sociale

Memoria. Breve nota sui sette martiri di Camorena

giovedì 27 marzo 2008
di laura
Ulderico Stornelli, Alberto Poggiani, Raimondo Lanari, Amore Rufini, Raimondo Gugliotta, Dilio Rossi, Federico Cialfi: questi i nomi dei sette trucidati a Camorena. Chi erano e come si sono trovati insieme in questa tragica sorte? Ulderico Stornelli e Alberto Poggiani possono essere definiti i capi storici di quella che sarà chiamata sbrigativamente, dai fascisti e dai contadini meno compiacenti, la "banda Stornelli": rifugiati in una gotta di Case Nuove, in buoni rapporti con la maggior parte dei contadini del luogo che li stimano, svolgono un'attività che potrebbe essere accostata a quella dei partigiani, fatta di propaganda antifascista, distribuzione di stampa clandestina e organizzazione di sbandati e renitenti. Federico Cialfi, fra tutti il più anziano, è il loro collaboratore esterno, sia per i rifornimenti di cibo che per i collegamenti. Raimondo Lanari e Amore Rufini sopraggiungono nella grotta, dove peraltro transitano spesso molti clandestini, in un secondo momento, come disertori decisi a darsi alla macchia dopo il gennaio 1944, sotto la minaccia di essere arruolati nel battaglione "M", corpo fascista violento e malvisto dalla popolazione del quale non si sentono di voler far parte. Fuggono dalla Caserma Aeronautica di Orvieto e a loro si unisce anche un aviere originario di Modica, Raimondo Gugliotta. Dalla caserma asportano anche un consistente quantitativo di ami, che saranno lasciate ad Orvieto e trasportate successivamente nella grotta da Vittorugo Lanari, fratello minore di Raimondo. L'ultimo ad unirsi al gruppo, la notte del 7 marzo, poco prima dell'incursione della milizia fascista nella grotta, è Dilio Rossi, renitente alla leva; non potendo più restare in casa per timore di perquisizioni che, per questioni annonarie, riceveva il padre, sia pure titubante accetta l'invito di Stornelli a rifugiarsi nel nascondiglio dove, per una tragica fatalità, resterà solo poche ore. Nei giorni successivi, anche per l'effetto boomerang dell'attentato di Via Rasella a Roma, ogni speranza di mite sentenza scomparve e i giovani furono condannati non per renitenza e diserzione, cosa che avrebbe loro permesso di aver salva la vita, ma per formazione e sovvenzionamento di banda armata.

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