politica

In difesa di una brava persona

mercoledì 11 febbraio 2015
di Coordinamento di Sinistra Ecologia e Libertà Orvieto
In difesa di una brava persona

Lasciateci dire che è veramente umiliante per chi scrive dover mettere nero su bianco quanto segue. E' umiliante provare a ricostruire i meccanismi di una locale “macchina del fango” ed insieme dover constatare che oggi, in questo paese, qualsiasi riflessione che vada oltre le due righe e che riporti, tra il frastuono delle retoriche, un attegiamento critico non riguardo alle vicende storiche in sé, ma al modo in cui quei fatti vengono puntualmente rappresentati, venga nel migliore dei casi ignorata, nel peggiore usata come arma di dileggio pubblico.

Ma procediamo con ordine e cerchiamo di analizzare un po' meglio una vicenda che sembra aver acceso i cuori di così tanti nostri concittadini.

9 Febbraio

Sono le da poco passate le 16.00 quando Tiziano Rosati, consigliere comunale di SEL ad Orvieto, legge un articolo trovato in rete intitolato: “Foibe: contro il revisionismo storico”.
L'articolo verte essenzialmente non sui fatti del confine orientale in sé, ma sulla ricostruzione storiografica strumentale che, a detta dell'autore, viene da anni veicolata per presentare l'esodo degli italiani di Istria e Dalmazia come il semplice frutto di un odio indiscriminato verso quella popolazione, tacendo opportunamente sugli antefatti e sul ruolo di noi “italiani brava gente” in quelle drammatiche vicende.
Dopo averlo letto, forse sottostimando l'effetto che alcune frasi dell'articolo avrebbero potuto suscitare nel cuore di coloro che non aspettano altro che un nemico da additare, decide di condividerlo.
Sulle prime, sembra passare tutto sottogamba: qualche “like”, nessun commento. Del resto, è solo il 9 Febbraio, non è ancora il Giorno del Ricordo.

10 Febbraio

Sono circa le 13.30 quando un noto giornalista orvietano, accorgendosi dell'articolo condiviso da Rosati, si prodiga in una patriottica lacerazione di vesti via facebook, arrivando addirittura ad “autosospendersi da cittadino orvietano” a causa di quanto letto.
Ma, sorvolando sulla perdita a cui Orvieto ha dovuto far fronte dopo la decisione del suddetto giornalista, ci basti per il momento constatare come l'esternazione abbia avuto l'effetto di solleticare la curiosità di qualcuno che, infatti, di li a poco inizia a far comparire i primi commenti in calce al post sotto accusa.
La bufera si scatena quando un'altra giornalista orvietana decide di condividere con la rete la sua indignazione per quanto espresso dal cons. Rosati tramite il post di cui sopra, iniziando a delineare quell'ambivalenza, che poi troverà forme più concrete, attraverso la quale un articolo firmato con nome e cognome dall'autore diventerà le “dichiarazioni del consigliere Rosati”.
Nel post della giornalista si fa leva sul rispetto dovuto agli esuli di Istria e Dalmazia, insultati a suo dire dalle affermazioni contenute nell'articolo; dell'articolo però non si riporta neanche una sintesi, lasciando così intendere che il messaggio di fondo sia quello di un becero e odioso negazionismo su un fatto di sangue, volto a difendere una parte politica affine (?!?).
I commenti si sprecano, tra chi cerca invano di spiegare che si sta tentando di distorcere un pensiero e chi non si trattiene dall'insultare più o meno pesantemente l'uomo del giorno.
A questo punto inizia il tam tam politico, con le richieste di dimissioni da parte del consigliere orvietano di FdI-An, che addirittura chiede scusa a nome del cons. Rosati, a cui fanno eco le espressioni di sconcerto della consigliera 5 stelle.
Dopo un pomeriggio di discussioni continue via social network, a conclusione della giornata arriva un articolo sul sito umbro de “La Nazione” dal titolo decisamente esaustivo: << Shock a Orvieto, un consigliere comunale su Facebook: "Le Foibe? Solo mitologia italiana" >>.
La deformazione della realtà si fa concreta, diventa notizia, si attribuiscono dichiarazioni a chi non ne ha fatta alcuna e si plasma il significato dell'articolo a proprio piacimento. Andando infatti a ricercare nel post incriminato il virgolettato riportato dal titolo, si legge: “Con la giornata del 10 febbraio si istituzionalizza la mitologia di una popolazione italiana cacciata dalla sua terra [...]”. Concetto ben diverso dal dire che “le foibe”, come fatto storico, siano il mero frutto di una mitologia italiana.
Ma a riportare la notizia è una testata affermata, il giornalista che redige l'articolo è persona conosciuta e stimata e così il messaggio distorto diventa notizia: si riportano dichiarazioni provenienti da ogni parte, l'unica cosa che ci si guarda bene dal fare è approfondire la vicenda, chiamare il diretto interessato per provare a capirci qualcosa e, magari, riuscire ad avere anche una sua dichiarazione in merito alle accuse che gli vengono mosse.
Gli accusatori rendono così la Giornata del Ricordo proprio ciò che l'articolo incriminato denunciava: non il ricordo delle atroci sofferenze e del dramma di un popolo costretto ad abbandonare la propria terra, ma l'esaltazione di quello stesso spirito di italianità fascistoide che contribuì a quei fatti.

