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Il testo integrale della sentenza

mercoledì 3 settembre 2008
N. 00544/2008 REG.SEN. N. 00391/2006 REG.RIC. REPUBBLICA ITALIANA IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria (Sezione Prima) ha pronunciato la presente SENTENZA Sul ricorso numero di registro generale 391 del 2006, proposto da: Giori Fausto, rappresentato e difeso dall'avv. Paolo Momaroni, con domicilio eletto presso il medesimo in Perugia, via C. Balbo, 26; contro Comune di Orvieto, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Tarantini, con domicilio eletto presso il medesimo in Perugia, via Baglioni, 10; nei confronti di Regione Umbria, Provincia di Terni; S.E.C.E. Societa' Esercizi Cave Edilizia S.p.A., quest’ultima rappresentata e difesa dagli avv. Alarico Mariani Marini e Valeriano Venturi, con domicilio eletto presso il primo in Perugia, via Mario Angeloni, 80/B; per l'annullamento previa sospensione dell'efficacia, provv.. 29/6/06 n. 1/2006 (autorizzazione comunale per la coltivazione di una cava di materiali inerti di natura basaltica).determinazione dirigenziale regionale n.1170 del 22 febbraio 2006 Visto il ricorso con i relativi allegati; Visto l'atto di costituzione in giudizio di Comune di Orvieto; Visto l'atto di costituzione in giudizio di S.E.C.E. Societa' Esercizi Cave Edilizia S.p.A.; Viste le memorie difensive; Visti tutti gli atti della causa; Relatore nell'udienza pubblica del giorno 11/06/2008 il cons. Annibale Ferrari e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale; Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue: FATTO e DIRITTO 1. Gli atti impugnati con il ricorso in epigrafe si riferiscono ad un progetto di ampliamento di una cava sita in località “La Spicca”del Comune di Orvieto approvato ed autorizzato in variante ad un precedente progetto approvato ed autorizzato dallo stesso Comune nel 2003 relativamente ad un vecchio sito di cava esistente in località “Mignattaro”. Il ricorrente dichiara di agire nella qualità di comproprietario di un complesso immobiliare denominato “Casa Carpineta” in località “Botto” sita a breve distanza dalla zona di escavazione ed a più breve distanza dalla zona di lavorazione e frantumazione del materiale basaltico inerte estratto dalla cava. In tale qualità egli assume di essere titolato a far valere il proprio legittimo interesse alla verifica di legittimità degli atti medesimi i quali,a suo dire,si porrebbero in aperto contrasto non solo con la normativa di legge e di regolamento regionale in materia di attività di cave ma anche con la disciplina del piano regionale delle attività estrattive approvata con delibera del Consiglio regionale n.465 del 9 febbraio del 2005;il tutto,trascurando la disciplina vincolistica di zona ed altresì arrecando pregiudizio grave alla quiete domestica ed alla salute dello stesso ricorrente e degli altri abitanti della stessa zona. L’attività di cava in questione,infatti,produrrebbe intollerabili emissioni acustiche a causa della tecnica estrattiva realizzata a mezzo di mine ed a causa della frantumazione delle pietre realizzata a mezzo di un mulino frantoio. A sostegno del gravame,oltre alla violazione di legge, vengono anche formulate censure di incompetenza e di eccesso di potere sotto vari profili,compreso quello dello sviamento. 2. Per resistere a tali censure si sono costituiti soltanto il Comune di Orvieto e la società controinteressata.Entrambi chiedono che il ricorso sia dichiarato inammissibile e comunque rigettato siccome infondato nel merito. 3. Trattenuta la causa in decisione all’udienza dell’11 giugno 2008,il Collegio rileva che il ricorso è ammissibile e fondato ai sensi di cui si dirà in appresso. 