sociale

Il paese che purtroppo amo. L'Italia vista da Petra Reski

giovedì 24 luglio 2008
Amare l’Italia non è mai stato più difficile di oggi. Tuttavia, l’autrice non potrebbe vivere altrove. Storia di una confusione di emozioni. Un lettore ci segnala questo interessante articolo, che proponiamo a nostra volta all'attenzione di lettrici e lettori. Articolo originale di Petra Reski su Zeit online Traduzione su OkNO OkNotizie Quell’estate, in cui mi sono innamorata degli italiani, sulle spiagge si raccontava delle frodi di Bettino Craxi, e io pensavo: strano paese, dove anche i bagnini sanno come imbroglia il leader socialista! Era l’estate del 1989, io ero distesa sulla sdraio e ascoltavo il bagnino, che senza alcuna remora parlava del sistema del finanziamento illecito ai partiti socialista e democristiano, degli abusi d’ufficio e delle tangenti, delle infiltrazioni e omicidi mafiosi come se si trattasse del prossimo torneo di bocce sulla spiaggia. Nello stesso anno mi recai in Sicilia per la prima volta come giornalista. Lì ho conosciuto il funzionario di polizia che ha fatto luce sulla Pizza Connection, traffico di eroina tra la Sicilia e il Nord America. Era protetto da due guardie del corpo e circolava su una berlina blindata, e mi ricordo ancora cosa pensai: Che strano paese! Qui, le forze di polizia devono essere protette! Il Ministero dell’Interno lo aveva invitato a lasciare la Sicilia, perché la sua sicurezza non poteva più essere garantita. Al suo rifiuto, fu trasferito d’ufficio a Palermo. Ho trovato molto strano che in Italia i poliziotti che compiono con successo il loro dovere siano puniti, ma pensai che queste cose presto sarebbero cambiate, dopotutto in quella estate del 1989 eravamo tutti molto ottimisti sul futuro. C’era un’atmosfera di rivalsa e speranza, finalmente il mondo stava cambiando. Nell’ Europa dell’est cadevano i muri, e noi giornalisti eravamo convinti che anche in Italia le fondamenta su cui si reggeva il sistema di collusione tra mafia e corruzione politica con in testa democristiani e socialisti, stesse cedendo. In Italia adesso si va avanti, pensavo. L’ italiano al mio fianco rimase scettico. Solo due anni più tardi mi sono arresa anch’io all’immaginario tedesco dell’Italia e sono passata dalla parte dell’italiano al mio fianco, nella terra del viaggio italiano “dove in genere nessuno lavora solo per vivere, ma per godere, e dove anche il lavoro per vivere è un’occasione di felicità”, nella terra con una eterna natura meravigliosa e intrepidi magistrati. A Milano stava per essere scoperta tangentopoli e le trasmissioni televisive più seguite erano quelle che venivano trasmesse dal Palazzo di giustizia di Milano. Allo stesso tempo, con il maxiprocesso di Palermo Giovanni Falcone e Paolo Borsellino, per la prima volta nella storia giudiziaria italiana, riuscivano a portare a termine un processo di mafia attraverso tutti e tre i gradi di giudizio, senza che la mafia riuscisse a ribaltare le sentenze nei gradi intermedi. E anche dopo l’assassinio di entrambi i magistrati, non vi era alcun dubbio che l’Italia si trovasse ad un punto di svolta sulla questione morale e non volesse essere più permeabile alla mafia e alla corruzione della classe politica: nel 1993 il primo ministro per la settima volta, Giulio Andreotti, fu accusato a Palermo di associazione mafiosa. Le cose cambieranno, pensavo. Solo l’italiano al mio fianco rimase scettico. Da 2000 anni qui comanda la Chiesa cattolica e abbiamo il Papa a casa nostra!, disse. Non dimenticare che il cattolicesimo come religione di stato è stato abolito solo nel 1984! La mafia e la Chiesa non lasceranno mai che le cose cambino in Italia! Qui non siamo in Germania! Non essere ingenua! Io invece consideravo la chiesa come una scelta personale e la mafia come un fenomeno creato dagli uomini: come tale avrà un inizio ed una fine, come disse anche Giovanni Falcone. Perché questo non dovrebbe valere anche per le altre cose in Italia? Cominciai ad avere qualche dubbio quando le critiche ai pubblici ministeri cominciarono a farsi sempre