11 Febbraio

Mentre scriviamo queste righe per cercare di rendere giustizia, almeno in parte, al pensiero ed all'azione di un ragazzo che da sempre ha lottato perché la Memoria fosse un valore fondante della nostra vita sociale, abbiamo di fronte ai nostri occhi molti articoli apparsi proprio questa mattina su varie testate locali dove viene riportata la vicenda in maniera più o meno fedele, ma partendo tutti dallo stesso “dato di fatto”: Rosati nega la tragedia delle foibe, l'articolo da lui postato nega la realtà storica di quegli atroci fatti.
Non sappiamo se sia più sconcertante l'ipocrita attacco che viene pretestualmente mosso nei confronti di una persona che più che negare qualcosa cercava di allargare lo sguardo alle radici di quelle atroci violenze (costituite da nient'altro che italianissime violenze, che poco hanno da invidiare a quelle slave) o il modo con cui, ancora una volta, dobbiamo constatare viene condotta l'attività di informazione in questo paese.
Se il primo è un qualcosa con cui fare i conti nel nome di una Memoria veramente utile a rintracciare le radici della follia e della barbarie, al fine di scongiurare il ripetersi di simili fatti in ogni parte del mondo, la seconda ci investe per certi aspetti in maniera ancor più diretta, perché concerne l'operare dello spirito democratico nella nostra vita sociale.
Ciò che è successo è grave non soltanto in quanto distorsivo della realtà e, quindi, contrario a quell'atteggiamento di continua ricerca della verità che dovrebbe contraddistinguere l'attività giornalistica, ma perché rappresenta lo sdoganamento della superficialità, della facile retorica, dell'additare a tutti i costi pur di sentirsi dalla “parte giusta”.
Tiziano prima di essere un compagno di lotta politica e nostro rappresentate, è un amico al quale ci sentiamo di dover dire di resistere nella sua lotta contro chi vorrebbe, da negazionista, proiettare nei propri avversari politici i suoi attegiamenti rispetto alla società ed alla storia; continua a lottare per una Memoria vera, che non si dimentichi mai della barbarie umana, da qualunque fronte provenga, consapevole che, putroppo, la violenza non conosce confini, anche se spesso è da essi che nasce.

Alla fine di questa brutta pagina di giornalismo e di polemica politica nostrana, crediamo sia opportuno rendere omaggio alle vittime di quell'atroce pagina della storia europea e, nel far questo, non troviamo parole più opportune di quelle usate proprio oggi dal giornalista Luca Bottura:

“Oggi è l’11 febbraio, il giorno del “Mi ricordo”.
Nel giorno del “Mi ricordo”, ricordiamo tutti insieme che se l’Italia non avesse prima sposato e poi subito vent’anni di dittatura, l’accordo con Hitler, le leggi razziali, la Seconda Guerra mondiale dalla parte sbagliata, oggi…
Istria e Dalmazia sarebbero ancora italiane, Rijeka si chiamerebbe Fiume, Split sarebbe Spalato, Koper sarebbe Capodistria.
Circa 300.000 italiani di Istria e Dalmazia non sarebbero stati costretti dalla Jugoslavia ad abbandonare le loro case, i loro averi, la loro vita, per finire precipitati in un Paese ostile, l’Italia, stritolato nelle logiche della Guerra Fredda.
Ma soprattutto noi italiani non avremmo occupato per 29 mesi parti delle odierne Slovenia e Croazia, sopprimendo ogni libertà, uccidendo circa 7000 innocenti, istituendo campi di concentramento, nell’atto ultimo della campagna antislava che dagli inizi aveva caratterizzato l’azione politica mussoliniana.
Non avremmo cioè messo le basi per l’orribile, ingiustificabile, tragica vendetta titina che portò alla morte nelle foibe di migliaia di italiani senza alcuna colpa.
Ai quali, oggi, 11 febbraio, giorno del “Mi ricordo”, noi che conosciamo la Storia, tutta, mandiamo un commosso pensiero.”


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