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A suon di querele. Riflessioni sull'abitudine a duellare tramite i giornali online: un pessimo gioco che "non s'ha da fare"

giovedì 24 gennaio 2013
di Laura Ricci, direttora Orvietonews.it
A suon di querele. Riflessioni sull'abitudine a duellare tramite i giornali online: un pessimo gioco che "non s'ha da fare"

La lettera inviata a me e al mio collega direttore di Orvietosì.it da Massimo Gnagnarini, che riporto di seguito e che si riferisce a una denuncia di Guido Turreni nei suoi confronti conclusasi con l'archiviazione presso il tribunale di Terni - ma anche l'abitudine al "duello verbale" tramite i giornali online che sta diffondendosi in fastidioso e rischioso crescendo - induce a una riflessione: di noi editori e direttori (i ruoli molto spesso sui giornali online coincidono) e, speriamo, dei "cittadini giornalisti", per lo più di parte politica, che si affidano ai nostri quotidiani locali per diffondere le loro opinioni.

Nulla questio finché l'opinione è pacata ed espressa con calma e civiltà. I dolori cominciano quando, forse pensando di essere più ammirevoli ed efficaci, i nostri opinionisti o commentatori iniziano a superare le righe, mettendo noi direttori nella tremenda e continua ambascia del chiederci, continuamente accusati di "censura" come siamo, quanto può o non può essere consentito.

Si farebbe presto, come giustamente evidenzia l'amico e collega Dante Freddi, siamo noi i più forti, liberi di pubblicare o non pubblicare quel che ci pare: perché - sia ben chiaro - anche quando lo scritto fosse più che legittimo, un giornale sceglie a pieno e libero diritto di pubblicare quel che meglio crede. L'invocata libertà di stampa, infatti, e finanche il plurinvocato Articolo 21, valgono sui propri organi di stampa, per la strada, al bar, sui volantini, nei libri, nei manifesti, no di certo presso i giornali degli altri.

Scrive Gnagnarini:

Egr.gi
Direttori e Direttora dei giornali online orvietani.
Vi allego il fascicolo giudiziario Turreni (querelante) contro Gnagnarini (querelato) scaturito dalla denuncia in data 29/11/2011 per diffamazione a mezzo stampa e conclusosi con l'archiviazione in data 22/1/2013 da parte del GIP su richiesta del PM del Tribunale di Terni.
La vicenda riguardava un articolo di Gnagnarini nel quale l'autore con toni sferzanti si riferiva ad un precedente articolo di Turreni.
Dall'epilogo giudiziario se ne possono ricavare utili suggerimenti di comportamento per chi scrive o per chi gestisce i "nostri" diffusi e seguitissimi giornali cittadini e comunque sarei grato di una vostra giornalistica riflessione in quanto soggetti coinvolti, vostro malgrado.
La motivazione del Tribunale a favore di Gnagnarini recita testualmente:
"RILEVATO che la memoria difensiva appare fondata dovendosi ravvisare nel caso di specie l'ipotesi della provocazione, posto che l'indagato (Gnagnarini n.d.r.) appena qualche ora prima aveva ricevuto uno scritto diffamatorio nei suoi confronti avente certamente una valenza provocatoria. In particolare la persona offesa Turreni Guido mediante pubblicazione su giornale online, riferendosi inequivocabilmente all'indagato, aveva detto che il medesimo era sostanzialmente un "ciarlatano", un "tuttologo" ed altre frasi aventi un contenuto chiaramente ingiurioso e diffamatorio."
Dunque la prima regola di comportamento, evidentemente sfuggita al legale di Turreni, è che non si può chiedere la punizione di qualcuno che sia stato stato oggetto di pari o maggiori dirette provocazioni.
La seconda regola riguarda il bonton o lo stile che dir si voglia.
Non si può essere corsivisti seriali dei giornali online senza la capacità di sopportare la reciprocità o la casualità di giudizi, anche sferzanti, su ciò che diciamo o su come gli altri ci vedono.
Ricorrere alla querela è un atto ultimo preceduto dalla richiesta di scuse e chiarimenti, e il ricorso alla magistratura, qualora inevitabile, dovrebbe sempre essere annunciato e reso noto immediatamente e non, come nel caso in specie, sottaciuto per poter continuare a interloquire e interagire in una sfera opinionistica che si presuppone basata sulla reciproca fiducia e onestà intellettuale.
Ma se la prima regola comportamentale deriva dalle norme del codice penale, il rispetto della seconda attiene al profilo morale e al carattere delle persone ed è proprio ciò che le distingue.
Massimo Gnagnarini

Riflettendo a partire da quanto Gnagnarini scrive, non è questo l'unico caso di querele intercorse tra chi manifesta opinioni e intavola battibecchi tramite i giornali online. E pur condividendo grosso modo l'osservazione che "non si può essere corsivisti seriali dei giornali online senza la capacità di sopportare la reciprocità o la casualità di giudizi, anche sferzanti, su ciò che diciamo o su come gli altri ci vedono", mi piace ancora di più sottolineare l'accenno al "bon ton o lo stile che dir si voglia". L'esortazione, che rivolgo in generale a tutti, commentatori compresi, è di certo a un minimo di tolleranza e ad applicare un metro pari per quel che si dice e per quel che si sopporta o meno che ci venga detto, ma è soprattutto proprio al bon ton, che oltre a essere un segno di civiltà risulta sempre più autorevole e efficace di qualunque aggressione verbale.

Bombardati come siamo - da esternazioni mediatiche, da richieste continue, da accuse a mio avviso sempre illegittime di "censura" che ci inducono, forse colpevolmente, a non essere severi abbastanza ma fin troppo tolleranti - è sempre difficile per noi direttori decidere quanto concedere. Ma vorrei sottolineare che è anche molto rischioso, perché le querele e le richieste di risarcimenti purtroppo fioccano e nostro/vostro malgrado potremmo trovarci coinvolti: e non si può certo chiedere di rischiare per altri, e per ragioni che potrebbero essere evitate, a chi si guadagna il pane, e poco, con una grande fatica redazionale.

Personalmente, in questa ridda di invocazioni alla "libertà di opinioni" che, se andiamo a stringere, più che opinioni sono provocazioni, posso essere stata a volte più "coraggiosa", a volte meno "coraggiosa" di altri colleghi. Una cosa è certa, anche avvicinandosi la campagna elettorale: sarò sempre più prudente, a rischio di essere accusata di pusillanimità. Quindi mi preparo a essere sempre più accusata di "censura": pazienza, chi vuole essere pubblicato impari a usare toni più pacati e a non andare sul personale.

Certo l'esempio nazionale non aiuta. Che sia realmente così o che sia accentuato dai media, mai campagna elettorale ha dato la sensazione di essere così litigiosa e di così basso profilo. Nel locale, tuttavia, potremmo provare a essere migliori, instaurando confronti basati sulla parola che siano rispettosi delle persone e delle opinioni e non diano adito, più o meno tra le pieghe, a ricorrere alla giustizia, agli avvocati e alle controversie del Foro. Su queste mie brevi considerazioni spero che si voglia riflettere, e per avermi seguito e per il bon ton che vorrete usare vi ringrazio.