sociale

Chiude Ingegneria delle Telecomunicazioni. Ma il Centro Studi più che mai fiorente punta all'alta formazione

martedì 1 luglio 2008
di laura
Conferenza stampa in team, per la Presidente del Centro Studi Città di Orvieto e il Sindaco Stefano Mocio, per annunciare i nuovi scenari del CSCO che, anche se nessuna decisione ultimativa è stata ancora presa, vedrà con ogni probabilità chiudere i battenti al suo unico Corso di laurea, il triennale “Ingegneria informatica e delle telecomunicazioni” finora agganciato, con un protocollo di intesa, all'Università di Perugia. A determinare l'arresto del Corso di laurea, attivo nella Città della Rupe da dieci anni, è la definitiva entrata in vigore dei cosiddetti decreti Mussi che, oltre a stabilire alcuni requisiti minimi per il riconoscimento dei corsi di laurea decentrati, fissano la garanzia temporale degli enti che intendono sostenerli e mantenerli ad almeno venti anni di impegno economico. Un'inutile e impossibile sfida che i soggetti sostenitori del CSCO – Comune di Orvieto, Provincia di Terni, Fondazione Cassa di Risparmio Orvieto, Assindustria – non intendono sostenere. Il Corso, dunque, sarà naturalmente riassorbito, per le annualità tuttora in vigore, dalla naturale sede di Perugia. Ma nessuna paura – hanno spiegato sia la Presidente Peltonen che il Sindaco – questo non deve causare alcun allarme in città, perché il Centro Studi, da sempre impropriamente considerato da una fetta di popolazione orvietana come “l'Università”, è ben altro e ben di più, e quindi non solo non corre rischi nonostante questa dismissione, ma è più vivo e vegeto che mai, naviga verso il risanamento economico e ha incrementato e vuole continuare ad incrementare la sua offerta nel campo che più gli è proprio, quello dei master e delle scuole di specializzazione post-universitaria. Dei 12 insegnamenti attivi, infatti, solo quello di Ingegneria informatica ha la tipologia di corso universitario, e a sostituire egregiamente questo filone che si perde è stato formalizzato giusto due giorni fa, con l'Università di Perugia, il nuovo Master universitario di “Sistemi e Tecnologie Free Libre Open Source per la Società dell'Informazione e della Comunicazione”. Da molti anni, inoltre, il CSCO è meta stabile di importanti programmi semestrali o annuali di “Study Abroad” di prestigiose università statunitensi, e anche questo è un settore che si intende incrementare. L'attuazione dei decreti Mussi, che spinge giustamente al tramonto il sogno, ormai troppo angusto e costoso, dell'Università a Orvieto, richiederebbe tra i requisiti minimi l'incardinamento di almeno nove docenti, tre per ogni anno di corso, e questo soltanto costerebbe 270 mila euro l'anno, cui andrebbero aggiunti tutti gli altri costi di gestione e organizzazione del Corso, il tutto per un impegno ventennale. Sia la Fondazione CRO che Assindustria si dicono favorevoli a lavorare su progetti di qualità, non sul mantenimento di un progetto universitario minimo e, quanto al Comune, “non ho proprio intenzione – ha dichiarato il Sindaco – di passare alla storia della città per una voragine di questo tipo, dopo aver tanto faticato per risanare il bilancio. Anche il Centro Studi deve essere in pareggio entro il mandato amministrativo, non me la sento di far finta di fare fuochi d'artificio per poi arrivare a buchi di bilancio. A questo tipo di visibilità politica non sono interessato”. Quanto alle cifre e alla politica di risanamento, il Centro Studi è l'unica partecipata del Comune non ancora in attivo. In un bilancio totale di circa 700 mila euro, il disavanzo che nel 2006 ammontava a 150 mila euro è stato ridotto nel 2007 a 90 mila. Cosa che è accaduta perché la Camera di Commercio ha stornato i suoi 50 mila euro di quota societaria sul Consorzio Universitario ternano dopo che erano state già fatte le previsioni di bilancio, altrimenti lo scompenso sarebbe stato ridotto ulteriormente. Ma il pareggio almeno, se non addirittura l'attivo, è la parola d'ordine per il bilancio 2008. Bando alle piccole Università non sempre qualificanti, dunque, e non solo per i costi insostenibili ma anche per la loro credibilità, e avanti con la specialistica post-laurea, di cui la nostra società sembra avere bisogno. Su questa strada, in realtà, si era partiti da lontano e i decreti Mussi sono stati solo l'ultimo passo di un processo ben più lungo e condiviso. Come ha spiegato la Presidente Pirkko Peltonen, l'inversione di rotta, di fronte al proliferare delle piccole università dovuto a un'interpretazione distorta del principio di autonomia, ha preso il via, per indicazione europea al Congresso di Lisbona, già nel 1999, all'epoca del Ministro per l'Università e la Ricerca Giovanni Berlinguer. Il successivo Ministero Moratti ha rafforzato, sempre su indicazione delle politiche europee, il cambio di passo, fino ad arrivare ai decreti attuativi del Ministero Mussi, emanazione di quanto già contenuto nella normativa europea. Il nuovo tracciato politico scelto dalla Giunta Mocio e dalla Presidenza Peltonen per l'alta formazione, avrà un ulteriore sbocco positivo con l'imminente riconoscimento del CSCO come Agenzia regionale di formazione, cosa che permetterà all'orgasnismo di adire, sulla base della progettazione, ai fondi comunitari europei. L'unica cosa ancora da ufficializzare, a questo punto, è la nuova sede, dato che l'immobile dell'ex Ospedale di Piazza Duomo in cui ora il CSCO si trova farà parte integrante del bando per la rifunzionalizzazione della ex Piave, con la probabile destinazione di un albergo extra lusso. La notizia sulla localizzazione del CSCO nel nuovo assetto dei beni di pubblico interesse sarà data giovedì, nella conferenza stampa che il Sindaco ha già convocato per fare il punto sulle ex caserme, ma non c'è motivo di dubitare che proprio negli spazi della Piave il Centro Studi troverà la sua naturale sede. Con la conformazione di un campus universitario, hanno dichiarato concordemente Mocio e la Peltonen, di stampo internazionale, che si affermi nell'economia della cultura senza nulla dover invidiare al rinomato modello anglosassone.