più forti. Non c’è nulla di più sgradito nella cattolica Italia del cosidetto giustizialismo, manie di giustizia: Non siamo forse tutti peccatori davanti a Dio? Gli italiani smisero di tirare monete ai politici. E cominciarono a votare Berlusconi. La sua discesa in campo fu caratterizzata da tacchi alti, un partito fatto in casa e con calze da donna sugli obbiettivi delle telecamere per migliorare la sua immagine. I redattori di giornali tedeschi cominciarono a telefonarmi eccitati e a chiedermi cosa fosse successo agli italiani. Con serenità citai il giornalista italiano Indro Montanelli, “Il modo migliore per immunizzare gli italiani contro Berlusconi, è lasciarlo governare per una volta”. Non potevamo prevedere che gli italiani fino ad ora si sarebbero lasciati immunizzare senza successo per ben tre volte. Berlusconi deve essere qualcosa di simile all’ebola, ha affermato lo scrittore Roberto Alajmo. Alla seconda vittoria elettorale di Berlusconi il livello di sgomento era già diminuito, la terza volta nessuno dei miei colleghi tedeschi ha chiesto alcunché. Berlusconi era diventato qualcosa di simile ad un reumatismo cronico, qualcosa come la mafia, che in Germania non si capisce come non si possa tenere sotto controllo. I miei colleghi in Germania iniziarono a scrivere canzoni di addio per un paese per il quale già Pasolini ebbe a piangere: “Ho amato gli italiani purtroppo, sia al di fuori dei palazzi del potere (e anche in disperata opposizione a questi) e sia al di fuori dei modelli populisti e umanitari. E’ stato un vero e proprio sentimento di amore esistenziale. Così, con tutti i miei sensi, mi sono reso conto come l’imposizione di nuovi modelli consumistici abbia modificato, sfigurato e umiliato in maniera irreparabile la coscienza del popolo italiano”. Per i corrispondenti esteri la rielezione di Berlusconi è stata tuttavia un colpo di fortuna, perché sotto il governo Prodi, era ancora più difficile spiegare ai lettori cosa succedeva in Italia. Prodi non è Berlusconi, cosa che in Germania lasciava intendere che “la destra è il male, e la sinistra il bene”. Questo stereotipo non va d’accordo con il fatto che anche l’ex leader comunista, Massimo D’Alema, quando era al governo inciuciasse con Silvio Berlusconi e sostanzialmente abolisse la legge sui pentiti di mafia. Ancora più difficile da veicolare ai lettori è il perché Clemente Mastella, ministro della Giustizia nell’ultimo governo Prodi, si occupasse personalmene di fare in modo che i pubblici ministeri venissero ricusati non appena si occupavano di casi coinvolgenti politici italiani. Al procuratore calabrese Luigi De Magistris fu avocata un’indagine perché, in un’ inchiesta sull’uso di fondi europei, aveva deciso di indagare non solo sugli amici del Ministro della Giustizia ma anche nei confronti di Prodi stesso, quando questi era ancora in carica come Presidente della Commissione europea. Poco dopo il Ministro della Giustizia fu costretto alle dimissioni per abuso di potere ed estorsioni, cosa che ha portato alla caduta del governo Prodi. Ma non è poi sempre così in Italia? Dissero i miei amici tedeschi. Poi, quasi annoiati, sottolinearono, non senza un sorriso, il fatto che si trattava del 62mo governo del dopoguerra, cosa che mi irrita sempre un po’. Infatti, a differenza della Germania, i 62 governi del dopoguerra non sono espressione diretta della capacità tipicamente mediterranea di cambiamento, bensì il rituale di una casta di politici che si spartiscono il potere da 60 anni. In Italia non ci sono facce nuove sulla scena politica da 30 anni. Chi è riuscito ad entrare in Parlamento rimane seduto al suo scranno sino alla morte, e Andreotti non morirà mai. Qui si riesce a vendere il leader dei Democratici di Sinistra, Walter Veltroni, che è in politica dagli anni Settanta, come il nuovo. Perché sicuramente è un nuovo arrivato, rispetto al novantenne Andreotti. Berlusconi ha ripreso il suo ruolo di clown che governa una nazione derisa e per la quale gli stranieri si interessano solo per sapere dove sono le sue spiagge più belle, i suoi