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“Una casa ce l'avrei, se ci potessi risiedere”. Quando la burocrazia rende i giovani "bamboccioni"

giovedì 19 febbraio 2009

"Mi chiedo se un giorno potrò risiedere in quella che chiamerei volentieri casa". Queste le parole, piene di rammarico, di un trentatreenne orvietano - residente, per ora, con i genitori - che, qualche anno fa, ha comprato un pezzo di terra, nel comune di Castel Viscardo, con incorporato annesso agricolo. Al momento dell'acquisto il giovane sapeva che avrebbe avuto qualche problema a rendere quell'annesso agricolo un'abitazione, ma non così tanti.

"Lo stabile - spiega - ha tutti i requisiti necessari per il cambio di destinazione d'uso - età del fabbricato e fattura, tranne la distanza da un altro edificio (150 metri anziché 50). E sì perché la Legge Regionale n. 11/2005 parla chiaro: "per gli edifici rurali esistenti alla data del 13 novembre 1997, non adibiti a residenza, gli interventi possono comprendere anche il cambiamento di destinazione d'uso, purché tali edifici siano in muratura o a struttura in cemento armato o metallica chiusa almeno su tre lati e purché ricadenti nelle aree dove sono già presenti insediamenti edilizi di tipo abitativo, o ricettivo, entro cinquanta metri da questi ..."

"Ci sono molti altri casi come il mio - continua il giovane - in regione. Non tutti possono permettersi l'acquisto di due proprietà, o - pur avendo uno stabile - andare a pagare un affitto. Per me sarebbe bello potermi trasferire nella mia proprietà e formare la mia famiglia lì. E pensare che tanto clamore si fa sul fatto che i giovani snobbino i piccoli centri, che, così, rischiano di "morire". Poi quando qualcuno li sceglie magari non ha la possibilità di andarci a vivere".

Il giovane dice di aver ricevuto sostegno da parte dell'amministrazione Castel Viscardo, ma di fronte alla legge non esistono eccezioni. "Ringrazio l'amministrazione ed i tecnici per la comprensione che mi hanno riservato - afferma. - Davanti ad una legge tanto esplicita che potrebbero fare? Un appello, però, lo rivolgo ai tecnici ed agli amministratori regionali, affinché rivedano, se possibile una legge che penalizza tanti proprietari, magari giovani come me. Poi non vengano a chiamarci bamboccioni perché spesso è proprio la burocrazia ad impedirci di "lasciare il nido".