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"La prevenzione e il contrasto alla violenza di genere è una priorità". La rete delle donne Anti Violenza sull'episodio di Acqualoreto

giovedì 28 luglio 2011
"La prevenzione e il contrasto alla violenza di genere è una priorità". La rete delle donne Anti Violenza sull'episodio di Acqualoreto

"Ancora un'altra donna quasi uccisa, bruciata viva ad Orvieto da un uomo "vicino" in questo caso, come spesso accade, si tratta del marito da cui si stava separando. Una donna a cui va tutta la nostra solidarietà nella speranza che riesca a vincere la lotta per la propria vita."

A parlare sono Adelaide Coletti, Paola Palazzoli e Silvana Sonno per la Rete delle donne Anti Violenza onlus, in merito al gravissimo fatto di cronaca di Acqualoreto.

"Al desiderio delle donne di conquistare spazi sempre più ampi di autonomia e di autodeterminazione, di riprendersi la propria vita, corrisponde un crescendo di violenza maschile, ultimo baluardo di una società patriarcale dura a morire ovunque. Nel nostro Paese, nell'anno appena trascorso, centinaia di donne hanno perso la vita per mano, nella maggioranza dei casi, di mariti, fidanzati o ex partner: spesso la morte o altri atti di violenza gravi sono giunti in seguito alla decisione delle donne di interrompere una relazione;
Guardare alle statistiche può essere d'aiuto a capire la situazione.

Repetita juvant: la violenza di genere è un un fenomeno strutturale che ha una dimensione prevalentemente intrafamiliare. In Italia ci sono 14 milioni di donne vittime di violenza di cui ben tre milioni tra le mura domestiche, drammi vissuti nel silenzio e nell'indifferenza: in Italia una donna su tre subisce violenza fisica e sessuale, soprattutto tra le mura di casa, e si stima possano essere circa il 65 per cento della popolazione femminile; un milione e 400 mila donne hanno patito uno stupro prima dei 16 anni, ma il 96 per cento delle violenze non viene denunciato, il 14,3 per cento delle donne ha subito almeno una volta violenza fisica o sessuale dal partner, attuale o ex, secondo dati Istat, solo il 18,2 per cento delle donne considera la violenza patita in famiglia un «reato», mentre il 44 per cento la giudica semplicemente 'qualcosa di sbagliato' e ben il 36 per cento solo 'qualcosa che è accaduto'.

Il rapporto Eures-Ansa su "L'omicidio volontario in Italia" segnala come la nostra Regione registri una percentuale più alta di uccisioni di donne, rispetto alla media nazionale, all'interno di una crescita accelerata del fenomeno del femminicidio, che rimanda ad una definizione complessiva della violenza di genere.
Nel nostro paese, esattamente come nel contesto internazionale, si stanno affacciando movimenti neofascisti e neo-maschilisti che stanno generando nuove ingiustizie: la denigrazione del femminismo come origine di tutti i mali della famiglia e dei padri; la reinterpretazione della violenza sulle donne come una risultante dell'esasperazione maschile o addirittura la negazione della violenza sulle donne come fenomeno, la diffusione del mito delle fantomatiche arrampicatrici, che divorzierebbero solo per ottenere gli alimenti, la diffusione dell'idea della donna come unica alienante dei figli, unica genitrice che impedirebbe un equilibrato rapporto con la controparte; la campagna a favore della PAS (sindrome di alienazione parentale), una sindrome falsa considerata "scienza spazzatura", rigettata dalla comunità scientifica internazionale e che ha provocato enormi danni ai minori, il mancato riconoscimento dello stato di disagio che colpisce le donne separate e divorziate e statisticamente riportato come fenomeno predominante, rispetto al rischio di povertà al quale sarebbero esposti gli ex mariti; la campagna a favore dell'affido condiviso-bis, una legge fatta solo ed esclusivamente a misura di padre e non in grado di conciliare le esigenze di bambini e madri correttamente.

A fronte di questa situazione esiste un fervido movimento delle donne nella nostro paese e nella nostra realtà regionale che da anni ha posto la questione della violenza maschile sulle donne come fenomeno strutturale della società, che in quanto tale deve essere affrontato. Un movimento che è radicato nei territori ed è riuscito a produrre iniziative culturali, campagne di sensibilizzazione, azioni dimostrative, progettazione e messa in campo di una serie di interventi basati sulla pratica di relazione tra donne; che da anni cerca di porre al centro del dibattito pubblico e dell'agenda politica istituzionale la necessità di sostenere e incoraggiare percorsi di educazione e sensibilizzazione, la creazione di una rete realmente integrata di servizi che affronti il fenomeno in una chiara prospettiva di genere, l'istituzione di centri antiviolenza e case in cui le donne in difficoltà per le violenze subite possano trovare rifugio dalle condizioni che hanno determinato la violenza , recuperando la propria autonomia.

La Presidente Catiuscia Marini, che con lungimiranza (e anche un certo coraggio) ha tenuta a sé la delega alle pari opportunità in coerenza con il proprio percorso politico, si sta muovendo in questa direzione raccogliendo il percorso progettuale dal basso dell'esperienza di "Mai Più Violenze", i saperi delle donne umbre e degli altri attori sociali impegnati nei molteplici percorsi di contrasto e prevenzione alla violenza maschile sulle donne. Sappiamo che è scomparso il finanziamento governativo previsto, quei 18 milioni di euro del "Piano nazionale contro la violenza di genere" che non sono mai usciti dalle casse dello Stato e che i centri antiviolenza stanno chiudendo in tutta Italia nel silenzio assoluto dei media.

Parimenti sappiamo che l'Umbria, anche in questo contesto drammatico, ha il dovere di colmare un sostanziale ritardo e che la politica, come la vita, è fatta di priorità. La prevenzione e il contrasto a una violenza che è di sistema, ed è ben esemplificata dall'orizzonte simbolico e dalle condizioni di vita materiale che pesano sulla vita delle donne native e migranti, è senza dubbio una priorità. La precarietà di vita e di lavoro, lo smantellamento dello welfare, gli interventi etici sui nostri corpi rappresentano l'altra faccia della stessa medaglia e vogliamo sperare che i provvedimenti volti ad attuare politiche concrete di prevenzione e contrasto alla violenza maschile sulle donne, in difesa dei diritti e dell'autonomia femminile non si trascinino così a lungo, a causa di opportunismi politici, così come è stato per l'approvazione della linee guida per la somministrazione della ru 486 in day hospital, a cui finalmente la Giunta ha dato il via libera in questi giorni."