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Anziani: nella necessaria perfettibilità la SPI-CGIL rivendica il modello socio-assistenziale umbro

giovedì 23 febbraio 2006
di laura
Non è piaciuto, alla CGIL-SPI, il paragone fatto nei giorni scorsi, da alcune agenzie di stampa, tra le strutture socio-sanitarie umbre e quelle laziali richiamate come esempio da imitare, tanto che i responsabili a livello locale – Rita Paggio e Renato Formiconi – e provinciale – Raffaella Chiaranti – hanno convocato una conferenza stampa per parlare dell’assistenza agli anziani in generale, ma soprattutto per rivendicare la bontà del modello umbro previsto dal Piano Sociale Regionale. Certo c’è molto da fare nel campo dell’assistenza agli anziani e del lavoro di cura ad essi rivolto, ma l’Umbria – è stato messo in evidenza – è ben più avanti del Lazio, sia per quanto riguarda le risorse impiegate nel settore, sia per le linee guida del Piano Sociale e il modello scelto. Un tipo di assistenza che, pur non escludendo il ricorso alle cosiddette case di riposo, più propriamente distinguibili in residenze assistite e residenze protette, punta molto sulla prevenzione e sulla permanenza dell’anziano nella struttura familiare, incentivando tutte quelle forme di assistenza domiciliare che, oltre ad essere psicologicamente più opportune, risultano anche molto meno costose, sia per le famiglie che per il bilancio pubblico, considerando che il pubblico concorre alle rette di ricovero degli anziani nelle apposite strutture convenzionate almeno per il 50% dei costi, ancor più se l’anziano ha un reddito basso o inesistente. L’argomento, sollecitato anche dai recenti controlli dei NAS in alcune strutture per anziani del circondario, in particolare Castel Viscardo e Castel Giorgio, è quanto mai attuale in un territorio come il nostro, dove c’è uno dei più alti tassi di invecchiamento dell’Umbria, che andrà ulteriormente aumentando se è vero, come è al momento dimostrato, che ogni 10 anni la vita media degli individui si allunga di un anno: “dato – ha sottolineato Formiconi – che deve essere letto anche in senso positivo, perché se una popolazione invecchia significa che sono buone le condizioni di vita”. Proprio rispetto alle residenze per anziani , Raffaella Chiaranti ha sottolineato che la scelta della Regione Umbria di alzare gli standard, sia strutturali che assistenziali, va difesa ed è pienamente condivisa dai sindacati e che, per i lavoratori delle varie strutture, si devono garantire anche le condizioni di lavoro e l’applicazione di contratti equi. D’accordo su questa linea anche Maria Rita Paggio, che ha aggiunto come la qualità debba essere, in questo settore, la linea guida dell’azione socio-assistenziale, da garantirsi, oltre che con strutture adeguate, con l’implementazione e la sempre maggiore qualificazione dei servizi domiciliari, vero sostegno al lavoro di cura delle famiglie e delle donne in particolare, visto che su di loro soprattutto continua a ricadere questo aspetto delle responsabilità familiari. Renato Formiconi, recentemente nominato segretario dello SPI (Sindacato Pensionati Italiani) Orvieto, ha posto l’accento sul ruolo che potrebbe essere svolto, in questo senso, dai centri diurni per anziani, che lo Spi sollecita da tempo, che potrebbero svolgere una funzione sociale rilevante sia per sollevare le famiglie da una parte dei loro carichi, sia per dare un aiuto agli anziani soli e per creare occasioni di scambio e di relazione. Nell distretto di Fabro ne verrà tra poco inaugurato uno, che si spera possa diventare un utile modello per altre zone del comprensorio, compresa Orvieto che non ne ha ancora. Il buon modello umbro che il sindacato rivendica non significa, ovviamente, che tutto fili liscio e non ci sia ancora molto da fare. Il sindacato resta, a questo proposito, sempre vigile e propositivo e è particolarmente interessato, in questo momento, alla questione del ripristino dell’Istituto Piccolomini Febei, “l’unico istituto pubblico e laico della nostra zona - ha affermato Maria Rita Paggio – per cui sollecitiamo, ora che la situazione sembra prossima a sbloccarsi anche per l’assegnazione di un fondo regionale per il suo ripristino, un modello di attuazione e di gestione che possa essere un generale riferimento: una residenza protetta moderna e a norma che, sia per le strutture che per il modello di assistenza e l’applicazione dei contratti, possa fungere da modello etico per il territorio.”