alberghi più economici e i ristoranti migliori. Ma dietro quest’opera buffa si nasconde un paese impaurito e fermo. Un paese che ha perso molte occasioni per il suo progresso in campo culturale ed economico. Un paese che è governato da un cinico, accusato di frode fiscale, falso in bilancio, partecipazione ad associazione mafiosa, corruzione, complicità in attentati - tutte accuse che sono finite nel nulla previa assoluzione, o archiviazione, o insufficienza di elementi di prova o di condanna poi amnistiata. Questo cinico è riuscito brillantemente a mettersi d’accordo con l’opposizione di sinistra che si mostra combattiva al mondo esterno, come se si fosse ancora ai tempi della rivoluzione industriale, ma che nel profondo ha lo stesso disprezzo per gli elettori che ha Berlusconi. Anch’io preferisco scrivere delle gaffes di Berlusconi. E’ più divertente scrivere che ha nominato Ministro per le Pari Opportunità una modella di nudo, anziché spiegare perché la sua coalizione di governo, come primo atto ufficiale, abbia proposto una legge sulla restrizione dell’uso delle intercettazioni. Ora non si può più essere intercettati, se si è sospettati di falsa testimonianza. O se si è sospettati di far parte di un’associazione criminale. I giornalisti che fanno uso di materiale intercettato rischiano fino a tre anni di carcere. E l’opposizione non dice nulla. In ogni caso, non ne sembra molto preoccupata. E perché dovrebbe. I reati che di solito sono intercettati sono commessi dalle persone dell’establishment. Di cui fanno parte anche i politici del Partito Democratico. Anche la prima proposta legislativa del precedente governo Prodi riguardava la limitazione delle procedure di intercettazione. Solo che non fu approvata. E’ più divertente scrivere del trapianto di capelli di Berlusconi che del modo in cui la camorra amministra gli affari per lo smaltimento dei rifiuti di Napoli o di come la ‘ndrangheta calabrese faccia 44 miliardi di euro di fatturato, quasi il tre per cento del prodotto interno lordo italiano. O perché una pattuglia di polizia sia intervenuta nel reparto di ginecologia al Policlinico di Napoli per prevenire un aborto - solo perché contro l’attuale legge sull’aborto la Chiesa cattolica ha lanciato una vera e propria crociata da un po’ di tempo a questa parte. O quanto spazio quotidiani, come ad esempio La Repubblica, di tendenze sinistro-liberali, dedichino ai cardinali e ai loro vaghi commenti in merito alla “tutela della vita”. Anche i fratelli minori della Spagna danno consigli. Nel frattempo, l’italiano al mio fianco deve trattenere non solo l’umiliazione subita dagli spagnoli, i poveri fratelli minori, in campo sportivo calcistico, ma anche leggere su Repubblica i consigli che il Primo Ministro spagnolo Zapatero dà per far sì che l’Italia recuperi il ritardo accumulato in vari campi. Pieni di invidia, gli italiani guardano alla Spagna - e non solo al prodotto nazionale lordo, ma anche perché gli spagnoli ora sembrano fare tutto meglio degli italiani. Zapatero ha preso ripetutamente la lotta con la chiesa cattolica, una lotta che in Italia si dà per persa fin dall’inizio. Mentre Zapatero è riuscito ad introdurre una legislazione per il matrimonio gay e per la rimozione di simboli religiosi dagli edifici pubblici, i politici italiani fanno a gara per baciare la mano del papa. I miei colleghi tedeschi mi chiedono: Come è possibile che l’unica seria opposizione in Italia sia rappresentata da un comico, un filosofo, un giornalista e un ex magistrato? E io dico: l’Italia è un paese in cui 70 deputati del Parlamento sono pregiudicati. Ma è anche un paese dove milioni di italiani scendono per strada a manifestare per opporsi al dominio di questo Parlamento fatto di pregiudicati. Quando mi sono resa conto che in questo momento storico le parole non portano a nulla, ho deciso di agire. Perché io, a differenza dei miei colleghi, non mi sono solo limitata a riportare la drammatica perdita di appeal dell’Italia per i tedeschi, ma io l’italiano al mio fianco l’ho sposato. Dopo 19 anni di convivenza. Petra Reski