3.1. Invero,l’eccezione di difetto di legittimazione sollevata dalla difesa comunale ed anche difesa della controinteressata non può essere accolta perché il ricorrente,oltre che tutelare indirettamente il proprio diritto alla salute ed i propri diritti economici ,intende direttamente difendere in questa sede anche il proprio interesse legittimo al rispetto dei valori paesaggistici ed ambientali della zona dove egli possiede un immobile. Quest’ultima specifica pretesa difensiva- siccome correlata alla non contestata titolarità di un diritto reale immobiliare asseritamente pregiudicato dalla adozione di atti ritenuti illegittimi, consente di riconoscere nel caso di specie una differenziata e qualificata posizione di tutela soggettiva da ritenere meritevole di protezione anche perché correlata al corretto esercizio del potere amministrativo. Ciò significa in definitiva che,a prescindere dalla ulteriore tutela che lo stesso ricorrente potrà richiedere in altra sede in relazione ai predetti suoi diritti soggettivi violati, tale posizione giustifica appieno la legittimazione al gravame in questa sede dove notoriamente vengono in rilievo i legittimi interessi soggettivi ai quali l’ordinamento giuridico accorda protezione (ripetesi) anche in funzione del corretto esercizio del potere amministrativo. Nel caso di specie, poi, l’interesse del ricorrente è altresì da considerare attuale e concreto perché egli non intende porre in discussione lo stato di fatto preesistente e gli atti che all’epoca (nel 2003) consentirono la riattivazione della cava già dismessa ma quelli che ora hanno autorizzato il vasto ampliamento della stessa e che ora quindi attualizzano il suo interesse al rispetto dell’assetto paesaggistico ed ambientale della zona. Anche in precedenti decisioni, riguardanti controversie analoghe, questo T.A.R. ha riconosciuto legittimazione ed interesse a ricorrere a chi si trovi in relazione di (relativa) prossimità territoriale con l’ambito della cava. Così la sentenza n. 384/2005 e la n. 437/2006. Fra l’altro, si è ritenuto di poter utilizzare i princìpi concernenti l’interesse a ricorrere in materia di concessioni edilizie, visto che l’apertura di una cava produce sul territorio un impatto certamente non meno sensibile di quello di un nuovo edificio. Nella specie, si discute di una escavazione prevista per circa 8.500.000 metri cubi: volume che, supposto uno scavo della profondità costante di 20 m, ossia l’altezza di un fabbricato abitativo di sette piani, corrisponde ad una superficie escavata di circa 42 ettari: dimensioni, queste, che testimoniano della rilevanza ambientale dell’opera (non a caso si è resa necessaria la previa valutazione d’impatto ambientale). 3.2. L’altra eccezione di inammissibilità pure sollevata dalla difesa della controinteressata è infondata perché gli atti di approvazione del progetto posti in essere dalla conferenza di servizi sono comunque atti di natura endoprocedimentale che come tali il ricorrente non doveva impugnare in modo espresso e specifico. Essi,infatti,sono poi confluiti come atti presupposti ma non a valenza autonoma nell’atto terminale della procedura in questione e cioè nella autorizzazione rilasciata dal Comune. Sicché, l’avvenuta tempestiva impugnazione di quest’ultima (da intendere come atto finale ed autonomamente lesivo e dunque non meramente consequenziale ed applicativo di quelli posti in essere dalla conferenza di servizi) unitamente all’impugnativa dell’atto dirigenziale della Regione con il quale è stato espresso il giudizio favorevole di compatibilità ambientale del progetto di ampliamento di cui è causa giustificano appieno l’ammissibilità del gravame. 4. Ciò premesso,occorre rilevare che quest’ultimo è fondato in base alle dedotte ed assorbenti censure di violazione di legge (artt.1 e 2 della legge regionale n.2 del 2000 ed art. 20 del relativo regolamento) e di eccesso di potere sotto il profilo del difetto di istruttoria e di motivazione. L’art.1 di detta legge, precisando che essa ha come finalità la programmazione e l’attività di coltivazione di materiali di cava, stabilisce che tale attività deve essere correlata al soddisfacimento del fabbisogno regionale e deve svolgersi nel rispetto dell’ambiente e del territorio. Il successivo art. 2 definisce il fabbisogno regionale come l’insieme di materiali inerti necessario a garantire, nell’ambito del territorio regionale e sulla base dei criteri previsti dal Piano Regionale delle Attività Estrattive (P.R.A.E.), l’approvvigionamento delle risorse necessarie alle esigenze civili ed industriali ordinarie regionali nonchè alle esigenze straordinarie riguardanti la realizzazione di grandi opere pubbliche ricadenti nel territorio regionale, comprese quelle relative alla realizzazione di infrastrutture viarie di interesse nazionale. L’art.20 del regolamento regionale in materia (reg. n.3 del 17 febbraio 2005) indica poi come parametro di riferimento per il rilascio della autorizzazione relativa al soddisfacimento del fabbisogno ordinario la quantità di materiale estrattivo da utilizzare nei previsti impianti di prima lavorazione o trasformazione del materiale stesso ubicati sul territorio regionale. 