sociale

Acqua Pubblica o privata? Il collettivo de 'il manifesto' scrive al Presidente della Repubblica

martedì 2 maggio 2006
Non demorde sulla questione della ripubblicizzazione dell’acqua il Collettivo de “il manifesto” di Orvieto. Alberto Montanucci, dopo il distacco operato dal SII nell’abitazione del padre Giulio, a causa della forma di disobbedienza civile di non pagamento delle bollette da lui attuata insieme ad altri aderenti al Collettivo, ha inviato in data 21 aprile una lettera al Presidente della Repubblica Italiana, alla Corte Europea per i diritti dell’uomo di Strasburgo, al Presidente del Tribunale di Orvieto e, per conoscenza, al Sindaco di Orvieto, al SII di Terni e all’AATO 2 dell’Umbria. Questo il testo della lettera, pubblicamente diffusa dal Collettivo “il manifesto”: Egregio Presidente, in Italia e ad Orvieto molti si battono per la ripubblicizzazione della risorsa acqua. Come atto di dissenso, mio padre Giulio Montanucci, non ha pagato quanto richiesto dal gestore del servizio idrico orvietano, ma ha depositato gli importi dovuti in un libretto al portatore a disposizione dell’Amministrazione Comunale per quando sarà di nuovo il vero e legittimo gestore. In questa contrapposizione politica e civile la società di gestione, il 7 marzo, ha creduto bene di far interrompere il flusso di acqua nell’abitazione dei miei. Il mondo politico (ora in cambio di direzione perché spinto dall’opinione pubblica a riconoscere i difetti della legge Galli*) legiferò al tempo, senza garanzie per i cittadini. Nel frattempo le società di gestione, presupponendo di non dover rendere conto del proprio operato e progetti, non agiscono con atti pubblici o giudiziari in cui dovrebbero spiegare le loro ragioni, ma interrompono le forniture di un bene non loro. UN PALESETENTATIVO DI INTIMIDAZIONE DELL’OPPOSITORE. Siamo di fronte a chi (con bene-stare governativi gestisce patrimoni pubblici) cerca di creare sofferenza alla controparte (il cittadino, nei fatti totalmente dipendente dal gestore pubblico) anziché confrontarsi con lui sul piano civile o giudiziario. Le chiedo Signor Presidente, di valutare se questi atti sono da considerare (se pur nel minimo) tortura. Parola che appare sproporzionata, perché legata a condizioni di disagio umano distanti da quella italiana, ma non se si coglie nella sua accezione pura: provocare sofferenza fisica o psichica a chi non si comporta come si vorrebbe per indurlo a cambiare idea. L’asportazione di un contatore, che obbliga a trasportare l’acqua fino al terzo piano come in questo caso, è intimidazione fisica e psichica, ed è ciò che la SII di Terni opera nei confronti dei miei genitori. Quanto illustrato è una situazione specifica, esempio di tante altre dove l’Intimidazione ha dato i risultati voluti. Con questa chiedo che in Italia si sancisca che la privazione volontaria dell’acqua, ai cittadini, da parte dei gestori del servizio idrico si configuri come un grave e colpevole tentativo di intimidazione, creatoredi sofferenze. *Chiosa integrativa: Alla difficoltà del mondo politico, a ripensare la legge che disciplina l’acqua, non sono estranei i grandi risarcimenti che le società vincitrici degli appalti richiederebbero nel caso si tornasse alla gestione diretta del servizio idrico da parte delle municipalità. Pare fuori luogo pensare le società private di gestione come degli ingenui non a conoscenza dei valori etici e legali che la nuova organizzazione del bene acqua avrebbe comportato. Wittgenstein, logico austriaco, chiama le società: Idrauliche; in quanto verificò sincronismi tra il controllo dell’acqua e il ruolo di dominanza nella stessa area. Chi voleva mantenere il potere o conquistarlo doveva controllarla. Non riuscire più a gestire questa risorsa era sintomo e causa di un cambio di potere. Così è avvenuto alla fine dell’impero Romano, probabilmente per i Maia, per la repubblica Veneta, o più recentemente, in modo brutale, per la mafia in Sicilia. Nella complessità delle grandi società contemporanee l’acqua non ridimensiona ma mantiene il suo grande valore, e il mondo economico, non certo ingenuamente, tenta di controllare la grande indispensabile risorsa, oggi trasformata in un bene mercificabile speciale, perché non soffre crisi di domanda. In questi ultimi anni, con l’auto-alleggerimento del pubblico dalla gestione diretta dei servizi, si è verificato in automatico, e non poteva non esserlo, un cambio di significati e di valori intorno ai servizi stessi. Dato che i gestori privati rispondono ad etiche a matrice economica, dove primario è il profitto, il maggiore possibile, com’è insito nell’attività commerciale. Il Pubblico si trova a vigilare su qualcosa ad esso estraneo, incapace o impossibilitato a farlo. Il risultato è ciò che succede ad Orvieto: dove sembra modernamente civile, togliere l’acqua per contrasti ideologici, ad una famiglia che intende assumersi la responsabilità del proprio vivere civile.