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Povertà: presentato il quinto rapporto in Umbria

venerdì 14 dicembre 2012
Povertà: presentato il quinto rapporto in Umbria

Anche l'Umbria, come le altre regioni italiane, avverte i segni della crisi e le famiglie in sofferenza tendono ad aumentare rispetto al passato: se tra il 2008-2010 i nuclei familiari poveri erano circa 20 mila, con un'incidenza media del 5,5 per cento, nel 2011 l'Istat li stima pari a oltre 36 mila, quasi il 9 per cento.

Il dato sposta la nostra regione più vicino alla media nazionale dell'11 per cento e ci riporta nelle stesse condizioni del 2003-04 e, accanto a questa fascia, c'è poi quella degli umbri a rischio di povertà.

E' quanto emerso nel corso della presentazione del Rapporto sulle povertà in Umbria realizzato dall'Agenzia Umbria Ricerche (AUR) e dall'Osservatorio sulle Povertà in Umbria, un organismo costituito nel 1995 dalla Regione e dalla Conferenza Episcopale Umbra.

Lo studio, articolato in quindici capitoli, cinquecentotredici pagine, fitte di dati commenti e proposte, è stato presentato stamani a Perugia, alla presenza della presidente della Regione Umbria, Catiuscia Marini e del Presidente della Conferenza Episcopale Umbra, monsignor Gualtiero Bassetti, dell'assessore regionale al Welfare e all'Istruzione, Carla Casciari, del presidente dell'AUR, Claudio Carnieri.

In Umbria, all'interno delle famiglie povere - è stato spiegato durante l'incontro dal consulente scientifico dell'AUR, Paolo Montesperelli - si possono individuare quelle che versano in uno stato molto grave che sono circa 6.300, l'1,7 per cento di tutte le famiglie umbre, mentre appena al di sopra della soglia di povertà, vi è un altro 5 per cento, pari a 19 mila famiglie. In pratica, dal 2010 al 2011, molte di queste unità definite 'quasi povere' sono passate ad uno stato di povertà conclamata calcolata in termini di spesa per i consumi. Se si considera invece il reddito familiare disponibile, gli umbri a rischio di povertà sono circa 109 mila, il dato colloca la regione al terzo posto tra quelle del Centro-Nord più a rischio".

"Il Rapporto spiega il perché del fenomeno - ha detto Montesperelli - ricorrendo all'immagine di due ondate di cui una, l'onda lunga, è costituita dalla disuguaglianza sociale e dalla povertà cronica, l'altra più recente che si è riversata sulla prima, è rappresentata dall'attuale crisi economica, che accentua gli squilibri sociali e che ai poveri veri e propri aggiunge l'impoverimento di famiglie del ceto medio e medio-basso. L'effetto congiunto di queste due tendenze sta profondamente modificando il profilo sociale della nostra regione. "In particolare - spiega - l'allargamento dell'area della povertà prodotto dalla crisi economica ha investito soprattutto le famiglie più giovani e quelle più numerose.

A ciò si aggiungono le "famiglie disagiate" - un terzo del totale - che hanno un basso reddito e un alto stato di malessere: in tal caso di solito i capifamiglia sono molto giovani, donne, monogenitori con figli, con un basso livello di istruzione, disoccupati o con un contratto a termine.

Montesperelli ha quindi fotografato l'utente tipo che si rivolge alla Caritas: "Sono donne e uomini di età compresa tra i 35 e 39 anni, coniugati, nel 21 per cento dei casi con un livello di istruzione medio, il 36 per cento sono italiani e molti disoccupati ed hanno prevalentemente espresso il bisogno di trovare lavoro e di denaro per le esigenze elementari. In confronto, le famiglie di anziani hanno subito minori ripercussioni perché, dipendendo da redditi mediamente più bassi, sono riuscite a mantenere con minori difficoltà un livello di spesa più moderato. Ma gli anziani soli, secondo quanto riferiscono i medici di famiglia, si trovano costretti a scegliere tra la spesa per il riscaldamento e quella per le medicine".

Lo studio ha dedicato un'attenzione particolare ai più giovani, "soprattutto quelli che hanno costituito una nuova famiglia - ha precisato la responsabile dell'Area economica e sociale dell'AUR, Elisabetta Tondini - per la quale un alto livello d'istruzione dei componenti e un lavoro stabile, ormai raro, possono essere insufficienti per impedire uno scivolamento verso la povertà". Inoltre, sempre fra le famiglie giovani, incertezza e precarietà possono convivere con livelli di reddito familiare relativamente elevati. "Questa - ha evidenziato - è la fascia sociale degli ‘incerti', presente per lo più tra i nuclei familiari la cui persona di riferimento è donna, con alto livello di istruzione e lavoro precario".

Dal quinto Rapporto emerge con più forza l'emergenza lavoro: il fatto che il 10 per cento degli umbri viva in famiglie con almeno un componente in difficoltà, evidenzia come le occupazioni precarie, diffusissime nella nostra regione, abbiano innescato uno stile di vita dominato dalla instabilità. A sostegno di una società sempre più fragile cresce l'impegno solidaristico della comunità e l'attenzione della politica verso le problematiche sociali e il Rapporto indica numerose risorse di contrasto come ad esempio le politiche, l'associazionismo e il volontariato, le iniziative in cui convergono il pubblico ed il privato sociale, come il Fondo di Solidarietà promosso dalla Chiesa, le aggregazioni più informali di solidarietà.

"La povertà ci porta con forza dentro la contemporaneità - ha detto il presidente AUR, Claudio Carnieri - per farci leggere la sua contraddittorietà. I percorsi di esclusione e di sofferenza, hanno una dimensione individuale, spesso silente. Essere poveri non vuol dire solo non avere denaro, ma anche non essere in grado di realizzare le funzioni fondamentali della vita umana, come vivere con una forte speranza di vita, istruirsi, avere sicurezza nel lavoro e una possibilità di partecipazione significativa alla vita sociale e politica".

"La povertà va interpretata come un fenomeno complesso da declinare al plurale - ha detto il Presidente della Conferenza Episcopale Umbra, monsignor Gualtiero Bassetti - Le povertà sono di diversi tipi e tra queste c'è la cosiddetta vulnerabilità, cioè quella fascia che emerge sempre di più e che sta andando a precipizio in seguito alla crisi. Penso ai piccoli imprenditori e alle loro famiglie, che sono centinaia ed hanno difficoltà a mostrare pubblicamente le loro difficoltà - ha detto - e alle donne e alle coppie giovani per i quali la perdita di speranze equivale a spezzare il loro futuro". Tra le molte iniziative del mondo cattolico monsignor Bassetti ha ricordato il Fondo di solidarietà "che non si limita ad elargire contributi economici, ma fa un richiamo alle coscienze di tutti".

In proposito la vicepresidente Carla Casciari, ha riferito che "la Regione Umbria ha sperimentato un'azione di sistema destinata alle famiglie vulnerabili, cioè quelle famiglie non povere e neppure abituate a chiedere aiuto ma che, per una serie di circostanze, si possono trovare a vivere situazioni di difficoltà. Il Rapporto - ha aggiunto - non deve essere solo un documento di riferimento per gli addetti ai lavori, ma uno strumento che ci avvicini ai bisogni reali di chi si trova in situazioni di svantaggio per costruire intorno al soggetto a rischio un percorso che ne garantisca l'autonomia".

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