5. Dalla predetta normativa di legge e di regolamento nonché dalla disciplina pianificatoria contenuta nel P.R.A.E. approvato con delibera del Consiglio regionale n.465 del 2005 emerge ben chiaro che il rilascio ed il mantenimento dell’autorizzazione per l’esercizio di una attività di cava deve essere condizionato al rigoroso riscontro preventivo ed anche successivo dell’esistenza e poi della permanenza delle seguenti condizioni: a) che la normale attività estrattiva della cava sia quantificata e giustificata in funzione del soddisfacimento del fabbisogno regionale(ordinario) dello specifico materiale che è oggetto di estrazione;il tutto,nel rispetto delle stime previsionali determinate dal P.R.A.E.; b) che l’escavazione riferibile invece al fabbisogno straordinario – per sua natura occasionale e quindi non quantificabile a priori – deve essere parametrata caso per caso in modo specifico, in relazione alle previste necessità di realizzazione di opere pubbliche ricadenti anche in ambito regionale. In altri termini, essendo l’attività di coltivazione di materiali di cava di per sé invasiva e lesiva di detti valori così come esistenti nei vari territori regionali, è da ritenere che la parametrazione quantitativa, qualitativa ed anche temporale dell’attività stessa in ambito regionale debba sempre intendersi delimitata al massimo per garantire l’assoluto rispetto del paesaggio, dell’ambiente e dell’ecosistema di ciascuna regione e che dunque essa non possa mai essere autorizzata né in funzione di progettate esigenze produttive ordinarie correlate all’utilizzo ed al commercio extra regionale dei predetti materiali nè in funzione di progettate esigenze produttive straordinarie riguardanti la realizzazione di grandi opere pubbliche ovvero di infrastrutture viarie di interesse nazionale che però esulino totalmente dal territorio regionale. Tutta la normativa del P.R.A.E. attualmente vigente in Umbria è assolutamente in linea con quanto sopra detto. In particolare,a parte l’ampia ed approfondita disamina riguardante la compatibilità ambientale e la disciplina vincolistica ostativa e vincolante delle singole zone del territorio regionale, tutte le previsioni pianificatorie concernenti la sostenibilità e le stime del fabbisogno regionale confermano che esse sono ispirate al principio dello sviluppo sostenibile ed a valutazioni limitative che mirano a coniugare gli interessi della produzione con quelli urbanistici ed ambientali aventi sicuramente valenza prevalente in ambito regionale. In base a tali valutazioni pianificatorie riferite al periodo 2002-2012 il fabbisogno ordinario regionale è stato suddiviso per settori (argille, inerti, pietre) e per destinazioni d’uso (civile ed industriale) con l’indicazione dei volumi stimati necessari per ciascun settore nel primo e nel secondo quinquennio di validità del piano. Per il fabbisogno straordinario, stante il suo carattere occasionale, non è stata invece effettuata alcuna stima né annuale né pluriennale precisandosi tuttavia che nel periodo di validità del piano medesimo è prevista la realizzazione di talune infrastrutture viarie e ferroviarie elencate a titolo indicativo in una apposita tabella. 