sovvenzioni di produzioni europee soprattutto nell’ambito dell’agricoltura che sono alla base del loro declino produttivo e di conseguenza della crescita dei movimenti emigratori verso l’Europa, oltre al vergognoso export di armamenti e alle crisi e guerre locali che ne derivano e che ne vengono incentivate.

Un elemento significativo dell’incontro di Orvieto è stato quello della donazione da parte tedesca di 12 casse di medicinali , abbigliamento e altri generi di prima necessità destinati ai giovani in accoglienza nel progetto gestito dalla Filef Basilicata. Un esempio importante di solidarietà e di autonoma capacità di intervento della società civile che si può attuare tra diversi paesi. Il seminario ha fornito importanti elementi di riflessione che si intendono approfondire; in questo senso, le organizzazioni presenti si sono impegnate a organizzare ulteriori occasioni di incontro in Italia, Germania e in altri paesi.

Fonte: Filef nazionale