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"La Palomba" compie 50 anni. La trattoria degli orvietani ringrazia e rievoca il rapimento del Pinocchio

venerdì 27 febbraio 2015
di Davide Pompei, video G. An.
"La Palomba" compie 50 anni. La trattoria degli orvietani ringrazia e rievoca il rapimento del Pinocchio

Mezzo secolo di passione per la cucina. Mezzo secolo di sapori della tradizione, senza cedere all'estetica da impiattamento della nouvelle cuisine o alla sperimentazione di improbabili accostamenti che sporcano i piatti e scontentano i palati. Simili capricci modaioli nell'era della cucina fatta reality sarebbero un tradimento alla genuinità impressa nell'identità di un luogo, centrale ma defilato rispetto allo struscio cittadino. Eppure continuamente affollato, a dispetto della crisi.

Profuma di autentico e di storia, familiare e cittadina, l'orgoglio che si respira sui tavoli della trattoria "La Palomba" all'indomani del traguardo dei cinquant'anni di attività appena raggiunto. Correva l'anno 1965 – Vittorio De Sica vinceva l'Oscar per il film "Ieri, oggi e domani", i Beatles si esibivano a Genova e la sonda americana Mariner 4 raggiungeva per la prima volta Marte – quando, era il 20 febbraio, la famiglia Cinti rilevava la trattoria di Via Cipriano Manente dalla famiglia Di Bartolomeo. Intorno al 1920, in quei locali già c'era, infatti, una trattoria che si chiamava "La Palomba". L'insegna in ferro, che in questi giorni sta conoscendo il suo secondo restauro per ritrovare brillantezza, è la stessa.

Dopo cinquant'anni il locale, dove oggi lavorano otto persone, si è riposato appena un mese. Ma è pronto a riaprire i battenti giovedì 12 marzo. Due giorni prima, però, ad opera dell'Accademia del Nobile Casino avrà luogo la rievocazione del rapimento – sul modello Aldo Moro, ma in salsa goliardica – del Pinocchio, il grande burattino in legno scolpito da Giuseppe Mascherini, sequestrato a maggio del 1990, e considerato un simbolo per la trattoria. Quasi più del volatile raffigurato nell'insegna. Anche con il naso, finito nel vaso.

In mano, il titolare Giampiero Cinti ha le foto di una vita, scattate fra tavoli e fornelli, e un quadro datato 1910 della via dove ha sede il locale visibilmente diversa, non solo per l'assenza di auto ma anche per l'aspetto del campanile della Collegiata di Sant'Andrea. "Agli inizi – ricorda – la trattoria, la nostra come tante altre, era aperta anche la mattina presto. Alle 8 serviva la colazione a base di trippa, spezzatino e un bicchiere di rosso ai contadini che erano in piedi dalle 4. Poi c'era il turno del pranzo, talvolta la merenda, quindi la cena".

Niente happy hour, né aperitivi finger food. Nella cartolina dell'Italietta spensierata fatta di "gente tranquilla che lavorava" c'era l'Orvieto della Caserma Piave e dei militari del Sud che arrivavano affamati. "Sono seguiti gli anni - racconta - delle gite fuori porta dei romani che, specie la domenica, arrivavano sulla Rupe per vedere il duomo. Fino a diventare la trattoria di turisti e orvietani. Tuttora, lavoriamo molto con gli stranieri di tutto il mondo. Americani, giapponesi, australiani. Gente che è venuta qui. E che ritorna. La nostra pubblicità è il passaparola. Il ringraziamento va a loro, ma anche a tutti gli orvietani che conoscono e amano i nostri piatti. Alcuni, mai cambiati. Dal menù, non toglieremo mai la stracciatella e la trippa, che aveva iniziato a fare papà Gino".

Il piatto più richiesto resta il piccione o la palomba alla leccarda. Così come la ricetta della sorella Giovanna resta un segreto. "Il nostro locale – prosegue – è associato a Slow Food". Sulle pareti, attestati, insegne di appartenenze e riconoscimenti, tra cui la partecipazione nel 1967 alla manifestazione "I venti giorni della cucina orvietana". Guide enogastronomiche, stelle e bicchieri e etichette? "Siamo su tutte quelle che ci competono. E il merito è anche di tutti coloro che hanno lavorato qui, consentendo a 'La Palomba' di evolversi nel tempo, rimanendo se stessa.

 

La trattoria si è un po' trasformata, ma sono rimasti i sapori della cucina caratteristica, il calore nell'accoglienza del cliente. Ringraziamo familiari, dipendenti e tutti quelli che ci hanno portato fino a qui. Tra i clienti ci sono stati anche volti noti dello spettacolo, del teatro e della politica. Da Enzo Iacchetti a Elisa Isoardi, da Syria a Simona Marchini, da Almirante al fratello di Berlinguer, fino al 'nostro' padre Chiti. 'La Palomba', però, nella sua semplicità rimane la trattoria degli orvietani, forse l'ultima".