6. Riassumendo, il criterio del “fabbisogno regionale” viene in considerazione in due momenti distinti (e con metodi altrettanto distinti): Il primo momento è quello della formazione del P.R.A.E.: in questa fase dev’essere valutato e quantificato il fabbisogno regionale annuo per il periodo di validità del piano, distintamente per le grandi categorie di materiale (argille, inerti, pietre ornamentali). Il fabbisogno così determinato costituisce il limite quantitativo da osservare in sede di rilascio delle autorizzazioni per tutta la durata del piano Il secondo momento è, appunto, quello dei singoli provvedimenti autorizzatori in questa fase si deve verificare che la quantità di materiale da estrarre annualmente, secondo il progetto, rientri nel limite quantitativo prestabilito dal piano. E’ evidente che ai fini di quest’ultima verifica non si deve tener conto solo del quantitativo (fabbisogno ordinario annuo) stabilito dal piano, ma anche della quantità di materiale estraibile dalle cave già assentite. Infatti la quantità disponibile per nuove autorizzazioni è pari alla differenza fra il primo dato (fabbisogno regionale annuo complessivo) e il secondo dato (produzione annua delle cave già assentite). In altre parole, il termine di confronto ai fini del rilascio delle nuove autorizzazioni non è il fabbisogno “lordo”, bensì quello “netto”, ossia quello al netto delle analoghe autorizzazioni già rilasciate. 7. In questo quadro sembra ridimensionarsi il problema (pur discusso fra le parti) della definizione del “fabbisogno regionale civile ed industriale”, di cui alla l.r. n. 2/2000, e in particolare della inerente questione se in tale concetto di fabbisogno vada incluso tutto il materiale lavorato negli stabilimenti industriali della regione, ancorché il prodotto finale sia destinato al mercato extraregionale. Tale questione, invero, è rilevante ai fini della formazione del P.R.A.E., nel senso che quest’ultimo potrà essere censurato qualora, in ipotesi, le sue stime riflettano un’accezione troppo estensiva (o troppo restrittiva) del concetto di “fabbisogno regionale”. Una volta, però, che il P.R.A.E. abbia quantificato il “fabbisogno regionale”, e tale quantificazione non sia oggetto di controversia (e nella fattispecie non lo è) l’unico presupposto di legittimità delle singole autorizzazioni che via via verranno rilasciate è che esse si mantengano nei limiti di quel quantitativo, senza bisogno di indagare ulteriormente circa l’impiego che si farà del prodotto. 8. Passando ora all’esame della vicenda concreta, si deve rilevare che dai verbali della conferenza dei servizi svoltasi in sede regionale nelle tre sedute del 10 maggio 2005,del 22 dicembre 2005 e del 30 gennaio 2006 per la valutazione di impatto ambientale del progetto in questione non risulta che in quella sede sia stato minimamente affrontato il problema della necessaria verifica dell’assentibilità del progetto in rapporto al fabbisogno ordinario regionale così come definito e quantificato nel P.R.A.E.; tanto meno in rapporto al fabbisogno “netto” come sopra specificato. Nel rapporto istruttorio allegato al verbale della terza seduta e firmato dal responsabile del competente servizio regionale (dott. Andrea Monsignori) vengono infatti indicati i metri cubi previsti nel progetto di escavazione (8.589.000 di materiale complessivo di cui 4.937.850 di materiale basaltico utile), la durata decennale del suo svolgimento e la previsione annua di materiale basaltico estratto pari a 493.785 mc (a fronte di una quantità di materiale estratto dichiarata con perizia giurata nell’anno 2004 pari a mc.406.541 in rilevante aumento rispetto agli anni precedenti); il tutto, per poi concludere che, ai fini del rilascio dell’autorizzazione comunale, sarebbe stato opportuno indicare come quantità media di materiali basaltici estraibile annualmente 400.000 mc. per anno per l’intera durata dell’estrazione con facoltà di aumento percentuale massimo predefinito(all’incirca del 20%) per far fronte a particolari esigenze occasionali (a condizione che negli anni successivi venga effettuata una minore estrazione per compensare detto occasionale aumento). In detto rapporto istruttorio manca però qualsiasi riferimento specifico che possa dimostrare la compatibilità del progetto con il limite quantitativo risultante dal fabbisogno quantificato dal P.R.A.E., al netto della produzione delle altre cave già assentite. 