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Nella festa dell'Immacolata l'invito del vescovo al recupero della grazia che ha scandito il giubileo

lunedì 8 dicembre 2014
di Davide Pompei
Nella festa dell'Immacolata l'invito del vescovo al recupero della grazia che ha scandito il giubileo

"Per intercessione di Maria, sia la Chiesa strumento di gioia e di speranza per l'intera umanità. Chiediamo a lei, in cui è esplosa la bellezza del disegno di Dio, e la grazia, di tenere lontano il male che si affaccia alla porta delle nostre case e che troppo spesso siamo inclini a far entrare sotto forma di intransigenza verso gli altri". Questo l'invito giunto lunedì 8 dicembre, nella festa dell'Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, da monsignor Benedetto Tuzia, vescovo della Diocesi di Orvieto-Todi che ha presieduto la celebrazione tenutasi nella chiesa di San Michele Arcangelo, nel corso della quale è stato benedetto l'inizio del nuovo anno associativo dell'Azione Cattolica "Coraggio, sono Io".

Il tema della grazia ha fatto da filo conduttore anche al biennio giubilare da poco conclusosi per la Chiesa di Orvieto-Todi. Da Padova a Napoli, da Verona a Salerno, passando per Firenze, fino al vicino Lazio. In particolare Viterbo, Latina e Roma. I pellegrini sono giunti da tutta Italia, ma anche da Corea del Sud, Stati Uniti, Messico, Polonia, Kazakistan e Spagna. L'80% di loro apparteneva a un gruppo organizzato. Scolaresche, parrocchie, istituti religiosi, seminari e confraternite fino a club di servizio, associazioni musicali e movimenti giovanili, compresi quelli sportivi come gli atleti della Staffetta Praga-Bolsena-Orvieto. Universitari, militari, disabili, suore di clausura e le missionarie di Madre Teresa di Calcutta.

Hanno prenotato via mail, tramite telefono oppure arrivando, senza troppo preavviso, direttamente presso la Segreteria del Giubileo Eucaristico, allestita nei locali della Curia Vescovile e gestita dalla cooperativa Mir, nata nella Diocesi di Orvieto-Todi, grazie al Progetto Policoro della Cei. È qui nella Sala Pieri che, a tre settimane dalla chiusura della Porta Santa avvenuta domenica 16 novembre, è ancora in corso la conta di tutti coloro che sono transitati lungo il percorso giubilare, nei sotterranei della cattedrale, fino ad ottenere l'indulgenza plenaria. Ad oggi, i numeri parlano di circa 400.000 presenze diluite nell'arco dei due anni e nei due epicentri di Orvieto e Bolsena, dove è stato presente un punto d'accoglienza.

Ad ognuno di loro, è stato distribuito il pass realizzato da tutti i volontari della cooperativa, disabili compresi, una piccola guida spirituale per orientarne la visita in cattedrale, il libretto del pellegrino, uno realizzato successivamente che ripercorre la storia del miracolo e, infine, due brochure con orari delle celebrazioni e informazioni di servizio. Il picco di affluenza si è registrato in concomitanza con la Santificazione di Papa Giovanni Paolo II e Papa Giovanni XXIII. Nella sola, eccezionale, giornata di domenica 27 aprile hanno fatto tappa a Orvieto 5000 pellegrini. In entrambi gli anni, i Ponti di Primavera – 25 Aprile, Pasqua e 1° Maggio – hanno visto però un incremento in termini di afflusso. Settembre e ottobre, meglio di luglio e agosto.

Ad accoglierli, si sono alternati sempre due dei quattro soci della cooperativa insieme a diversi volontari presenti a seconda delle rispettive disponibilità, per un totale di una trentina di giovani. "A tutti i pellegrini – spiegano dalla segreteria – sono stati garantiti 30 minuti di racconto del miracolo eucaristico. Non una visita guidata, tradizionale. Ma una vera e propria testimonianza del miracolo resa più viva possibile. Come forma di annuncio ed evangelizzazione, non solo per credenti ma anche per semplici curiosi che non sono mancati, sopratutto da fuori Orvieto.

Quello che più ci ha commosso è stato raccontare la storia di Pietro da Praga a chi la sentiva per la prima volta. Si è creata molta empatia, quasi immedesimazione in chi, nel silenzio dei sotterranei, ascoltava un evento di cui finora non aveva consapevolezza. Questo perché abbiamo un po' perso l'abitudine a sentirci raccontare le cose. Fondamentale, la collaborazione di tutte le guide ecclesiali e i volontari dell'associazione Pietre Vive. Due anni intensi di lavoro condiviso, dove talvolta ci siamo trovati anche a dover fronteggiare qualche emergenza logistica".

In linea, insomma, con quel sentire intimo e profondo non necessariamente legato al credo religioso ma in ogni caso lontano dall'idea di giubileo come evento turistico di massa. Su questo, il vescovo che nel corso dei due anni ha più volte parlato del giubileo come "un tempo di grazia" era stato chiaro fin dall'inizio. Per lui, il giubileo ha coinciso con i primi passi del servizio pastorale alla guida della Diocesi che lo ha portato a contatto con tutte le comunità parrocchiali.

"Oggi – ha detto – l'impegno più urgente per le nostre comunità cristiane non è tanto quello di inaugurare porte che si aprono verso l'interno degli spazi sacri, ma quello di aprire porte che dall'interno delle chiese diano sulla piazza". Una Chiesa in uscita, verso le periferie esistenziali del mondo così come indicato da Papa Francesco, il cui mandato fondamentale è proprio "trasformare l'esperienza di fede eucaristica celebrata in esperienza di vita quotidiana e coerente, fatta di dono ai fratelli che percorrono le vie del mondo". "Diventate voi stessi la lode del vostro canto – era stato l'invito del cardinale Lorenzo Baldisseri, segretario generale del Sinodo dei Vescovi, nel giorno della cerimonia di chiusura del giubileo – fatevi eco delle miriadi di voci che nell'anno santo si sono innalzate in questa diocesi".

Di tutto questo, adesso, rimane un simbolo come il Monumento del Calice in ferro, alto 10 metri, realizzato dall'artista erbese Angelo Miotto, benedetto da Giovanni Paolo II, posizionato prima a Bolsena, in Piazza Matteotti, e poi ad Orvieto, in Piazza Cahen, dove è tuttora collocato. Non è ancora chiaro se in via definitiva. Così come non è chiaro il destino della segreteria, ora che il giubileo è ufficialmente concluso.

Sui progetti preme il desiderio di continuità e permanenza sotto forma di bookshop specializzato in oggetti religiosi e testi sacri ma anche artigianato locale e prodotti handmade, come avviene già altrove in prossimità di grandi monumenti come il duomo. Sia per creare opportunità d'impiego, sia come risposta alla presenza di eventi religiosi futuri. "Noi – confidano i volontari – desideriamo che i cuori rimangano aperti allo stupore eucaristico che questi eventi hanno suscitato". L'ennesimo seme cittadino da aiutare a germogliare.