politica

Verso il referendum. "Non facciamoci del male! Le ragioni del Sì"

venerdì 2 dicembre 2016
Verso il referendum. "Non facciamoci del male! Le ragioni del Sì"

"Domenica noi voteremo Sì. Perché alla fine del percorso che abbiamo iniziato giugno scorso, con eventi in cui abbiamo invitato la cittadinanza a conoscere, con l’aiuto di esperti e professionisti, il merito della riforma della II parte della Costituzione, ci siamo convinti che votare No significa semplicemente farsi del male. Per quelli di destra come per quelli di sinistra. Perché? Ecco l’elenco minimo delle conseguenze del No.

Intanto le donne. Perderebbero il diritto all’equilibrio di genere nelle Camere e nei consigli regionali. Un bel modo per rinunciare alla parità fra uomo e donna che finalmente è sancita nella nuova Costituzione. E poi le minoranze. Perderebbero alcuni diritti costituzionali: a un proprio statuto, per esempio, che ne fissa prerogative e poteri, e al ricorso alla Corte contro le leggi elettorali imposte dalla maggioranza. Tutti poi finiremmo per dare una mazzata all’idea stessa di sovranità popolare. Da quanti anni ci si lamenta che in Italia c’è solo il referendum abrogativo? Con il no rinunciamo ai referendum propositivi e di indirizzo nonché alle leggi approvate a data certa. E guai allora, dal 4 dicembre in poi, a chi si lamenterà degli eccessi della decretazione d’urgenza!

Un'altra rinuncia – e questa è veramente la più insensata e drammatica: la rinuncia a eliminare i guai prodotti dalla riforma delle Regioni del 2001. Aveva introdotto in materie strategiche come l’energia, il lavoro, le telecomunicazioni, la sanità, la competenza legislativa concorrente. Una strada che si è dimostrata inefficiente, costosa e fonte di litigi: ci sono stati più di 1600 ricorsi davanti alla Corte costituzionale. Una perdita di tempo e di denaro per tutti. Nella nuova Costituzione si stabilisce che cosa dovrà fare lo Stato e che cosa dovrà fare la Regione. Un esempio? Il Molise che si affaccia sul mare Adriatico per 30 chilometri, oggi impedisce che l’Alta Velocità ferroviaria adriatica prosegua oltre l’Abruzzo verso la Puglia! Non sarà più così se passa il sì.

Ce n’è anche per i fanatici dell’antipolitica che in grandissima parte militano nelle fila del no. Rinunceranno a perequare i compensi del personale politico locale. La nuova legge stabilisce infatti che i presidenti delle Regioni e i consiglieri regionali non potranno guadagnare più dei sindaci del Comune capoluogo e ciò perché, oggi, i sindaci che molto fanno, guadagnano assai meno dei consiglieri regionali che fanno assai meno. Senza parlare degli stipendi di 315 senatori. Eliminati. Nel nuovo Senato resteranno in 100 di cui 95 pagati dai comuni (i 21 sindaci) e dalle Regioni (74 consiglieri scelti e votati ad hoc, in conformità col voto espresso dai cittadini, espressione regolata da una apposita legge elettorale da costruire, perché non di pertinenza della costituzione). Senza contare che votando no si rinuncia a eliminare anche i contributi finanziari ai gruppi regionali, di cui tanto si è occupata anche la magistratura.

Votando no si rinuncia anche a eliminare il Cnel, costato più di un miliardo nei suoi inutili decenni di vita. Un organo ausiliario nato nel 1957 e della cui scomparsa non si lamenterebbe nessuno.  E il bicameralismo paritario? Quello che fa sì che il procedimento legislativo nella navetta fra Camera e Senato sia nella media di circa 500 giorni per proposta di legge resterebbe quello di oggi. E non dimentichiamo che queste lungaggini rendono felici le oligarchie interne a molti partiti. L’instabilità aiuta a portare a casa qualche emendamento contrattato con governi deboli e perennemente bisognosi di soccorso.

Togliere il voto di fiducia al Senato non è il sintomo di una pericolosa deriva autoritaria. Qualche esempio: i “senatori” tedeschi, i componenti del Bundesrat, sono 69, sono eletti dai governi dei Laender (voto “indiretto”, quindi), e non partecipano al voto di fiducia al governo. In Gran Bretagna, la fiducia al governo la dà solo la Camera dei Comuni. Né la Germania, né la Gran Bretagna risultano negli elenchi dei regimi totalitari.

Viviamo anni difficili di crisi della democrazia, spesso accusata di impotenza. Votiamo per cambiare. Altrimenti lasciamo che tutti resti come oggi. E alla prossima tornata elettorale eleggeremo, come sempre, i nostri quasi mille parlamentari (tra deputati e senatori): un record mondiale superato soltanto dalla Cina, che di abitanti ne ha quasi un miliardo e mezzo. Continueremo a finanziare il sistema politico più costoso d’Europa. E divertiamoci a protestare! Certo, resta l’unico desiderio: buttar giù questo governo e spingere Renzi a dimettersi. Magra soddisfazione, perché il prezzo è davvero troppo alto e lo pagheremmo tutti".

Comitato Orvieto "Basta un Sì!" – Per saperne di più