9. Un riferimento, alquanto generico, al problema del fabbisogno si rinviene semmai nel verbale del 30 gennaio 2006 della conferenza di servizi, e solo sotto forma di replica ad una osservazione presentata dal “Forum Ambientale Orvietano”. In tale replica è stato precisato che il materiale estratto e lavorato nella cava è destinato principalmente alla realizzazione di «infrastrutture di collegamento che interessano il territorio regionale ed oltre». Tale generico riferimento peraltro non può ritenersi idoneo a legittimare i provvedimenti impugnati, in presenza delle fondate ed assorbenti censure di violazione di legge e di eccesso di potere per difetto di istruttoria e di motivazione. Ed invero, se nella mente delle autorità decidenti la cava di cui si discute risponde al fabbisogno regionale “ordinario”, allora, come già detto, si sarebbe dovuto procedere alle verifiche quantitative sopra specificate. Poiché ciò non è stato fatto, tanto basta per giudicare illegittimi gli atti impugnati. Se, invece, nella mente delle autorità decidenti la cava è assentibile in quanto risponde al fabbisogno “straordinario”, allora sarebbe stato necessario che tale condizione risultasse già dal progetto sottoposto all’esame della conferenza di servizi, con la precisa indicazione delle infrastrutture alla cui realizzazione è destinato il materiale de quo, nonché dei quantitativi occorrenti e di ogni altro elemento dimostrativo utile a giustificare tale deroga al principio del “fabbisogno ordinario”. Conviene sottolineare, infatti, che il principio fondamentale della l.r. n. 2/2000 è quello del “fabbisogno regionale ordinario” (per ragioni che si sono già accennate e che è superfluo illustrare ancora) mentre solo a titolo eccezionale ci si può avvalere del criterio del “fabbisogno straordinario”. Se nella fattispecie era necessario ricorrere a tale eccezione (in quanto, in ipotesi, il progetto di escavazione eccedesse il fabbisogno “ordinario”) si doveva compiutamente dimostrare che ve ne erano i presupposti legittimanti. Di fatto, invece, il progetto non conteneva (a quanto pare) alcuna indicazione o giustificazione in questo senso; e le autorità procedenti, da parte loro, mostrano di non aver neppure percepito il problema. 10. Tenuto conto di quanto sopra detto,è appena il caso di precisare che gli argomenti difensivi svolti dalla società controinteressata nella memoria del 26 maggio 2008 in ordine al secondo motivo del ricorso non possono ritenersi dirimenti: anzitutto perché l’asserita corrispondenza tra la quantità di estrazione di materiale basaltico autorizzata con il provvedimento impugnato e quella a suo tempo autorizzata nel 2003 non può di per sé giustificare la riscontrata carenza di istruttoria e di motivazione in ordine alle previste successive esigenze estrattive dello stesso materiale relativamente al fabbisogno ordinario e straordinario regionale per un ulteriore quinquennio fino al 2015; inoltre, perché il riferimento al fabbisogno straordinario così come esplicitato in tale memoria (in ordine ai lavori ed alle opere riguardanti l’infrastruttura di collegamento Firenze-Bologna) costituisce una irrilevante motivazione postuma, a fronte della assoluta carenza di qualsiasi dibattito che sul punto doveva essere svolto in sede di conferenza di servizi. . 11. Per questi motivi, il ricorso merita l’accoglimento. L’eventuale riesame più approfondito del progetto in questione non potrà in ogni caso prescindere nè dalla considerazione che la quantità del materiale da estrarre dovrebbe comunque intendersi parametrata al fabbisogno ordinario regionale “netto”, né dall’altra considerazione che ove si volesse far riferimento al fabbisogno straordinario, le relative esigenze dovrebbero essere compiutamente illustrate e dimostrate, ovviamente anche sotto il profilo del “quantum”. 12. Le spese di lite possono essere compensate in presenza di giusti motivi. P.Q.M. Il T.A.R, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe ai sensi e per gli effetti di cui in motivazione e compensa integralmente tra le parti le spese di lite. Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa. Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 11/06/2008 con l'intervento dei Magistrati: Pier Giorgio Lignani, Presidente Annibale Ferrari, Consigliere, Estensore Carlo Luigi Cardoni, Consigliere

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